Stato di Palestina: chi lo ha riconosciuto, chi ci sta pensando e perché

Dopo gli annunci di Parigi e Londra, altri “big” valutano il riconoscimento all’Assemblea Onu.Eppure sono già 143 su 192 gli Stati che hanno rapporti con l’Anp. Spicca l’assenza di Roma e Berlino
July 30, 2025
Stato di Palestina: chi lo ha riconosciuto, chi ci sta pensando e perché
ANSA | La bandiera della Palestina a una manifestazione sindacale
Dopo l’annuncio di Emmanuel Macron (Francia) e di Keir Starmer (Regno Unito), anche Canada, Australia, Portogallo, Malta e Finlandia, seguiti da Nuova Zelanda, Andorra e San Marino stanno valutando la possibilità di ufficializzare il riconoscimento dello Stato di Palestina a settembre in occasione dell’Assemblea generale dell’Onu.
La promessa di Starmer è più sfumata e assai meno vincolante di quella francese: mentre Macron promuoveva «in nome dello storico impegno della Francia per una pace giusta e duratura in Medio Oriente» la conferenza internazionale con l’Arabia Saudita che si è conclusa ieri all’Onu per rilanciare l’irrisolta “soluzione a due Stati” del conflitto israelo-palestinese, il leader laburista offre una sponda a Netanyahu: riconoscerà la Palestina «a meno che il governo israeliano non adotti misure sostanziali per porre fine alla terribile situazione a Gaza, accetti un cessate il fuoco e si impegni per una pace sostenibile a lungo termine, ravvivando la prospettiva di una soluzione a due Stati».
Pas grand-chose, non un granché, si borbotta a Parigi, dopo che Starmer si è accodato all’Eliseo. Entrambi, il presidente che nel 2017 aveva stregato i francesi sull’onda della sua “La République en Marche” e l’avvocato sessantaduenne che dallo scorso anno ha preso domicilio a Downing Street dopo il collasso dei Tory, sono leader indeboliti e sfiduciati dal proprio elettorato. L’uno sembra sostenere l’altro, come il gatto e la volpe, preoccupati più della propria immagine pubblica che della sostanza, ancorché sonoramente bocciati – ma questo era più che ovvio – da Israele e dalla destra Maga americana con l’accusa – del tutto fuori portata – di essere complici di Hamas. Al di là delle parole e dei proclami, che senza dubbio mascherano l’ondivaga irresolutezza dei due leader (Trump ha pubblicamente deriso Macron come un ragazzino incompetente, su Starmer – l’inossidabile alleato – ha preferito glissare, ma un ex ostaggio a Gaza lo accusa di “fallimento morale”), i tempi reclamano scelte e decisioni non più differibili.
Già 143 dei 192 membri dell’Onu riconoscono lo Stato palestinese. Quello Stato indipendente che gli accordi di Oslo del 1993 avevano prefigurato ricalcando la formula dell’Onu del 1947 con la storica stretta di mano fra il presidente dell’Olp Yasser Arafat e il premier israeliano Yitzhak Rabin, anche se si trattava più di una promessa scritta sulla sabbia che di un vero e proprio accordo politico fra Israele e la controparte palestinese.
Ma un disegno – due popoli, due Stati – nonostante tutto esisteva, a dispetto dello scetticismo e delle controversie che per trentadue anni hanno costellato la tormentata road map che si cercava di percorrere. Con quel preciso scopo era nata l’Autorità Nazionale Palestinese. La storia però aveva disegnato un percorso ben più tormentato: in corso d’opera ci furono l’assassinio di Rabin da parte di un estremista israeliano, la prima e la seconda Intifada, la strage a Hebron nella Grotta dei Patriarchi, il Likud al potere, la smagliante parabola di Ariel Sharon, il ritiro dei coloni da Gaza, la tripartizione della Cisgiordania, la lunga catena di attacchi suicidi da parte della resistenza palestinese, le quattro guerre di Gaza, la spaccatura del 2007 fra Hamas e Fatah con lo scisma fra i moderati guidati dall’inamovibile Abu Mazen e i radical-conservatori di Hamas.
Fino ai giorni nostri. I giorni dell’orrore, del 7 ottobre, dell’irragionevole sterminio fra fame, malattie e bombardamenti di migliaia di incolpevoli palestinesi intrappolati nella Striscia di Gaza. Che nel disegno della Grande Israele approvato qualche giorno fa dalla Knesset dovrebbe – insieme all’annessione della Giudea e della Samaria, ovvero della Cisgiordania e dei suoi settecentomila coloni israeliani – incorporare anche Gaza, ovviamente “disboscata” dell’inopportuna presenza palestinese. Un disegno nel quale dilagano le immagini costruite dall’intelligenza artificiale e diffuse dall’estrema destra israeliana di una smart city irta di grattacieli e spiagge esclusive.
Da soli, né Netanyahu né Hamas si accorderanno mai. A spingere Israele a un compromesso sono le democrazie liberali occidentali. Tra le quali si notano due vistose assenze: quella tedesca e quella italiana.
Ecco quali Paesi dell’Ue, del G7 e del G20 riconoscono lo Stato di Palestina o hanno dichiarato l’intenzione di farlo o di valutarlo entro l’Assemblea Generale dell’Onu di settembre

Unione Europea: i Paesi che riconoscono lo Stato di Palestina
Bulgaria, Cipro, Irlanda, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria
E quelli che hanno annunciato l’intenzione di farlo o di valutarlo:
Andorra, Finlandia, Francia, Malta, Portogallo, San Marino

G7: i Paesi che hanno annunciato l’intenzione di farlo o di valutarlo:
Canada, Francia, Regno Unito

G20: i Paesi che riconoscono lo Stato di Palestina
Arabia Saudita, Argentina, Brasile, Cina, India, Indonesia, Messico, Russia, Sudafrica, Turchia

E quelli che hanno annunciato l’intenzione di farlo o di valutarlo:
Australia, Canada, Francia, Regno Unito

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