martedì 7 febbraio 2017
Il Consiglio superiore degli ulema, massima autorità religiosa del Paese, apre alla possibilità di conversione ad altre religioni
La svolta degli ulema: chi lascia l'islam non rischia più la pena di morte
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In Marocco, chi vuole lasciare l’islam, non rischierà più la condanna a morte. Il Consiglio superiore degli ulema, massima autorità religiosa del Paese, apre alla possibilità di conversione ad altre religioni. Ne dà notizia il sito Morocco World News. Dopo una precedente fatwa, emanata tre anni fa, in cui si approvava la condanna a morte di chi abbandona l’islam, il Consiglio ha fatto marcia indietro durante la sua ultima sessione di lavoro svoltasi nei giorni scorsi a Rabat.

Nel documento finale intitolato, «La via degli ulema», il Consiglio propone una rinnovata interpretazione di quella che viene generalmente chiamata in arabo «ridda», indicando che l’apostasia viene punita con la morte solo se assimilata a un alto tradimento «politico», vale a dire un allineamento al nemico, e non quando contempla unicamente l’abbandono della propria fede. In pratica, gli ulema riconoscono la libertà di coscienza del fedele e l’opzione, in base a questa, di cambiare religione.
«L’interpretazione più accurata e la più coerente con la legislazione islamica e con l’esempio del Profeta, che la pace sia con lui – si legge nel testo –, è che l’uccisione dell’apostata riguardi chi tradisce la Umma, rivelandone i segreti, commentendo ciò che nel diritto internazionale è il “tradimento”». I primi commenti parlano della volontà del re Mohammed VI – che presiede il Consiglio – di mettere in atto il tanto declamato «rinnovamento del discorso religioso», anche in chiave della lotta all’estremismo.

Il mese scorso, il ministero dell’Interno ha proibito la produzione e la vendita del burqa. Ufficialmente, la decisione è stata presa per «ragioni di sicurezza». Il “divieto del burqa” è stato condannato dai salafiti come una pericolosa deriva modernizzatrice. È ancora presto per appurare gli effetti legali della svolta sull’apostasia. Il Codice penale marocchino dovrà essere adeguato. E il procedimento potrebbe richiedere tempo. E la pena di morte resta presente nell’ordinamento marocchino. Tuttavia, negli ultimi anni, non ci sono state condanne capitali per gli “apostati”. I giudici hanno optato per sanzioni più “morbide”, dato anche il carattere multietnico e plurale della società marocchina. La legge non punisce, inoltre, solo chi cambia religione. Sono previste pene – da sei mesi a tre anni di prigione e il pagamento di una sanzione – per chi impieghi «mezzi di convincimento» per indurre un musulmano a passare a un’altra religione, minacciando di chiusura la chiesa o l’edificio in cui avviene la conversione.

Tra i «mezzi di convincimento» sono elencati lo sfruttamento della debolezza del richiedente il battesimo (e il suo bisogno di assistenza) o l’utilizzo per tale rito di istituzioni educative e sanitarie, asili o orfanotrofi gestiti dalla Chiesa. Da qui la massima prudenza della autorità ecclesiali locali nell’accogliere richieste di battesimo da parte di musulmani, anche quando sono appurate le loro intenzioni. Tuttavia, si stima che almeno 25mila marocchini siano passati al cristianesimo nell’ultimo decennio.

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