lunedì 4 marzo 2019
Il gesuita sarebbe oggetto di negoziato tra gli ultimi jihadisti asserragliati a Baghuz e le milizie curdo-arabe. Lo rivela un quotidiano libanese con buone fonti in Siria
Il gesuita romano padre Paolo Dall'Oglio: di lui non si hanno più notizie dal 29 luglio 2013 quando si recò a Raqqa nel nord della Siria (Ansa)

Il gesuita romano padre Paolo Dall'Oglio: di lui non si hanno più notizie dal 29 luglio 2013 quando si recò a Raqqa nel nord della Siria (Ansa)

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Si apre uno spiraglio sulla vicenda di padre Paolo Dall'Oglio, il gesuita italiano scomparso il 29 luglio 2013 a Raqqa, nel nord della Siria, dove si era recato per svolgere, come aveva detto, «un difficile compito di mediazione». Secondo il quotidiano libanese al-Akhbar, il gesuita sarebbe vivo, e i negoziati per la sua liberazione «si sarebbero intensificati negli ultimi tre giorni». Un accordo di massima tra il Daesh e le milizie curdo-arabe delle Forze democratiche siriane (Fds) sarebbe già stato raggiunto, ma la sua attuazione avrebbe subito un rallentamento nelle ultime ore a causa di alcune «complicazioni».

Altre fonti hanno spiegato al giornale libanese che, tra le richieste per il rilascio, ci sarebbe quella di favorire il lasciapassare di tre esponenti di spicco del Daesh. Il rilascio di Dall'Oglio, precisano le fonti, dovrebbe avvenire quando i tre jihadisti giungeranno alla loro lontana destinazione. Altre condizioni sono state giudicate «impossibili» dai negoziatori, oppure richiedono il benestare del governo siriano. Tra le complicazioni indicate dalle fonti per il rilascio del gesuita ci sarebbe anche l'intenzione di mostrare il rilascio del gesuita come una «operazione di liberazione», senza quindi fare riferimento ad alcun accordo. Una fonte interna ai clan tribali dell'area, citata sempre da al-Akhbar, si spinge a dire che padre Dall'Oglio sarebbe addirittura già «nelle mani delle forze curde», ma che queste vorrebbero concludere un "accordo economico vantaggioso". La fonte si sarebbe offerta di fornire delle «prove» al quotidiano, «ma non è stato possibile ricontattarla».

Nessuno, ovviamente, è in grado di valutare la veridicità delle informazioni ottenute da al-Akhbar. Il quotidiano, fondato nel 2006 da due intellettuali libanesi vicini alla sinistra laica, è noto per le sue posizioni "moderniste" e "avanguardiste" sul piano sociale, come pure per la sua ostilità alla politica americana. È stato così tra i primi a diffondere le rivelazioni di Wikileaks poi è diventato il partner arabo di Le Monde Diplomatique. È soprattutto assai ben informato sulle vicende politiche e militari della Siria, alle posizioni del cui governo è generalmente allineato. L'autore del servizio, Sohaib Anjarini, aveva cercare di "smontare" già nel 2014 la tesi della morte di Dall'Oglio due ore dopo il suo rapimento, asserendo che quella fosse una "tattica" del Daesh per alzare la somma del riscatto.

Le informazioni confermano quanto riferito pochi giorni fa da fonti confidenziali militari curdo-siriane circa dei negoziati tra Fds e Daesh per la liberazione di 24 ostaggi, ancora in mano dei jihadisti. Le informazioni confermano pure quanto riferito in precedenza da altri organi di stampa e da ex prigionieri del Daesh, liberati venerdì scorso dall'area dei combattimenti, secondo cui tra gli ostaggi vi sarebbero padre Dall'Oglio, il giornalista britannico John Cantlie e una non meglio identificata infermiera neozelandese della Croce Rossa. I miliziani del Daesh avevano offerto la loro liberazione in cambio di un salvacondotto per uscire dalla località di Baghuz, l'ultima sacca occupata dai jihadisti in Siria e ora assediata dalle forze curde sostenute dagli Stati Uniti. Il 7 febbraio scorso fonti di stampa britanniche avevano riferito della stessa circostanza, ma i portavoce delle forze curdo-siriane avevano smentito.

INTERVISTA Il quinto anno in Siria senza una verità su padre Dall'Oglio. Parla il fratello di Luca Geronico (26/7/2018)

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