Raid e morti a Gaza, poi l'annuncio di Israele: la tregua è ripristinata
di Luca Foschi, Ramallah
Netanyahu aveva ordinato gli attacchi in risposta a un inganno di Hamas nella restituzione di un corpo. Dalle 9 di questa mattina lo stop alle ostilità, ma il cessate il fuoco resta appeso a un filo

Piovono le bombe israeliane sulla tregua di Gaza — una tregua mai stata veramente tale, disattesa dalle parti, fragile, che ha la forma di una sorda guerra a intermittenza, espressione di un dialogo diplomatico forzoso, diffidente, che sconfina in un teatro macabro e assurdo. I bombardamenti hanno sorpreso una popolazione concentrata in meno di metà del territorio della Striscia, assiepata nelle tendopoli e fra le macerie, malata, sconvolta, affamata, tornata nel nord in massa nella speranza di ritrovare un brandello di casa, una tenue speranza di vita. Ieri sera il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ordinato all’esercito di portare immediatamente sull’enclave potenti attacchi aerei, in risposta alla presunta violazione del cessate il fuoco da parte di Hamas. Almeno due le vittime nelle prime ore, ma il bilancio è rapidamente peggiorato: secondo fonti mediche locali, citate dai media arabi, sono almeno 65 i morti accertati nella notte. La decisione è maturata nel corso di un gabinetto di sicurezza d’emergenza, convocato per discutere la replica all’episodio che ha innescato la crisi: la consegna da parte di Hamas del corpo di un presunto ostaggio israeliano, poi rivelatosi, dopo l’esame all’istituto forense di Abu Kabir, appartenere a Ofir Tzarfati, un soldato ucciso il 7 ottobre e già ritrovato mesi fa. L’episodio ha scatenato la reazione furibonda dei partiti più radicali della coalizione di governo. «Il fatto che Hamas continui a giocare e non trasferisca immediatamente tutti i corpi dei nostri caduti è la prova che l’organizzazione terroristica è ancora in piedi. Signor Primo Ministro, basta esitazioni. Dia l’ordine!», ha esortato il ministro della Sicurezza Itamar Ben-Gvir, incalzato dal collega delle Finanze Bezalel Smotrich, secondo cui «lo scopo centrale della guerra resta la distruzione di Hamas e l’eliminazione della minaccia che Gaza rappresenta». Netanyahu, messo sotto pressione anche dal forum delle famiglie degli ostaggi e degli scomparsi, ha convocato nel pomeriggio un incontro d’emergenza. Poche ore dopo, l’esercito ha diffuso immagini aeree raccolte da un drone che mostrerebbero miliziani di Hamas inscenare il ritrovamento del corpo. Fino all’ordine d’attacco, l’unica misura decisa dal governo era stata l’interruzione delle ricerche dei corpi oltre la linea gialla, stabilita dagli accordi di Sharm el-Sheikh, area riservata agli operatori della Croce Rossa e ai team egiziani.
La notte di Gaza
In risposta all’offensiva, Hamas ha annunciato il rinvio della consegna di un’altra salma, prevista per le 19. I bombardamenti hanno seguito di poco un violento scontro a Rafah, nel sud della Striscia, dove le brigate al-Qassam hanno colpito un’unità israeliana con razzi anticarro e fuoco di cecchini. L’aviazione di Israele ha reagito colpendo il settore occidentale della città, al confine con l’Egitto. Nella Cisgiordania occupata, intanto, la polizia israeliana ha annunciato di aver ucciso tre palestinesi, identificati come membri di una «cellula terroristica» nei pressi di Jenin. Mentre Gaza City restava illuminata dai bagliori delle esplosioni, Netanyahu ha annunciato la decisione di ampliare il territorio sotto controllo israeliano, portandolo al 53% della Striscia. Secondo l’emittente pubblica Kan, l’iniziativa — e con ogni probabilità anche i raid notturni — sarebbe stata coordinata con l’amministrazione americana. Da Washington, il vicepresidente J.D. Vance ha tentato di smorzare i toni: «Il cessate il fuoco sta tenendo. Credo che la pace resisterà nonostante le scaramucce». Ma le parole, alla luce delle vittime e delle nuove operazioni militari, sono apparse del tutto scollegate dalla realtà sul terreno.
Il ripristino della tregua
All’alba, quando le sirene hanno taciuto e le squadre di soccorso hanno cominciato a cercare tra le macerie, è giunta la svolta inattesa: dalle 9 di questa mattina Israele ha annunciato il ripristino del cessate il fuoco. Il portavoce del governo, in una breve dichiarazione, ha parlato di «iniziativa unilaterale volta a creare condizioni favorevoli per la mediazione internazionale». Hamas, da parte sua, ha accolto la notizia «con cautela», chiedendo che la tregua sia accompagnata da «garanzie effettive» e dal libero accesso ai convogli umanitari. Ma dopo una notte di sangue, la pace resta un miraggio: una tregua più formale che reale, fragile come la fiducia reciproca tra le parti. In un conflitto che, da mesi, sembra ripetersi uguale a se stesso — una guerra intermittente che non conosce tregua neppure nella tregua.
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