giovedì 26 luglio 2018
Scontri con le guardie di frontiera e feriti, non gravi. I migranti arrivano dall'Africa sub-sahariana, si sono arrampicati sulla rete in filo spinato alta 7 metri (Video)
L'esultanza di chi è riuscito a mettere piede in territorio europeo, nell'enclave di Ceuta, vicino a un agente di polizia spagnolo (Ansa)

L'esultanza di chi è riuscito a mettere piede in territorio europeo, nell'enclave di Ceuta, vicino a un agente di polizia spagnolo (Ansa)

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Li ha visti passare proprio davanti casa sua, ieri mattina presto, ed erano in tanti: Reduan MJ, spagnolo di Ceuta e attivista delle Ong Alarm Phone e Digmun, prima ha assistito all’arrivo del gruppo più numeroso, poi, di altri drappelli e, fra gli ultimi, di tre ragazzi che si sono fermati in mezzo alla strada per riprendere fiato, proprio di fronte alla sua finestra. Fra le auto che continuavano a circolare, si sono controllati le ferite ai piedi e alle mani mentre un quarto uomo, steso per terra, è stato aiutato a rialzarsi.

«Si stima che i migranti fossero circa 600, questo ci hanno detto all’ingresso del Ceti, il Centro di permanenza temporanea aperto qui a Ceuta (che di posti, però, ne ha 512 già occupati parzialmente in precedenza). È stato lì che la polizia ha indirizzato subito tutti, scortandoli con le auto, dopo che erano entrati in massa forzando la recinzione della frontiera col Marocco. Era dall’inizio del 2017 che non assistevamo a un tentativo così massiccio di attraversare il confine».

La rotta migratoria che passa da Marocco e Spagna, ormai la più frequentata del Mediterraneo con 6mila arrivi più dell’Italia dall’inizio del 2018 (23.993 persone l’hanno percorsa rispetto alle 18.095 approdate da noi e alle 15.563 giunte in Grecia), nelle ultime ore ha vissuto un’ulteriore nuova impennata di ingressi: non solo i 600 migranti entrati ieri nella piccola enclave di Ceuta, città spagnola in territorio marocchino, già da tempo destinazione di arrivo soprattutto individuale o di piccoli gruppi via terra e via mare (persino su moto d’acqua). Anche attraverso lo Stretto di Gibilterra i transiti si sono intensificati e solo nei primi tre giorni di questa settimana sarebbero oltre 1.300 i migranti sbarcati. Si tratta di un flusso che ha messo sotto forte pressione il sistema di accoglienza della zona, soprattutto della città portuale di Algeciras dove il sindaco José Ignacio Landaluce ha annunciato di voler in ogni modo evitare che «la zona diventi la nuova Lampedusa del Mediterraneo occidentale».

Dal litorale attorno a Tangeri o, più a sud, dalla sponda atlantica di Larache, le partenze sono frequenti: piccole imbarcazioni, persino canotti, acquistati direttamente dai migranti, si muovono alla volta della Spagna, le cui luci dei lampioni, di sera, sembrano davvero a portata di mano, alimentando un’enorme e rischiosa illusione.

«Le rotte cambiano» prosegue Reduan MJ, riflettendo dal suo punto di osservazione privilegiato, a contatto con i migranti che si rivolgono alle associazioni di volontariato di Ceuta: «Quando le informazioni su quanto accade in Libia circolano, allora le persone cambiano traiettorie, passano da Nador per provare a varcare il confine dell’enclave di Melilla oppure si spingono fino a Tangeri per provare ad entrare a Ceuta o ad oltrepassare lo Stretto».

A Tangeri i migranti sanno che tentare la sorte a Ceuta non è da tutti: sicuramente non è indicato a famiglie con bambini, che si troverebbero ad affrontare due diverse recinzioni parallele di sei metri d’altezza (a cui si aggiunge, in alcuni tratti di frontiera, il reticolato marocchino alto tre metri). Ieri chi ce l’ha fatta è entrato nell’enclave spesso riportando ferite da taglio: «Erano a torso nudo, di solito si tolgono i vestiti per evitare che si attorciglino alle lame della recinzione dove rischiano di restare appesi e dove, in molti, si tagliano le mani e i piedi» racconta ancora Reduan MJ. Si tratta delle famigerate "concertinas", le spirali di filo spinato dotate di lame taglienti che, a giugno, il nuovo ministro dell’Interno Fenando Grande-Marlaska aveva annunciato di voler sostituire con recinzioni più moderne. Perché, aveva detto, «sicurezza e umanità devono essere pienamente compatibili».

Mentre nel Ceti di Ceuta, ieri, i feriti venivano assistiti dalla Croce Rossa e i seicento nuovi arrivati passavano attraverso le operazioni di identificazione di prassi, a pochi chilometri da lì, alle porte di Tangeri, una fila di camioncini bianchi carichi di migranti si preparava a muoversi verso sud. Tra loro c’era anche Diouf, giovane senegalese che per la quinta volta, l’altra notte, aveva tentato di attraversare lo stretto su un gommone insieme ad altri tredici migranti. Intercettati, erano stati riportati indietro. Con decine e decine di altri ragazzi, su quei camioncini bianchi, sono stati trasferiti in serata dalla polizia, respinti forzosamente verso la frontiera algerina, centinaia di chilometri lontano dal miraggio spagnolo.


Un portavoce della Guardia civil ha dichiarato che si è trattato di «un colpo fatto con una grande violenza». Si tratta dall'assalto più imponente dal febbraio del 2017, quando ben 850 migranti riuscirono a entrare a Ceuta. «Oltre una decina di agenti sono rimasti feriti» e quattro di loro sono stai ricoverati in ospedale, ha fatto sapere la Guardia civil.

La portavoce della Croce Rossa a Ceuta, Isabel Brasero, ha reso noto che la sua squadra ha curato 30 migranti che presentavano ferite e contusioni, ma «nessuno era in gravi condizioni». Undici sono stati portati in ospedale perché necessitavano di punti di sutura ed esami per eventuali fratture. La recinzione è alta 7 metri ed è sormontata da filo spinato che può causare ferite mortali.


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