sabato 25 maggio 2019
Con i sovranisti dell’Irish Freedom Party esclusi, a livello nazionale in testa ci sono le forze europeiste del Finn Gael e Fianna Fail, entrambi attorno al 23%
Il trasporto  di un’urna elettorale sull’isola  di Innishfree nella contea del Donegal  in Irlanda (Ansa)

Il trasporto di un’urna elettorale sull’isola di Innishfree nella contea del Donegal in Irlanda (Ansa)

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Con i sovranisti dell’Irish Freedom Party esclusi, i partiti tradizionali fino all’ultimo hanno spinto sull’europeismo La sorpresa dei Verdi secondo i primi exit poll a Dublino c’era il timore che la Brexit potesse condizionare il voto di uno dei Paesi più europeisti del Vecchio Continente. Ma con i sovranisti dell’Irish Freedom Party esclusi dal voto per motivi procedurali, la partita si è giocata tra partiti tradizionali, tutti europeisti. In vantaggio, a sorpresa, secondo i primi exit polls ci sarebbero i Verdi.

Secondo i primi exit poll pubblicati dall'emittente nazionale Rte dopo che i seggi sono stati chiusi alle
22 di venerdì, a Dublino il partito guidato da Ciarán Cuffe è in testa con il 23% dei voti e 9 punti di vantaggio sul partito conservatore del premier Leo Varadkar (alleato del Ppe), che è attestato al 14%. Segue il partito conservatore Fianna Fáil di Michael Martin, alleato di Alde, con il 12%. La sinistra di Sinn Féin a Dublino è invece al 10%, mentre il partito laburista è in coda con il 4%.

A livello nazionale, in testa ci sono le forze europeiste del Finn Gael e Fianna Fail, entrambi attorno al 23%. Perde consensi il partito dello Sinn Fein, che gli exit pool danno al 12%. Il Labour è al 6%, mentre i Verdi, a livello nazionale dovrebbero raggiungere il 9% dei consensi, assicurandosi tre degli 11 seggi europei previsti per l'Irlanda.

Si tratta, però, solo di rilevazioni iniziali fatte sulla base di interviste a campione agli elettori: lo spoglio inizierà domani e i risultati arriveranno lunedì. Uno dei fattori chiave – su cui tutti i partiti hanno scommesso e sulla quale non ci sono ancora dati – è l’affluenza. Per un Paese da sempre apertamente filo-Ue sarebbe stato un pessimo segnale scendere sotto la soglia del 50%. Il presidente della Repubblica Michael D. Higgins si è presentato al seggio nella prima mattinata di ieri, accompagnato dalla moglie Sabina. Molti manifesti affissi nella capitale irlandese incitano gli elettori a recarsi in massa alle urne, e per incoraggiare il voto dei più giovani sono stati inventati addirittura i badge adesivi con la scritta “I’ve voted” (“Ho votato”).

Disegnati dall’artista contemporaneo Maser e rigorosamente privi di alcun simbolo di partito, sono stati distribuiti gratuitamente a chi andava a votare in uno dei seggi della zona di Dublino. Chi li indossava sulla giacca aveva poi diritto a ottenere sconti in alcuni ristoranti e ne- gozi del centro, soltanto nella giornata di ieri. «Alle Europee del 2014 l’affluenza degli elettori tra i 18 e i 24 anni è stata solo del 21%. Stavolta volevamo incentivarla in ogni modo », spiega la giornalista del-l’Irish Times, Una Mullally, tra le promotrici dell’iniziativa.

Ancora non si sa se abbia avuto esito: fino a tarda serata, i dati sull’affluenza non erano ancora noti. Il boom di partecipazione in Olanda – 42,2%, il record in trent’anni – e l’aumento del voto postale in Slovenia – addirittura + 70% –, Lituana e Estonia è un segnale importante. Nelle tre circoscrizioni elettorali di Dublino, Midlands nord ovest e sud si sono sfidati 59 candidati per gli 11 posti destinati all’Irlanda nell’Europarlamento. Ma con l’uscita del Regno Unito dall’Ue e la conseguente redistribuzione dei seggi l’Irlanda dovrebbe ottenerne altri due, arrivando a 13. Oltre alle Europee, ieri, gli irlandesi hanno votato anche per le amministrative e per l’ennesimo referendum costituzionale, stavolta per ridurre i tempi di ottenimento del divorzio attualmente fissati in 4 anni.

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