Sempre meno manodopera: la Cina sta arretrando in Africa?

Il numero dei lavoratori cinesi presenti è diminuito del 64% in dieci anni. Ma resta la corsa “predatoria” alle risorse minerarie del continente
March 11, 2024
Sempre meno manodopera: la Cina sta arretrando in Africa?
ANSA | Un soldato cinese davanti alla Grande Sala del popolo a Pechino
La Cina arretra in Africa. O almeno, diminuisce il numero dei lavoratori cinesi presenti nel continente. Due dati, forniti dal Fondo monetario internazionale, catturano questo “scivolamento”. Nel 2015 erano 263.000 i lavoratori cinesi in Africa, nel 2021 il loro numero è sceso a 93mila, con un calo del 64%. L’emorragia non si è fermata neanche nel 2022, quando la presenza cinese si è assottigliata ulteriormente, attestandosi sulle 88.371 unità. Tra i Paesi che hanno registrato il calo più consistente ci sono l’Algeria e Angola, che hanno “incassato” una riduzione pari a quasi il 90%. Nel 2022, i primi cinque Paesi africani che annoveravano le maggiori presenze erano la Repubblica Democratica del Congo, l’Algeria, l’Egitto, la Nigeria e l’Angola che, insieme, rappresentavano il 42% del totale dei lavoratori cinesi in Africa. Cove va interpretato questo dato? Si tratta di una inversione di tendenza rispetto alla “colonizzazione” del continente da parte del gigante asiatico, più volte denunciata? Oppure la riduzione va ricondotta a un cambio di strategia, con Pechino che “esporta” meno lavoratori affidandosi maggiormente alla manodopera locale?
Secondo il South China Morning Post, sono due i fattori che hanno innescato il calo: il prosciugamento dei finanziamenti cinesi per progetti infrastrutturali, la pandemia di coronavirus che ha reso gli spostamenti più difficoltosi e, quindi, eroso la presenza di lavoratori stranieri. In particolare, come testimoniano i dati del Fondo monetario internazionale, le entrate delle società cinesi impegnate in progetti di ingegneria e costruzione in Africa hanno raggiunto il picco nel 2015, per poi iniziare gradualmente a diminuire. Nel 2021, i ricavi sono stati pari a 37 miliardi di dollari, un calo del 3% rispetto all’anno precedente.
Emblematico, come sottolinea il quotidiano di Hong Kong, è il caso della già citata Angola. Nel 2015 Pechino schierava un “contingente” di 50.526 lavoratori, nel 2022 il loro numero è calato vertiginosamente a 6.784. In controtendenza invece l’Egitto. Le imprese di Pechino hanno intrapreso i grandi progetti del Canale di Suez e i lavori di costruzione della nuova capitale amministrativa del Cairo. Risultato? Il numero di lavoratori stranieri è aumentato da poco più di 2.000 nel 2015 a 7.358 nel 2022.
La minore presenza cinese si tradurrà in un più contenuto appetito del gigante asiatico? Si ridurranno le tendenze “predatorie” che, peraltro, non sono esclusive della Cina? Se è vero che nel 2022, l’Africa ha ricevuto il 4,6% delle esportazioni totali della Cina e che gli investimenti diretti in uscita hanno rappresentato meno del 3% dei flussi complessivi di Pechino, è anche vero che il gigante asiatico continua a corteggiare l’Africa per il “tesoro” che il ventre del continente custodisce e che sarà fondamentale per la competizione tra le potenze globali. Le sue risorse minerarie.
Una miniera in Sudafrica - ANSA
Una miniera in Sudafrica - ANSA
La Belt and Road Initiative è vista da molti come lo strumento principe della penetrazione cinese, finalizzata a stringere una sorta di cappio al collo ai Paesi investiti dai progetti infrastrutturali. «Pechino ha perseguito una strategia decennale per garantire un approvvigionamento stabile di minerali critici. In Africa, la Cina è già ben radicata. Ad esempio, nella Repubblica Democratica del Congo, che fornisce il 70% del cobalto mondiale, le entità cinesi possiedono o hanno partecipazioni in quasi tutte le miniere produttrici del Paese». Quella di Pechino è stata una vera campagna acquisti. Le società cinesi hanno investito 4,5 miliardi di dollari nelle miniere di litio e si “nascondono” dietro gran parte dei progetti africani sul litio in Paesi come Namibia, Zimbabwe e Mali. Si stima che la Cina potrebbe garantire un terzo della capacità mondiale di estrazione del litio entro il 2025.
La presenza cinese può costituire un volano per l’economia del continente? Quali sono le ricadute sulla società africane? Scarse, in realtà. «Il dominio della Cina nel settore non ha portato grandi vantaggi per gli africani. Le concessioni di cui gode sono opache e fortemente orientate verso Pechino. E le miniere possedute e gestite dai cinesi non pongono certamente molta enfasi sul rispetto ambientale e sulla sicurezza dei lavoratori locali».

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