sabato 3 settembre 2022
Alla vigilia della scelta del nuovo premier Tory, la sinistra pare pronta a rinnovare il vertice e sostituire Starmer I leader sindacali degli scioperi che paralizzano il Regno catalizzano consensi
Un picchetto a Londra dei postini della Royal Mail in sciopero

Un picchetto a Londra dei postini della Royal Mail in sciopero - Ansa

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Che ci faceva il senatore democratico del Vermont, Benny Sanders, mercoledì, alla Congress House di Great Russel Street, a un comizio di sindacalisti sull’aumento delle paghe degli impiegati ai trasporti di Londra? Quello che Keir Starmer, leader dei laburisti, non ha fatto: portare solidarietà ai lavoratori in sciopero, a cicli alterni, da ormai 13 settimane. «Sono orgoglioso della vostra battaglia», ha tuonato il «socialista» statunitense. Al suo fianco, non il capo della sinistra britannica ma Mick Lynch, il segretario dalla National Union of Rail, Maritime and Transport Workers (Rmt) che da giorni riempie gli auditori al grido: «La classe operaia è tornata». La catena di agitazioni che ha animato la calda estate britannica non ha riguardato solo gli addetti alla mobilità della capitale. A livello nazionale hanno incrociato le braccia anche i ferrotranvieri e gli avvocati penalisti, gli operatori della compagnia telefonica BT e i postini della Royal Mail. Si sono fermati pure i manovali del porto di Felixstowe e gli spazzini di Coventry e Edimburgo. Le proteste sono tutt’altro che sedate. Anzi.

Ai picchetti in agenda fino a fine del mese potrebbero seguire quelli di insegnanti, infermieri, medici e vigili del fuoco. I sindacati Unite e Unison, che rappresentano quasi tre milioni di lavoratori, stanno mettendo a punto una mozione, da mettere al voto degli iscritti, che autorizzi una dimostrazione coordinata. Qualcosa di simile, insomma, a uno sciopero generale. L’unico del genere nel Regno Unito risale al 1926. In questo fermento spicca l’assenza del Labour. Starmer, il «numero uno» della sinistra che affonda le radici proprio nei movimenti sindacali di fine Ottocento, ha ordinato ai suoi deputati di non scendere in piazza al fianco dei manifestanti perché, ha motivato, «a loro spetta risolvere i problemi in altra sede», in Parlamento, non ai picchetti. Il suo approccio è dettato in parte dal moderatismo che contraddistingue la sua leadership: una sorta di “blairismo” utile a marcare la differenza rispetto al dirigismo in odore antisemita del predecessore Jeremy Corbyn.

Il leader dei laburisti, sir Keir Starmer

Il leader dei laburisti, sir Keir Starmer - Ansa

Ma ha urtato non poco ogni corrente del partito. Parlamentari come Anas Sarwar, Kate Osborne e Samuel Tarry gli hanno platealmente disobbedito. Se i sondaggi, oggi, registrano un vantaggio dei Labour sui Tory, come non lo si vedeva da anni, lo si deve, certo, ai guai dell’uscente Boris Johnson, non all’appeal del placido Starmer. È in questo vuoto di leadership che i sindacalisti hanno cominciato a guadagnare visibilità e consensi. Al popolo di sinistra piace, per esempio, Sharon Graham, 53 anni, la prima donna alla guida di Unite, che in un solo anno ha vinto l’80% delle controversie dichiarate. L’incubo biondo di British Airways, si dice di lei, ha creato con i proventi delle cause di lavoro un fondo da 150 milioni di sterline destinato in extra benefit agli associati. Molto in vista è anche Gary Smith, 55 anni, il leader di un’organizzazione vecchia più di 130 anni, Gmb, diventata bastione dei rider di Uber e Deliveroo. Si fa notare pure Dave Ward, 63 anni, ex fattorino dell’ufficio postale di Tooting, boss di un sindacato da 200mila tessere, la Communication Workers Union, che l’anno scorso ha votato per tagliare i finanziamenti ai Labour al di fuori delle quote di iscrizione. Scelta adottata anche da altre sigle che, pur rimanendo affiliate al partito, stanno di fatto chiudendo i rubinetti. Tra le stelle più luminose c’è inoltre quella di Mick Lynch, 60 anni, ex elettricista, al timone di Rmt da maggio 2021. La chiamata alle armi del «bad boy» può, letteralmente, fermare il Paese.

È un sostenitore del laburismo di vecchio stampo che si vanta di avere su TikTok più visualizzazioni di Beyoncé. I sindacati, certo, oggi non sono quelli a cui Margaret Thatcher diede battaglia negli anni ’80. Ma al loro attivismo, motore del neonato movimento contro il carovita «Enough is enought» (Quando è troppo, è troppo), stizzano l’occhio a quanti, come Andy Burnham, sindaco di Manchester, paiono pronti a fare le scarpe a Starmer proprio mentre a Downing Street è in arrivo una nuova (sedicente) Lady di ferro: Liz Truss, favorita nei sondaggi per l’elezione lunedì a premier.

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