venerdì 20 giugno 2025
Parola d’ordine: massima prudenza. L’Asse della resistenza, o ciò che ne rimane nella regione, monitora con le mani legate gli sviluppi della guerra tra Israele e Iran.
undefined

undefined - Infografici

COMMENTA E CONDIVIDI

Parola d’ordine: massima prudenza. L’Asse della resistenza, o ciò che ne rimane nella regione, monitora con le mani legate gli sviluppi della guerra tra Israele e Iran. A parte gli Houthi yemeniti, che continuano a tirare un paio di missili al giorno, gli altri “proxy” di Teheran, come l’Hezbollah libanese, minacciano «gravi conseguenze» in caso di attentato alla vita di Khamenei.

In Iraq, al premier Mohammed Shia al-Sudani spetta il delicato compito di impedire ogni coinvolgimento di gruppi paramilitari iracheni nell’attuale conflitto. Al costo di deludere la componente filo-iraniana all’interno del Quadro di coordinamento, la maggiore coalizione di partiti sciiti che lo ha portato al potere. Ogni passo falso – ammoniscono le diplomazie occidentali – può costare caro a un Paese che cerca invano una pacificazione duratura dal lontano 1980.

Ieri è intervenuto l’ayatollah Ali Sistani, il principale esponente sciita iracheno, mettendo in guardia contro qualsiasi attacco alla leadership iraniana. Una simile azione, ha detto Sistani, potrebbe innescare «un caos diffuso che aggraverebbe le sofferenze del suo popolo e danneggerebbe gravemente gli interessi di tutti». Nella sua politica di dissociazione dalle crisi regionali, Sudani ha trovato un prezioso alleato nella persona di Moqtada al-Sadr, estraneo alle profonde divergenze politiche che scuotono il Quadro di Coordinamento. Pur condannando la violazione israeliana della sovranità irachena, l’influente leader sciita ha sottolineato la necessità di risparmiare al popolo iracheno eventuali ripercussioni di un coinvolgimento.

L’Iraq, ha dichiarato Sadr in un comunicato diffuso venerdì, «non ha bisogno di nuove guerre», chiedendo di «mettere a tacere le voci individuali e impudenti». Sadr alludeva all’intervento fatto giovedì dal capo delle Brigate Sayyid al-Shuhada, in cui minacciava di attaccare gli interessi americani con decine di kamikaze in caso di una guerra contro l’Iran. Questa milizia filo-iraniana fa parte delle Forze di mobilitazione popolare (Pmf), l’organizzazione ombrello in cui sono raccolte diverse milizie sciite fatte poi confluire nell’esercito iracheno. È la seconda volta in pochi mesi che Sadr si appella alla «voce della saggezza». Lo ha fatto nei giorni cruciali che hanno determinato la caduta di Bashar al-Assad in Siria andando contro le pressioni iraniane sul governo di Baghdad. Subito dopo l'appello di Sadr, la sua corrente, chiamata “Brigate della pace”, ha diramato ai propri simpatizzanti l’ordine di «attenersi scrupolosamente» alle direttive che emanano dalla leadership religiosa sciita. Un modo per controbilanciare quelle voci che, sia dall’interno dello schieramento sciita, considerano che – coinvolgimento o meno in guerra – Israele non esiterà ad aprire una resa dei conti con Baghdad una volta chiusa l’avventura bellica in Iran.

Un segnale in tal senso, le periodiche pressioni esercitate da Washington sul governo di Baghdad per spingerlo a dissolvere le Pmf. Queste ultime, in verità, avevano “congelato” le proprie operazioni in base a un accordo con il governo di Baghdad siglato l’anno scorso. Nei primi mesi di guerra a Gaza, alcuni gruppi avevano partecipato – seppure sporadicamente – al lancio di droni e missili sia contro il territorio israeliano sia contro le basi americane presenti in Siria, e ciò come atto di solidarietà con le fazioni “sorelle” del cosiddetto Asse della resistenza.

Costretto a giostrarsi negli ultimi due decenni tra la forte influenza iraniana e l’ingombrante presenza americana, l’Iraq vede già profilarsi all'orizzonte nuovi grattacapi.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: