giovedì 30 giugno 2022
La Missione di monitoraggio delle Nazione Unite ha consegnato un duro rapporto al procuratore dell’Aja. Nella sola Bucha, le forze russe hanno ucciso almeno 50 persone inermi
Le conseguenze dell'attacco missilistico russo al centro commerciale Amstor di Kremenchuk, nella regione di Poltava, in Ucraina, 28 giugno 2022

Le conseguenze dell'attacco missilistico russo al centro commerciale Amstor di Kremenchuk, nella regione di Poltava, in Ucraina, 28 giugno 2022 - VIGILI DEL FUOCO UCRAINA / ANSA

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La sera del 9 marzo un gruppo di soldati russi irrompe in una casa fuori Kiev. Ci viveva una giovane coppia con il loro bambino. Sparano all’uomo, e afferrano la donna: «Ora non ha più un marito». La violentano a turno. Torneranno altre tre volte, prima di dover fuggire in ritirata.

Non è un caso isolato quello riferito dalla Missione Onu per i diritti umani in Ucraina. L’ultimo rapporto è già sul tavolo del procuratore dell’Aja, con 108 stupri ricostruiti nei dettagli più brutali. I nomi dei comandanti dei sobborghi occupati all’epoca sono noti. E non potranno dire di non sapere.

Gli abusi sessuali sono una della armi non convenzionali adottate ancora in questi giorni dalle forze russe. Sebbene esistano alcune segnalazioni in corso di verifica a carico di militari ucraini, nel caso dell’esercito di Mosca si assiste ad azioni pianificate, reiterate su ampia scala.

Alla data del 15 maggio 2022, quando si è chiuso il periodo di riferimento, la Missione Onu di monitoraggio dei diritti umani (Hrmmu) era a conoscenza di 108 denunce di abusi sessuali contro donne adulte, ragazze minorenni, uomini e adolescenti in particolare nelle regioni di Chernihiv, Dnipro, Donetsk, Kharkiv, Kyiv, Kherson, Luhansk, Mykolaiv, Vinnytsia, Zaporizhzhia, Zhytomyr e in un centro di detenzione nella Federazione Russa.

«Le vittime di abusi sessuali spesso non sono in grado o non sono disposte a parlare», ha affermato Matilda Bogner, capo dell’Hrmmu. Che avverte: «Conoscere l’intera portata delle violenze sessuali in questo contesto potrebbe richiedere anni». Gli investigatori hanno verificato i primi 23 casi e stanno proseguendo con gli accertamenti per le altre denunce. L’orribile assortimento comprende varie gradazioni di crimini: stupro, stupro di gruppo, tortura, spogliarello pubblico forzato, minacce di violenza sessuale e altre forme di violenza sessuale. La brutalità non ha avuto freni, né è stata fermata dai superiori gerarchici presenti sul campo, dove sono avvenute «torture sessualizzate, palpeggiamenti sessuali indesiderati e minacce di violenza sessuale». Sui corpi di numerose donne gettate nelle fosse comuni sono stati trovati i segni delle violenze spesso perpetrate fino a uccidere le malcapitate. I presunti autori provenivano «dai ranghi delle forze armate russe in 87 casi; dai ranghi di gruppi armati affiliati alla Russia in 2 casi; dai ranghi delle forze armate ucraine, compresa la difesa territoriale, in 9 casi».

Il rapporto documenta le uccisioni illegali, comprese le esecuzioni sommarie di civili in una trentina di insediamenti nelle regioni di Kiev, Chernihiv, Kharkiv e Sumy, commesse dalle forze armate russe mentre controllavano queste aree tra la fine di febbraio e marzo. Nella sola Bucha, definita a suo tempo come «scena del crimine a cielo aperto», la missione Onu ha verificato che almeno 50 civili sono stati uccisi dalle forze armate russe. In totale sono stati documentati anche 248 casi di detenzione arbitraria di rappresentanti delle autorità locali, giornalisti e attivisti. Dal 24 febbraio al 15 maggio 2022 gli investigatori hanno potuto accertare 8.368 casi di civili colpiti: 3.924 persone uccise e 4.444 feriti. Numeri riportati con una avvertenza: «Il dato reale è certamente molto più elevato ma a causa degli scontri non è ancora possibile esaminare tutte le segnalazioni».

Il villaggio di Yahidne, vicino Chernihiv, dal 3 al 31 marzo era sotto il controllo russo: 360 residenti, tra cui 74 bambini e 5 disabili, sono stati imprigionati per 28 giorni nel seminterrato di una scuola. «Non c’erano servizi igienici, acqua o ventilazione. A causa delle condizioni – riporta il dossier che conferma precedenti inchieste giornalistiche – dieci anziani sono morti».

Mariupol resta il caso più eclatante, ma non l’eccezione. Perché rappresenta un modello operativo seguito dalle forze di aggressione in tutto il Paese. I cosiddetti “corridoi umanitari”, che sono stati oggetto di negoziati a metà marzo, «erano troppo pochi, inaffidabili e poco sicuri per permettere a molti civili di uscire», denunciano i ricercatori Onu che ribadiscono di avere prove a sufficienza per dimostrare quali violazioni vengano commesse nei “campi di filtraggio”». L’intento apparente è quello di «identificare gli attuali o gli ex ufficiali delle forze dell’ordine ucraine, i funzionari statali e i membri delle forze armate ucraine». Un pretesto per “rieducare” la popolazione al rispetto dei nuovi padroni. «La pratica – si legge ancora – mostra che qualsiasi individuo percepito come favorevole all’Ucraina o contrario alla Russia viene identificato e sottoposto a violazioni e abusi». Gli addetti al “filtraggio” esaminano gli effetti personali, compresi i dispositivi mobili, perquisiscono e palpeggiano. Gli osservatori sono riusciti a provare che talvolta gli interrogatori avvengono facendo ascoltare alle donne «suoni sessualmente degradanti».

E vengono considerate credibili le notizie di «bambini separati dai loro genitori durante e dopo il processo, quando l’adulto che li accompagnava non ha superato il “filtraggio”». Nessuno sa che fine abbiano fatto i piccoli. Come se la distruzione e i lutti non fossero una tragedia sufficiente, a molti capita di venire internati «nel famigerato centro di detenzione Izoliatsiia a Donetsk», spiega la missione Onu. È un nome di cui prendere nota per quanto si svolgeranno i processi in Ucraina è, auspicabilmente, davanti al tribunale internazionale. A Izoliatsiia i profughi sono «esposti a un rischio particolarmente elevato di tortura e maltrattamenti».

E non deve essere una coincidenza se le autorità russe e quelle delle repubbliche separatiste continuano a vietare alle agenzie umanitarie Onu l’accesso ai centri di detenzione. Nella contabilità dei crimini vengono calcolati anche gli attachi deliberati contro luoghi di culto cristiani, ebraici e islamici: 34 centri sono risultati distrutti e 40 seriamente danneggiati. «Ciò ha avuto un impatto particolarmente negativo sulle comunità religiose e – sottolinea l’Onu – sulla capacità degli individui di esercitare il diritto alla libertà di religione o di credo». Perché anche pregare che tutto finisca, è diventato un atto ostile. Mentre intanto piovono gli ordigni trappola, come missili Tochka-U «armati con munizioni a grappolo». Il report accusa anche Kiev di averli usati occasionalmente: «Non sono precisi e sono in grado di trasportare testate con 50 sub-munizioni». Mosca aveva spergiurato di averli dismessi. Ma, ancora una volta, mentiva.

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