giovedì 15 maggio 2025
Il Tribunale Ue ha accolto il ricorso del New York Times: nessun divieto di accesso ai messaggi tra Commissione e colosso farmaceutico. Sotto accusa il prezzo pagato e il nodo del quasi monopolio
Ursula von der Leyen

Ursula von der Leyen - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Per Ursula von der Leyen l’imbarazzo non è da poco: con una sentenza il Tribunale Ue ha cassato in blocco la decisione della Commissione Europea di rifiutare di rivelare alla stampa i messaggini sms della presidente all’ad di Pfizer, Albert Bourla, durante la pandemia. Un verdetto che dà pienamente ragione a un esposto del New York Times, il quale, nel 2021, aveva chiesto che la Commissione rivelasse il contenuto di una serie di Sms, cui aveva fatto accenno lo stesso Bourla in un’intervista al quotidiano americano, affermando che avevano contribuito a creare un clima di “profonda fiducia”. Clima che, a suo dire, aveva facilitato i negoziati tra Bruxelles e il colosso farmaceutico per una vasta commessa di vaccini anti-Covid, arrivata a 1,8 miliardi di dosi. Il prezzo pagato non fu mai rivelato (secondo indiscrezioni media si parlerebbe di 20 euro a dose). Viste le difficoltà degli Stati membri a ottenere milioni di dosi in piena pandemia, Von der Leyen aveva avocato a sé un ruolo chiave a nome dei Ventisette (d’accordo con le capitali), ma è stata poi accusata di poca chiarezza sulle modalità del negoziato. Anche i contratti sono stati pubblicati solo parzialmente. Si è parlato di Pfizergate, anche se in questo caso non è in gioco la corruzione. Piuttosto Von der Leyen è stata accusata di aver pagato troppo Pfizer assegnandole di fatto un quasi-monopolio nell’Ue sul fronte Covid. Una vicenda che, oltretutto, secondo molti critici evidenzia come sempre più la presidente tenda ad accentrare i poteri nelle proprie mani e a rinchiudersi in una ristrettissima cerchia di fedelissimi, con scarsa trasparenza verso la stampa.
Il New York Times aveva invocato il diritto all’accesso a documenti rilevanti Ue previsto dalla normativa comunitaria. Il Tribunale Ue contesta la risposta fornita dalla Commissione a giustificazione del diniego (in sostanza che gli sms non esistevano più e non erano stati registrati in quanto “effimeri” e irrilevanti). Risposte, si legge in una nota del Tribunale, che «si basano o su ipotesi, oppure su informazioni mutevoli o imprecise». Al contrario il quotidiano Usa ha «presentato elementi pertinenti e concordanti che descrivono l’esistenza di scambi, in particolare sotto forma di messaggi di testo, tra la presidente della Commissione e l’amministratore delegato di Pfizer nell’ambito dell’acquisto, da parte della Commissione, di vaccini presso tale società durante la pandemia di Covid-19». E dunque ha potuto così «superare la presunzione di inesistenza e di non possesso dei documenti richiesti». Secondo i giudici Ue, «la Commissione non può limitarsi ad affermare di non essere in possesso dei documenti richiesti, ma deve fornire spiegazioni credibili che consentano al pubblico e al Tribunale di comprendere perché tali documenti siano irreperibili». L’esecutivo Ue «non ha spiegato in dettaglio quale tipo di ricerche avrebbe effettuato per trovare tali documenti, né l’identità dei luoghi in cui esse si sarebbero svolte. Pertanto, essa non ha fornito spiegazioni plausibili per giustificare il non possesso dei documenti richiesti». Inoltre, «la Commissione non ha sufficientemente chiarito se i messaggi di testo richiesti fossero stati eliminati e, in tal caso, se l’eliminazione fosse stata effettuata volontariamente o automaticamente o se il telefono cellulare della presidente fosse stato nel frattempo sostituito». Infine, punto essenziale, «la Commissione non ha neppure spiegato in modo plausibile perché essa avrebbe ritenuto che i messaggi di testo scambiati nell’ambito dell’acquisto di vaccini contro la Covid-19 non contenessero informazioni sostanziali o che richiedessero un monitoraggio di cui dovesse essere garantita la conservazione». La sentenza, ha commentato il New York Times, «è una vittoria per la trasparenza e il richiamo alla responsabilità nell’Unione europea e lancia un messaggio forte: le comunicazioni effimere non sono al di fuori del controllo pubblico».
L’esecutivo guidato da Von der Leyen, che in una dichiarazione scritta afferma di aver “preso nota” della sentenza, nonostante il verdetto mostra di continuare a non avere alcuna intenzione di rivelare gli sms. In risposta alle critiche dei giudici Ue, si legge nella dichiarazione, «la Commissione adotterà una nuova decisione che fornisca una spiegazione più dettagliata». A fronte della richiesta del New York Times, ha riferito poi la capo portavoce Paula Pinho ai cronisti, la Commissione «ha verificato se vi fossero documenti registrati utili a rispondere alla domanda e non ne ha trovato. Poi ha controllato se ci fossero documenti rilevanti non registrati, e anche in questo caso non ne ha identificati». Pinho ha peraltro avvertito di non aver mai parlato né di “messaggi” né affermato che questi siano stati “cancellati”. Insomma, da trasparenze e chiarezza siamo ancora lontani. Peraltro, poche ore dopo la pubblicazione della sentenza, la Commissione ha annunciato il trasferimento ad altra funzione del direttore generale del Servizio legale Daniel Calleja y Crespo.
© riproduzione riservata

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: