Primo "sì" al suicidio assistito in Francia. E Macron parla di "fraternità"
La bozza, con 305 voti a favore e 199 contro, approda ora in Senato dove sarà discussa in autunno. Critico il premier Bayrou, mentre i vescovi sono «profondamente preoccupati dalle conseguenze»

In Francia, per volontà del governo, occorre ormai parlare di «diritto all’aiuto per morire». Un presunto “diritto” che ha ottenuto stasera dai deputati, all’Assemblea Nazionale, un primo semaforo verde, in attesa del passaggio al Senato, previsto in autunno. Ma i conti non tornano, per i tanti oppositori della nuova bozza di legge sul fine vita, considerata in flagrante conflitto con l’imperativo morale di non uccidere: dall’attuale “lasciar morire” (rifiuto dell’accanimento terapeutico), si precipiterebbe nel “far morire”, come avviene già in Belgio e Svizzera.
E una parte della Francia, appunto, non ci sta. Anche perché già disturba quella perifrasi sgraziata – «diritto all’aiuto per morire» –, tirata fuori dal cilindro al posto dei ben più eloquenti «eutanasia» e «suicidio assistito»: come se in queste ore si colpisse pure la memoria del rimpianto Albert Camus, per il quale nominare male le cose «accentua le disgrazie del mondo».
Tanti i volti contratti, al momento del responso: 305 voti favorevoli e 199 contrari, con una maggioranza di oppositori fra i ranghi del centrodestra e della destra radicale. Un varo in prima lettura commentato subito, sul social X, come «una tappa importante» dal presidente Emmanuel Macron: «Nel rispetto delle sensibilità, dei dubbi e delle speranze, si apre pian piano il cammino di fraternità che auspicavo. Con dignità e umanità». Ma per i tantissimi critici, data la portata potenziale della svolta, non ha funto più di tanto da “lenitivo” la parallela approvazione all’unanimità di una seconda bozza, sempre sul fine vita, volta a potenziare le cure palliative. Le stesse che, per carenza di fondi e insufficiente volontà politica, conoscono da anni dei fiaschi a ripetizione, al di là di quanto promette la politica.
A storcere il naso sul «diritto all’aiuto per morire» è pure il premier centrista François Bayrou, cattolico, l’uomo che ha risolto lo spinoso stallo di governabilità, consentendo a Macron di restare a galla. Un premier che dice di avere ancora dei «quesiti», pur confidando nella capacità del Parlamento di «risolverli». Concretamente, la contestatissima bozza intende autorizzare la somministrazione «inquadrata» di una sostanza letale, in casi considerati estremi. Per accedere al presunto “diritto”, si richiede la concomitanza di 5 condizioni: essere maggiorenne; la nazionalità francese (o un’abituale condizione di residente); soffrire «di un’affezione grave e incurabile in fase avanzata, indipendentemente dalla causa, che metta in pericolo la vita» (la nozione di «fase avanzata» è ricondotta a «un processo irreversibile segnato da aggravamento», con un impatto sulla «qualità della vita»); in quarto luogo, presentare «una sofferenza fisica o psicologica costante» e che risulti «refrattaria ai trattamenti, che sia insopportabile per la persona», se ha «scelto di non ricevere o di arrestare» le cure; infine, essere in grado d’intendere e di volere.
Secondo i bioeticisti, non mancano i passaggi vaghi potenzialmente forieri di derive, come quello sulla «sofferenza psicologica». E anche per questo sono piovute subito tante reazioni sature d’inquietudine, anche all’interno del mondo medico e ospedaliero. Immediato pure il commento della Conferenza episcopale: «Profondamente preoccupati dalle conseguenze per la società francese e dalle prospettive allarmanti alle quali un “diritto di morire” esporrebbe in particolare i francesi più vulnerabili, i vescovi riaffermano la loro determinazione nel farsi portavoce di una società giusta e fraterna, che protegga i più vulnerabili; e ribadiscono il loro pieno sostegno alla legge Claeys-Leonetti del 2016 attualmente in vigore, ma ancora largamente non applicata, con più del 20% dei dipartimenti francesi sprovvisti di cure palliative». Dai vescovi, pure un forte sostegno a quanti nel mondo medico «si oppongono, ormai da più di due anni e mezzo, a un testo legislativo che metterebbe profondamente a rischio il patto sociale e il modello terapeutico francese, finora apprezzati e riconosciuti dappertutto nel mondo».
La bozza preserva il diritto all’obiezione di coscienza per il personale ospedaliero, oggi lo stesso in subbuglio di fronte a ciò che non pochi considerano una violazione flagrante degli imperativi deontologici d’Ippocrate.
Fra gli esperti, c’è chi addita la volontà governativa di accelerare un salto nel buio di portata antropologica. Anche per questo, il mondo associativo e in difesa della vita ha lanciato fin da ieri vibranti appelli al Senato, dove gli oppositori al testo potrebbero rivelarsi ben più numerosi.
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