mercoledì 31 gennaio 2024
Si toglie la vita negli Urali il tecnico che ha realizzato la bomba caduta su Kharkiv. In una lettera il rimorso e il dramma etico: un orrore e un incubo, non posso convivere con questo dolore
La lettera di Anton Gorabets, ingegnere russo che si è tolto la vita per aver costruito il missile che ha ucciso sua nonna a Kharkiv

La lettera di Anton Gorabets, ingegnere russo che si è tolto la vita per aver costruito il missile che ha ucciso sua nonna a Kharkiv - Telegram

COMMENTA E CONDIVIDI

«Ora sono diventato Morte». Non ha scritto la frase attribuita a Robert Oppenheimer mentre nel New Mexico assisteva alla prima esplosione dell’arma nucleare che aveva progettato. Ma c’è tutto il rimorso, il dramma etico e il tormento che ha sperimentato il padre della bomba atomica nella lettera di addio che Anton Gorabets ha fatto trovare accanto al suo cadavere. Ingegnere russo, fra le menti dell’ufficio ricerca di una delle fabbriche della joint-venture bellica Almaz-Antey, non ha resistito al macigno che gravava sulla sua coscienza: quello di aver ucciso la nonna in Ucraina con un missile che lui stesso aveva contribuito a realizzare. E si è tolto la vita dentro il bagno di casa a Izhevsk, città industriale russa non distante dagli Urali dove si trova lo stabilimento “Kupol” in cui lavorava. In una pagina scritta a mano, su un foglio a quadretti e con una grafia lineare, ne ha spiegato le ragioni. «Qualche giorno fa - si legge - il razzo alla cui costruzione avevo preso parte è caduto a Kharkov, nell’appartamento dove viveva mia nonna materna che è morta. Non potevo convivere con questo dolore. Ciò che ora sta accadendo è un orrore e un incubo. Mi rifiuto di continuare a prenderne ancora parte. Per favore, scusami, ma non posso più farlo».

Il cratere lasciato da uno dei missili russi caduti su Kharkiv il 23 gennaio che hanno ucciso 11 persone

Il cratere lasciato da uno dei missili russi caduti su Kharkiv il 23 gennaio che hanno ucciso 11 persone - Ansa

Ha scritto “Kharkov” alla russa, non “Kharkiv” come vuole la lingua ucraina. Ma è alla seconda città del Paese aggredito che si riferiva. Il 23 gennaio la metropoli a cinquanta chilometri dalla frontiera russa è stata attaccata di nuovo dal cielo. Per tre volte nella stessa giornata. Le bombe targate Mosca hanno danneggiato più di 250 edifici residenziali, secondo il Consiglio comunale. A conti fatti i morti sono stati undici. Fra i missili lanciati da oltre confine ci sono stati anche gli S-300, una delle famiglie di ordigni più utilizzati dall’esercito di Putin per colpire la città. Un dispositivo terra-aria d’impronta sovietica, entrato in servizio negli Anni ’70 come arma antiaerea e poi trasformato in sistema d’attacco che il Cremlino sta impiegando ampiamente nella guerra in Ucraina. Si contano su una mano le aziende che lo producono, almeno stando ai resoconti ufficiali: una è la Almaz-Antey, società statale specializzata in apparati missilistici da crociera e ottavo appaltatore mondiale della difesa. Quella di Anton. Quella da cui sono usciti gli S-300 che la scorsa settimana hanno devastato un condominio di cinque piani a Kharkiv in cui stava la madre della madre dell’ingegnere. «C’è anche la mia mano» dietro quegli omicidi, ha ammesso Gorabets. La vergogna lo ha spinto a uccidersi.

Lo stabilimento “Kupol” in Russia dove vengono prodotti i componenti per i missili S-300

Lo stabilimento “Kupol” in Russia dove vengono prodotti i componenti per i missili S-300 - kupol.ru

In Russia i canali Telegram hanno mostrato il corpo. E hanno riferito che gli investigatori non si dicono convinti del suicidio: piuttosto propendono per l’omicidio. «Perché non si può credere che qualcuno nella Federazione Russa sia così straziato nell’animo da arrivare alla morte», annotano con macabro sarcasmo i social ucraini che hanno rilanciato l’episodio. Fra quanti hanno reso noto l’accaduto anche Alexander Nevzorov, il regista e giornalista tv con un passato da deputato della Duma russa e da sostenitore di Putin che prima si è opposto all’annessione della Crimea e con l’inizio del conflitto su vasta scala è finito nella lista nera degli “agenti stranieri” per poi essere condannato a otto anni di carcere.

I mezzi militari prodotti nello stabilimento “Kupol” in Russia

I mezzi militari prodotti nello stabilimento “Kupol” in Russia - Servizio stampa di JSC IEMZ Kupol

L’arsenale russo è uno dei misteri della guerra che il 24 febbraio taglierà il traguardo dei due anni. Secondo una stima dell’intelligence ucraina, il Cremlino è in grado di fabbricare 100 missili al mese. La capacità produttiva è raddoppiata nell’ultimo anno; e nel 2024 potrebbe superare quota 120. Per assemblarli la Russia ha bisogno di tecnologia straniera che riesce a importare dall’estero nonostante le sanzioni. Come hanno attestato gli 007 di Kiev, più di 2.800 frammenti trovati fra i rottami delle bombe piombate in Ucraina arrivavano da fuori Russia. Il 48% dei componenti è fornito da aziende occidentali. In cima alla lista dei produttori di materiale bellico ottenuto da Mosca c’è il big Usa di semiconduttori Intel, seguito dalla cinese Huawei. Nella top 10 compaiano anche le statunitensi Ibm e Dell. In base a uno studio americano, la Russia aggira i blocchi internazionali facendo transitare ciò che serve all’industria degli armamenti in Cina e a Hong Kong, ma anche ricorrendo ai “canali” della Turchia e degli Emirati Arabi.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: