Il cessate il fuoco, poi un negoziato: il vertice alla prova del diritto

Ci sono requisiti legali da rispettare per arrivare a una pace autentica: dalla risoluzione Onu votata contro la Russia (col veto di Mosca) alle esecuzioni di civili, ecco cosa si deve tenere a me
August 13, 2025
Il cessate il fuoco, poi un negoziato: il vertice alla prova del diritto
Ansa | La stretta di mano tra Zelensky e Merz al vertice di Berlino mercoledì
Il vertice in Alaska non parte certo con buoni presupposti data l’assenza degli europei e di Zelensky e l’annuncio già anticipato di «scambi di territori», che in realtà sarebbero solo cessioni di territori ucraini, senza peraltro nessun riferimento a garanzie di sicurezza. Bene hanno fatto i leader europei a rappresentare le loro riserve: l’incontro Usa-Federazione Russa avrebbe un senso se riuscisse nell’imporre a Putin un cessate il fuoco assicurato da misure concrete (il richiamo va al progetto anglo-franco-tedesco) rinviando le condizioni più complesse della pace ad un tavolo di negoziati allargato a Nazioni Unite, Europa e Ucraina.
La Convenzione sul diritto dei Trattati non dà spazio ad una “pace” - che tale non sarebbe - imposta con l’aggressione in corso, o sotto la minaccia del ritiro degli aiuti degli Stati Uniti: mancherebbero i requisiti del consenso. È fondamentale partire da un cessate il fuoco reale e da un tavolo negoziale mediato da attori neutrali e indipendenti, che possano garantire un quadro di legittimità dei negoziati. Sul punto è bene non dimenticare che la Federazione Russa ha violato il divieto di « aggressione» ad una Nazione libera e indipendente, sancito nella Carta delle Nazioni Unite, nell’Atto finale di Helsinki e nello Statuto della Corte penale internazionale. Di fronte alle pretese di Putin sulla presunta unicità del Russkiy Mir è fondamentale riaffermare la Dichiarazione relativa ai principi di diritto internazionale concernenti le relazioni amichevoli e la cooperazione fra gli Stati (New York, 24 ottobre 1970 ). In essa si pongono norme inderogabili quali il «principio dell’eguaglianza sovrana degli Stati» e «l’eguaglianza dei diritti dei popoli e il loro diritto all’autodeterminazione».
Pur non volendo rifarsi al Memorandum di Budapest del 1994 e al Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione del 1997 che hanno sancito i confini originari dell’Ucraina (inclusa la Crimea), non possono comunque accantonarsi principi generali del diritto internazionale. Con l’ Order-Ukraine c. Russian Federation del 16 marzo 2022, la Corte internazionale di giustizia ha imposto a Mosca di sospendere «immediatamente le operazioni militari avviate il 24 febbraio», mentre anche l’ipotesi di escludere l’adesione dell’Ucraina alla Nato sarebbe una condizione contraria ai principi di autodeterminazione e al diritto di difesa di una Nazione aggredita. Al Consiglio di Sicurezza dell’Onu la Federazione Russa ha potere di veto ed è parte in causa: in supplenza l’Assemblea Generale in una rara “sessione d’urgenza” ha adottato la Risoluzione A/Es-11/l.1, condannando l’intervento russo e imponendo la cessazione delle ostilità. Solo 5 sono stati i voti contrari (Russia, Bielorussia, Eritrea, Corea del Nord e Siria), mentre 141 sono stati i voti favorevoli e 35 gli astenuti, tra cui Cina e India. La comunità internazionale si è dunque espressa e le decisioni dell’Onu non possono essere disattese da Trattati, specie se questi sono imposti con la minaccia delle armi. Le occupazioni attuali e quelle dal 2014 di Crimea e Donbass, le consultazioni referendarie e le dichiarazioni di annessione fatte sotto la minaccia dell’occupante non hanno valore legale, come sancito dall’Onu e da Corti internazionali. Una soluzione che voglia fare qualche concessione alle pretese russe per essere conforme al diritto internazionale potrebbe prevedere solo un status ad hoc di queste regioni: andranno smilitarizzate, poste sotto controllo dell’Onu e/o dell’Ue o di Stati garanti e avviate a un processo di ricostruzione e pacificazione che consenta il rientro degli ucraini fuggiti all’estero e prepari a nuovi referendum stavolta legittimamente riconosciuti.
Eventuali concessioni, ad esempio sulla Crimea, rientrano nella sola disponibilità dell’Ucraina. Non possono essere sottaciute le stragi di Bucha e di altre città, le esecuzioni sommarie di civili e prigionieri, così come non vanno dimenticati i bombardamenti su edifici civili, centrali elettriche e dighe, i trattamenti disumani, il trasferimento forzato di popolazioni, specie quello di minori dissimulato sotto forma di adozioni, tutti gravi crimini di guerra e contro l’umanità. L’alternativa alla Corte penale internazionale può essere un modello di “giustizia riparativa” che riconosca comunque le colpe collettive. In conclusione, c’è una responsabilità etica nelle relazioni internazionali che non può cedere il passo a un comitato d’affari o di delegati imperiali che ragionino secondo logiche di potenza. Accettare che Kiev ceda territori all’aggressore tradirebbe il sacrificio degli ucraini, oltre che tre anni di sostegno europeo. E costituirebbe un grave precedente per l’ordine internazionale, aprendo il vaso di Pandora di altre guerre di conquista.
Membro dell’International Law Association

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