lunedì 22 aprile 2024
La famiglia della piccola massacrata durante un attacco israeliano: la madre, arrivata in fin di vita all'ospedale, era incinta da 30 settimane. «Abbiamo scelto di salvare lei. È nata orfana»
Un fermo immagine del video girato all'interno della clinica di Rafah, col dottor Mohammed Salama e la piccola Rouh

Un fermo immagine del video girato all'interno della clinica di Rafah, col dottor Mohammed Salama e la piccola Rouh - Reuters/Mohammed Salama

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Malak, sua sorella di appena tre anni, avrebbe voluto chiamarla Rouh, che in arabo significa «spirito». Era elettrizzata dall'idea di non essere più sola con mamma Sabreen e papà Shoukri, nonostante la guerra e la paura. O forse proprio per quello, perché una bimba nel grembo della madre era un segno potente di speranza e di futuro a cui guardare ogni mattina al risveglio, come il sole. Ora sarà qualcun altro a decidere come chiamarla, perché Malak e mamma Sabreen e papà Shoukri non ci sono più, altre vite spazzate via durante un bombardamento israeliano su Rafah in cui sono state uccise 16 persone, di cui 9 bambini. Lei, che non si chiamerà Rouh ma Sabreen Jouda in omaggio alla mamma, no, ce l'ha fatta: è stata estratta dal corpo della madre ormai cerebralmente morta in un ospedale di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, alla trentesima settimana di vita. E sta bene, sopravviverà, c'è chi si prende cura di lei e le tiene la mano. Tra medici e infermieri c'è anche chi, in segno di protesta, ha deciso di attaccarle al corpicino un nastro adesivo: “Questa è la bambina della martire Sabreen Al-Sakani” recita, come un grido.

«L'abbiamo fatta nascere attraverso un cesareo d'urgenza: la madre era in condizioni molto critiche, il suo cervello era esposto, abbiamo deciso di salvare una delle due» raccontano i medici, tra cui Mohammad Salama, capo dell'unità dell'ospedale degli Emirati a Rafah, che ha raccontato tutta la storia alle agenzie di stampa e inviato anche dei video alla Reuters, poi pubblicati dal quotidiano inglese The Guardian. La bimba pesa 1,4 kg, si trova in un'incubatrice: «Resterà qui tre o quattro settimane, poi vedremo se ne andrà e dove: dalla famiglia, dalla zia o dallo zio o dai nonni. Ecco la tragedia più grande: anche se questa bambina è sopravvissuta, è nata orfana» prosegue Salama.

La nonna della bambina, che si chiama Mirvat al-Sakani, ha detto all'Associated Press che si prenderà cura della piccola: «È un ricordo di suo padre. Con loro c'era anche mio figlio, il suo corpo è stato fatto a pezzi, non l'hanno ancora trovato. Perché li hanno presi di mira? Perché sono diventati un bersaglio? Non sappiamo il perché, non lo sappiamo...».

Secondo i dati Unicef diffusi appena qualche giorno fa, dall'inizio della guerra il 7 ottobre, a Gaza sono stati uccisi più di 13.800 bambini. E un bambino viene ferito o muore ogni 10 minuti, ha affermato in una nota l'Ente delle Nazioni Unite per l'uguaglianza di genere e l'emancipazione delle donne. Le donne uccise sono invece più di 10mila, 6mila delle quali hanno lasciato dietro di sé 19mila bambini orfani.

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