sabato 26 novembre 2016
L’immagine di quella stretta di mano a Cuba, il 21 gennaio 1998 con , rimase impressa nella storia. Il 27 marzo 2012 fu la volta di Ratzinger e, il 20 settembre 2015, la visita in clinica di Bergoglio
Giovanni Paolo II, Benedetto e Francesco: i tre Papi di Fidel
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Tra il 19 novembre 1996 e il 20 settembre 2015 sono trascorsi molto più di 19 anni. Quando, per la prima volta, Fidel Castro fu ricevuto in udienza da Giovanni Paolo II, la Guerra fredda era appena terminata e Cuba viveva una delle epoche di maggior crisi, economica e sociale, il cosiddetto “periodo speciale”. Quel giorno, il Comandante, in doppiopetto per l’occasione, invitò il Pontefice a visitare l’isola. Contro ogni previsione, papa Wojtyla realizzò il viaggio due anni dopo. Il Líder Máximo lo accolse alla discesa della scaletta dell’aereo.


Il primo viaggio

L’immagine di quella stretta di mano, il 21 gennaio 1998, rimase impressa nella storia. La Chiesa accompagnava Cuba nel suo doloroso travaglio, nella speranza che “l’isola si aprisse al mondo e il mondo a Cuba”, come disse il Santo Padre. Un appello forte a rompere l’isolamento internazionale in cui si dibatteva il Paese nel post-Guerra fredda. In segno di gratitudine e rispetto, Fidel si presentò a sorpresa alla Messa di Giovanni Paolo II alla Plaza de la Revolución, insieme al Nobel Gabriel García Márquez. Castro - che ebbe cinque incontro in totale con il papa polacco – avrebbe poi conosciuto anche i successori. Nel 2012, ormai lasciate le cariche ufficiali, chiese di vedere Benedetto XVI durante il suo viaggio nell’isola, il 27 marzo 2012. La riunione si svolse in nunziatura, prima della partenza del Pontefice. Fu un colloquio cordiale, infarcito di battute sull’età e scandito da numerose domande di Fidel sulla teologia e il ruolo della Chiesa.


«Che cosa fa un Papa?»

Tra cui la celebre frase: «Che cosa fa un Papa?». A papa Ratzinger Castro chiese, inoltre, qualche consiglio di lettura. Memore di ciò, papa Francesco ha regalato al Líder Máximo una serie di volumi quando l’ha incontrato, nel viaggio all’Avana, il 20 settembre 2015. A ricevere Bergoglio, nella sua casa-clinica, è stato un Fidel malato, in tuta da ginnastica ma ancora lucido e entusiasta di poter conoscere un Papa latinoamericano, nonché argentino, nazionalità che a Cuba è associata all’eroe della Revolución Ernesto Che Guevara. Un incontro, dunque, dal forte valore simbolico che ha riassunto in pochi scatti - come sottolinea Il Sismografo – oltre un secolo di storia latinoamericana. E simbolico è stato anche il dono di Francesco a Castro di un cd con le omelie di padre Armando Llorente, gesuita, docente di Fidel al collegio di Belém e suo amico.

L’affetto tra i due sopravvisse alla Revolución e all’espulsione della Compagnia dall’isola, avvenuta proprio per volontà del Líder Máximo. Tre anni prima di morire, nel 2010, padre Llorente affermò che avrebbe viaggiato subito a Cuba per confessare Castro se questi gliel’avesse chiesto. Ma prima – aggiunse – «gli darei un abbraccio». L’anziano sacerdote, dunque, dimostrò che è possibile continuare a parlarsi a dispetto delle differenze, delle polemiche, dei torti inferti e subiti. Un messaggio caro a Francesco che, con questo regalo, l’ha ricordato non solo a Fidel ma a quanti nel mondo continuano ad opporsi al dialogo.


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