Tel Aviv, abbracci e lacrime per gli ostaggi: il racconto
di Fiammetta Martegani (Tel Aviv)
Sono stati rilasciati in due tranche, prima 7 e poi 13. Migliaia nelle strade, il racconto in tv dallo stesso anchorman che diede notizia dei massacri del 7 ottobre

Simcha Torà è uno dei giorni più importanti e più felici - “simcha” in ebraico significa “felicità” - del calendario ebraico: ovvero il giorno in cui, stando alla tradizione biblica, si celebra la conclusione e il nuovo inizio del ciclo annuale di lettura della Torà, la Bibbia. E proprio oggi, stando al calendario ebraico, si festeggia Simcha Tora’, esattamente come lo si stava festeggiando due anni fa, prima che i kibbutz del sud di Israele e il Nova Music Festival venissero attaccati dai terroristi di Hamas, durante quello straziante Sabato che per gli israeliani non è mai finito. Fino ad oggi, con il ritorno di tutti gli ostaggi, o almeno tutti quelli ancora in vita.
La strada del ritorno per chi la vita l’ha persa il 7 ottobre o durante la prigionia - così come quella delle negoziazioni tra Israele e Hamas - è ancora lunga. Ma quella di Tel Aviv che porta a Kikar Ha Chatufim - Piazza degli Ostaggi - è un fiume in piena già alle prime ore dell’alba, poiché il primo rilascio e’ previsto per le 8.00 del mattino. La Piazza in cui i parenti dei rapiti hanno combattuto, ininterrottamente, per il ritorno dei loro cari, per 737 giorni consecutivi, oggi è colma come non mai.
Con un’unica - enorme - differenza rispetto ai due anni precedenti: camminando per le strade di Tel Aviv si osserva immediatamente come le persone sorridono, si abbracciano, respirano, come non accadeva da due anni, in attesa di ricevere la prima conferma definitiva, alle 8.10 del mattino, da parte di Dani Kushmaro: il conduttore delle news del Canale nazionale 12, nonché il volto della nazione, che il 7 ottobre 2023 era stato chiamato in diretta, alle stesse ore del mattino, dai rifugi dei kibbutz, mentre chi era sotto attacco dei terroristi gli raccontava in tempo reale di quello che stavano assistendo con i loro occhi, dalle esecuzioni ai rapimenti. Proprio oggi, alla stessa ora, due anni dopo, non da uno studio televisivo, ma da Piazza degli Ostaggi, Kushmaro ha annunciato il ritorno dei primi 7 ostaggi, che hanno raggiunto la base di militare di Reim camminando con le proprie gambe, dopo essere stati scortati, da Kan Yunis, dalle auto della Croce Rossa Internazionale.
I primi 7 rapiti liberati sono: Eitan Mor, i due fratelli Gali and Ziv Berman - che non si vedevano dal giorno del rapimento il 7 ottobre - Matan Angrest, Omri Miran, Alon Ahel e Guy Gilboa-Dala. In attesa del secondo rilascio, previsto per le 10.00, la Piazza si collega in diretta con gli stessi kibbutz, da cui gli ostaggi sono stati rapiti, dove tutti coloro che per due anni hanno vissuto ospiti in altri kibbutz, oggi stanno, lentamente, tornando ad abitarli, a ricostruirli e ad aspettare che possano finalmente ritornare anche i rapiti che fino a ieri si trovavano prigionieri nei tunnel di Hamas. Le dirette dai kibbutz e dalla base militare di Reim - con migliaia di israeliani corsi ad accogliere il tanto atteso ritorno dei rapiti - vengono interrotte alle 10.00 con l’annuncio dell’atterraggio del Presidente americano Donald Trump che viene accolto da tutta la Piazza con un sonoro “Thank you Trump! Thank you Trump!”. Man mano che gli ostaggi abbracciano i soldati che li aspettano cominciano anche le telefonate tra loro e i famigliari - che li attendono nei tre ospedali predisposti per la loro accoglienza - e le loro conversazioni vengono trasmesse in diretta nazionale e nelle piazze, dove all’unisono si applaude al loro ritorno, ma soprattutto la loro incredibile resilienza.
Alle ore 10.55 viene finalmente annunciata la liberazione degli altri 13 ostaggi: Bar Kuperstein, Evyatar David, Yosef Chaim Ohana, Shegev Calfon, Avinatan Or, Elkana Bouchbout, Maksim Harkin, Nimrod Cohen, Matan Zangauker, Ariel e David Konio - altri due fratelli separati per due anni- Eitan Horen, Rom Breslavsky. Ora si aspetta il ritorno di chi, purtroppo, tornerà per essere seppellito. Ma fino ad allora, fino all’ultimo “ad acharon” la piazza non smetterà di combattere per il loro tritono e per chiudere il cerchio di due anni di sofferenza, che si concludono proprio con il giorno di Simcha Torà.
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