Propaganda e bufale, sui social avanza la russificazione

Nel Donbass gli account degli ucraini residenti nelle regioni occupate da Mosca sono pieni di elogi ai soldati «gentili» e ai blackout legati alle operazioni militari. «Camminare in casa con le candele è romantico». È la conferma che il Cremlino accompagna l'invasione con la disinformazione
November 19, 2025
Propaganda e bufale, sui social avanza la russificazione
Vladimir Putin durante un recente incontro al Cremlino / Ansa
Nella propaganda di guerra dove spesso si ricorre alla falsificazione, mentire sulla condizione nei territori occupati non è di sicuramente un ostacolo insormontabile. E così i social si sono riempiti di account di ucraini residenti nelle zone occupate, che lodano l’impegno di Mosca nella ricostruzione delle città e parlano di una qualità della vita superiore rispetto a quando i loro centri abitati erano sotto Kiev. E, già che ci sono, forniscono informazioni nel caso qualcuno di volesse arruolare “nell’operazione militare speciale”, ossia come viene chiamata la guerra in Russia.
Basta aprire VKontakte, il Facebook russo, uno dei veicoli più potenti della propaganda insieme con Telegram, per rendersene conto. Ivan Kulik sostiene di avere 29 anni e vivere nella parte di Donbass finito sotto il controllo del Cremlino, per la precisione vicino a Sorokyne. Nella sua foto appare in un selfie in bianco e nero, mentre si allena in palestra. La sua timeline è piena di post di amore verso la Russia e di odio verso l’Ucraina. Condivide link di gruppi dove ci si può arruolare per andare a combattere. Peccato che i gruppi siano veri, ma Ivan non esiste. E come lui, centinaia di altri utenti, smascherati grazie a Botnadzor, un progetto promosso da hacker indipendenti che monitora migliaia di pagine e comunità e classifica gli account ritenuti fake oppure che fanno parte di campagne di disinformazione.
La guerra in Ucraina, però, sta facendo toccare nuove vette di menzogna, per rendere la russificazione delle aree più rapida. Anche se a volte l’effetto è grottesco. In occasione delle interruzioni di corrente nella regione di Lugansk, un altro account fake, questa volta di nome Taras, ha cercato di dare un tono positivo al blackout: «Camminare in casa con le candele è persino romantico». Peccato che mancasse anche l’energia per cucinare e scaldarsi. Per par condicio, è pieno anche di donne che lodano la gentilezza dei soldati russi e i servizi di assistenza su cui possono contare, oltre ad augurarsi che altre città del Paese vengano annesse alla Federazione Russa, ma con il referendum «perché i russi non vogliono forzare nessuno». Le più gettonate sono Kharkiv e Odessa.
Come tutti gli account fake che si rispettino, uno dei loro “core business” è polemizzare e insultare con i profili (veri). Soprattutto se questi ultimi descrivono le condizioni di vita reali nelle zone occupate. E quindi a fronte di un abitante di Melitopol che denuncia maltrattamenti e angherie, Nadezhda risponde con un panegirico nei confronti di Putin e sottolinea come i russi del Donbass siano sopravvissuti a un “genocidio”. Riuscire a replicare è praticamente impossibile, perché il controllo della Russia sui social nelle zone occupate è pressoché totale. Così oltre che alle lodi nei confronti del presidente Putin gli ucraini devono fare i conti anche con la crescente russificazione delle città. A Melitopol i nomi delle strade sono stati cambiati e numerosi alberi abbattuti, suscitando vive proteste locali. Sui social, però, la realtà raccontata è stata completamente diversa: lodi e manifestazioni di giubilo perché, grazie al Cremlino, verranno costruiti nuovi appartamenti e rifatte le strade.

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