martedì 17 ottobre 2023
La struttura è l'Al-Ahli Arabi Baptist Hospital e si trova al centro di Gaza City: vi si erano rifugiate centinaia di famiglie, soprattutto donne e bambine. Si cercano corpi tra le macerie
I corpi delle vittime nel cortile dell'ospedale colpito

I corpi delle vittime nel cortile dell'ospedale colpito - Ansa

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La pioggia di bombe continua, su Gaza. Israele lo puntualizza: sono oltre 5mila le postazioni di Hamas colpite e decine i comandanti uccisi. Tra questi, l’ultimo e più alto in grado, Ayman Nofal alias “Abu Ahmad”, capo delle Brigate al -Qassam, ala militare del gruppo, e tre familiari del leader politico Ismail Haniyeh. Tra i morti, però, oltre ai miliziani, ci sono migliaia di residenti della Striscia. Gli ultimi dati parlano di tremila uccisi, tra cui mille bambini. Sei di loro sono rimasti vittime ieri dell’ordigno che ha centrato una scuola dell’Agenzia Onu per i rifugiati (Unwra), in cui avevano cercato riparo. I feriti sono 12.500 feriti. L'inferno si abbatte su case, scuole, campi profughi. E ospedali, secondo quanto denunciato da Hamas. A essere stato colpito, secondo il gruppo armato, sarebbe stata la clinica battista al-Ahli, gestita dalla Chiesa anglicana e situata a Gaza City. Nel blitz sarebbero morti centinaia di pazienti. Hamas ha parlato prima di cinquecento, poi di 200. Israele ha detto di «dover verificare» per poi rivolgere a sua volta le accuse contro l'avversario: «È stato il fallimento di un razzo partito proprio da Hamas», sostengono le Forze di difesa israeliane, a causare il massacro. E poi: «La Jihad islamica è responsabile di un lancio fallimentare del razzo che ha colpito l'ospedale». La strage però ha acceso la rabbia dei palestinesi: in Cisgiordania ci sono state manifestazioni di proteste, con scontri, e il presidente dell’Autorità nazionale (Anp), ha dichiarato tre giorni di lutto.

La questione degli ospedali ubicati nella parte del nord della Striscia è una delle più spinose. Lo Stato ebraico da giorni ne ordina l’evacuazione. Nella pratica, però, l’operazione è estremamente complicata. Il sistema sanitario di Gaza, oltretutto, è già allo stremo per il blocco delle forniture di elettricità, cibo, acqua e medicine. L’unico punto da cui potrebbero arrivare soccorsi – il valico egiziano di Rafah, a sud, nella Penisola del Sinai – è chiuso nonostante la maratona di nove ore di trattative del segretario di Stato Usa, Antony Blinken e la promessa del premier Abdel Fatah al-Sisi di coordinare un piano per gli aiuti. Il Cairo dice di non poterlo fare a causa dei bombardamenti israeliani. Il passaggio è stato colpito sei volte finora. Solo nell’incursione di ieri sarebbero morti in 49. La barriera r, dunque, resta sprangata. Mentre 160 camion carichi di kit di emergenza, partiti dall’egiziana al-Arish, attendono oltre le sbarre. Nel frattempo, si fa sempre più caldo anche il fronte nord, al confine con il Libano, dove Hezbollah ha esteso gli attacchi e denunciato la morte di 4 uomini in un’incursione israeliana. L’eventualità dell’estensione del conflitto preoccupa gli Usa. Mentre due navi cariche di marins si dirigono verso l’alleato israeliano, la Casa Bianca ha discusso dell’uso della forza in risposta a un attacco della milizia filo-iraniana.


L'operazione di terra: «Potremmo non invadere Gaza»

Intanto la «fase 2» del conflitto tra Israele e Hamas – così l’ha definita il premier Benjamin Netanyahu –, potrebbe non essere l’invasione di Gaza. Parola di Richard Hecht, portavoce dell’esercito israeliano. Dopo giorni di annunci di un’imminente operazione di terra dei militari dello Stato ebraico nella Striscia, quella di Hecht è la prima frenata, seppur ambigua. Il passo indietro arriva alla vigilia del viaggio del presidente Usa, Joe Biden, il quale aveva “sconsigliato” l’occupazione dell’enclave. «Non abbiamo mai detto quali saranno i prossimi passi – ha spiegato il portavoce delle forze armate israeliane o Tzahal –. Potrebbe essere qualcosa di diverso dall’offensiva di terra». Quantomeno i preparativi dell’invasione sono reali. Trecentomila soldati sono stati schierati lungo i confini di Gaza, check-point militari sbarrano l’area intorno e sulle vie d’accesso sfila una processione di tank, carri armati, camionette dell’esercito. Finora, però, l’ordine di entrare non è arrivato. In compenso, i raid sono stati intensificati al massimo livello.


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