sabato 14 agosto 2021
La Casa Sacro Cuore, realizzata in collaborazione con la Habibi Valtiberina e il Gemelli medical center, favorirà l’inclusione dei rifugiati. Il cardinale Bassetti: «Una lezione di umanità»
La Casa del Sacro Cuore ad Amman

La Casa del Sacro Cuore ad Amman - Collaboratori

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Sorge un nuovo “ponte” tra l’Italia e il Medio Oriente. Ieri, nella capitale giordana, è stata inaugurata la Casa Sacro Cuore, che si inserisce nell’ambito delle attività previste dal progetto Ponti ad Amman. L’iniziativa, finanziata dal Servizio per gli interventi caritativi a favore del Terzo mondo della Conferenza episcopale italiana (Cei) attraverso i fondi 8 Xmille e ideato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore nell’ambito delle attività promosse per celebrare il primo centenario dalla fondazione, è implementato con il supporto del Gemelli medical center ed è coordinato, a nome del Patriarcato latino di Gerusalemme, dall’associazione Habibi Valtiberina, da anni impegnata in Medio Oriente.

L’intervento si propone di contribuire all’inclusione dei cristiani iracheni richiedenti asilo presenti in Giordania ed in particolare ad Amman, attraverso la promozione di percorsi di formazione sul tema dell’educazione inclusiva rivolti a insegnanti, counselor e famiglie irachene e giordane, nella quale saranno coinvolti docenti e ricercatori della Facoltà di Scienze della formazione e Psicologia dell’ateneo milanese.

Sarà inoltre avviato, con il supporto del Gemelli medical center, un servizio di screening medico e psicologico di minori con «bisogni speciali» , nonché l’organizzazione di incontri di educazione sanitaria sia per donne, minori e famiglie. La Casa Sacro Cuore intende, infine, proporsi come luogo di accoglienza e incontro nel quale saranno realizzate tali attività, la cui programmazione prenderà avvio dal prossimo mese di settembre.

Un momento dell'inaugurazione della Casa del Sacro Cuore ad Amman

Un momento dell'inaugurazione della Casa del Sacro Cuore ad Amman - Collaboratori

Nel messaggio al patriarca Pizzaballa, che ha benedetto il nuovo centro polifunzionale, il cardinale Gualtiero Bassetti ha espresso la sua gioia perché, «finalmente, con grande creatività, si aggiunge un tassello importante al bel mosaico dell’accoglienza e dell’attenzione all’umanità ferita». Il presidente della Cei ha anche salutato il popolo giordano che «ha dimostrato il calore e il sapore dell’accoglienza verso rifugiati palestinesi, iracheni e provenienti da altre aree di crisi, in particolare dalla vicina Siria». «Una grande lezione di umanità – ha evidenziato il cardinale – soprattutto per l’Europa».

Alla cerimonia di inaugurazione è intervenuto anche il rettore dell’Università Cattolica, Franco Anelli. Il progetto – ha spiegato il rettore al Sir – scaturisce da una speciale sensibilità dell’Università Cattolica verso i luoghi dove è nato il cristianesimo, nei quali la presenza cristiana attraversa oggi una fase difficile».

Don Mario Cornioli, “l’anima” del nuovo progetto e presidente dell’associazione Habibi Valtiberina, ha espresso la sua gratitudine ai cattolici italiani che hanno reso possibile, con l’8 Xmille donato alla Chiesa, la realizzazione del progetto. «I profughi iracheni sono i più dimenticati – dice ad Avvenire –. Dopo aver abitato nei centri parrocchiali o nelle scuole, ora vivono in case nella periferia est di Amman. Per mancanza di mezzi, hanno dovuto affittare gli appartamenti più miseri».

«Un capofamiglia iracheno – aggiunge – mi ha appena riferito del rifiuto della sua richiesta di asilo in Australia. Noi non incoraggiamo l’esodo dei cristiani; sarebbe un duro colpo alla loro millenaria presenza in Medio Oriente. Ma non possiamo non constatare le difficoltà in cui versano e siamo contenti se hanno la possibilità di costruirsi un futuro promettente altrove». «Il nostro compito consiste perciò nel cercare di rendere la loro vita in Giordania la più normale e serena possibile, anche attraverso progetti di questo genere».

Il messaggio del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei

Avvio del progetto “Ponti ad Amman” e benedizione della Casa Sacro Cuore

Eccellenza Rev.ma Mons. Pierbattista Pizzaballa,
Chiarissimo Prof. Franco Anelli,
Illustrissimo Dott. Paolo Favari,
Rev.mo Don Mario Cornioli,
Autorità religiose, civili e militari,
Cari fedeli tutti,

non potendo essere presente lì con voi, esprimo – attraverso questo messaggio – tutta la mia gioia per la realizzazione del progetto “Ponti ad Amman” e per la benedizione della Casa Sacro Cuore, edificio ristrutturato e riqualificato a Centro polifunzionale che, dal mese di settembre, ospiterà le attività previste dal progetto. Oggi è sicuramente un momento di festa perché, finalmente, con grande creatività, si aggiunge un tassello importante al bel mosaico dell’accoglienza e dell’attenzione all’umanità ferita. Già il nome del progetto specifica il senso dei “Ponti” che vengono edificati: “Luoghi di incontro per l’inclusione di cristiani iracheni in Giordania: sistema integrato di servizi medici e socio-educativi per i minori e le loro famiglie”.

Il progetto, finanziato dal Servizio per gli Interventi caritativi a favore dei Paesi del Terzo Mondo della Conferenza Episcopale Italiana attraverso i fondi 8xmille, che i cittadini italiani destinano alla Chiesa cattolica, è ideato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore nell’ambito delle iniziative promosse per celebrare il primo Centenario dalla fondazione, è implementato con il supporto del Gemelli Medical Center ed è coordinato, a nome del Patriarcato Latino, dall’Associazione HAbibi VAltiberina che da anni lavora in Medio-Oriente.

L’intervento vuole contribuire all’inclusione dei cristiani iracheni richiedenti asilo presenti in Giordania e, in particolare, ad Amman, attraverso la promozione di percorsi di formazione rivolti a insegnanti, counselors e famiglie irachene e giordane; avviare un servizio di screening medico e psicologico di minori; organizzare incontri di educazione sanitaria per donne irachene e giordane. In tutto questo la Casa Sacro Cuore si propone come luogo di accoglienza e incontro.

L’evento di oggi è anche occasione preziosa per fare memoria, rendere grazie e rinnovare l’impegno. A questo scopo, vorrei condividere tre punti che traggo dai nomi delle iniziative.

Il primo: Ponti. In questi anni abbiamo imparato quanto sia importante fondare le nostre azioni sulla cultura dei ponti e non dei muri. Il popolo giordano ha dimostrato il calore e il sapore dell’accoglienza verso rifugiati palestinesi, iracheni e provenienti da altre aree di crisi, in particolare dalla vicina Siria. Una grande lezione di umanità, soprattutto per l’Europa. Così si esprimeva Papa Francesco dopo aver visitato Amman durante il pellegrinaggio in Terra Santa: “Sono stato colpito dalla generosità del popolo giordano nel ricevere i profughi, tanti che fuggono dalla guerra, in quella zona. Che il Signore benedica questo popolo accogliente, lo benedica tanto! E noi dobbiamo pregare perché il Signore benedica questa accoglienza e chiedere a tutte le istituzioni internazionali di aiutare questo popolo in questo lavoro di accoglienza che fa” (Udienza generale, 28 maggio 2014).

Il secondo punto: Inclusione. Verso le sorelle e i fratelli in fuga da guerre e da persecuzioni occorre un approccio integrale, che sappia “accogliere, proteggere, promuovere e integrare”. Questi quattro verbi, indicati da Papa Francesco, restano la bussola per affrontare la sfida delle migrazioni, in Italia e in Europa. “Comprendo che di fronte alle persone migranti alcuni nutrano dubbi o provino timori. Lo capisco come un aspetto dell’istinto naturale di autodifesa. Ma è anche vero che una persona e un popolo sono fecondi solo se sanno integrare creativamente dentro di sé l’apertura agli altri. Invito ad andare oltre queste reazioni primarie” (Fratelli tutti 41). Sui migranti, sui deboli, sugli esclusi – come ho già avuto modo di dire – un giorno sarà severo e inappellabile il giudizio di Dio: “Dov’è tuo fratello?”.

Il terzo punto: Casa. La cura e la custodia non sono atteggiamenti o sentimenti puramente estetici, ma dicono tutto dell’interiorità. Quando parliamo di casa, il pensiero subito corre ai posti dove siamo cresciuti, dove sono tuttora custoditi i nostri affetti. È difficile parlarne con chi è costretto a fuggire verso luoghi più sicuri. A ben vedere, però, la casa non esprime solo fisicità, ma racchiude anche le pulsazioni di un cuore che sa farsi dono per gli altri, senza tornaconto personale. La Casa Sacro Cuore indica questo impegno preciso: farsi prossimi, fasciare le ferite e prendersi cura (cfr Lc 10,30-37). È l’atteggiamento del Buon Samaritano che radica nel Sacro Cuore di Gesù.

Ringrazio ciascuno di voi per questo progetto. Insieme preghiamo il Signore perché ci doni la capacità di saper gettare ponti, creare inclusione, essere casa aperta e accogliente.

Cardinale Gualtiero Bassetti

Arcivescovo di Perugia – Città della Pieve, presidente della Conferenza episcopale italiana

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