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Blindati israeliani schierati al confine tra Israele e la Striscia di Gaza - ANSA
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«Un effettivo rifiuto», così una fonte del governo israeliano ha liquidato la controproposta di Hamas che ha risposto all’offerta di tregua americana. E dagli Usa l’inviato l’inviato della Casa Bianca Steve Witkoff, dopo ore di febbrili contatti, ha rimandato al mittente il tentativo di Hamas: «E’ una risposta inaccettabile che ci riporta solo indietro».
Gli estremisti avevano provato a rilanciare: più tempo per dilazionare la liberazione degli ostaggi, una serie di altre condizioni per rendere più complicata a Israele la ripresa della guerra al termine dei 60 giorni di cessate il fuoco. L’iniziale silenzio degli Usa era stato spiegato da un’altra fonte di Tel Aviv che al Time of Israel ha detto: «I mediatori stanno ancora lavorando per cercare di alleggerire alcune delle modifiche chieste». Nelle stesse ore una serie di razzi sono stati lanciati dalla Striscia di Gaza contro il territorio israeliano. Non ci sono stati feriti ma la raffica non ha contribuito ad abbassare i toni nel momento in cui a Tel Aviv dovevano decidere come reagire alla controproposta dei fondamentalisti. Hamas, dopo consultazioni con le altre fazioni di Gaza si era detta disponibile a liberare 10 ostaggi vivi e 18 morti, come richiesto dagli Usa, ma scaglionando i rilasci lungo tutti i 60 giorni del cessate il fuoco. La bozza americana prevedeva invece il ritorno a casa di 10 dei 20 civili israeliani ancora in vita in due fasi, ma nella prima settimana di tregua. La controproposta dei fondamentalisti sarebbe tesa a impedire che il premier Benjamin Netanyahu abbandoni i successivi colloqui per il cessate il fuoco permanente, promessi dagli Usa nella proposta di intesa, dopo avere ottenuto il rilascio dei 10 ostaggi. A quanto è stato possibile accertare attraverso fonti negoziali, nella Striscia vi sarebbero ancora 20 israeliani vivi, non si sa in quali condizioni di salute, e 38 uccisi negli oltre 600 giorni di conflitto. Nella nota fatta circolare da ambienti vicino agli emissari di Hamas a Doha, si sosteneva che pur accettando il piano Usa, la controproposta sui termini dei rilasci mirava «a raggiungere un cessate il fuoco permanente, un ritiro completo dalla Striscia e a garantire il flusso di aiuti al nostro popolo e alle nostre famiglie nella Striscia di Gaza».
L’ufficio del primo ministro non ha risposto immediatamente ma, secondo alcune indiscrezioni, il premier avrebbe convocato il consiglio di sicurezza: si temono nuovi attacchi massicci. All’inizio della settimana Benjamin Netanyahu aveva assicurato alle famiglie degli ostaggi di avere accettato la bozza presentata dall’inviato di Trump, Steve Witkoff. Le profonde divergenze tra Hamas e Israele avevano pregiudicato i precedenti tentativi di ripristinare un cessate il fuoco, interrotto a marzo con la ripresa delle ostilità. E come per rinnovare i dubbi su chi effettivamente oggi stia guidando Hamas, ricordando che fine fanno i leader dell’organizzazione armata, l’esercito israeliano ha confermato ufficialmente ieri di aver ucciso il 13 maggio anche Mohammad Sinwar, fratello minore del leader già eliminato Yahya Sinwar. Una dichiarazione in linea con quanto il primo ministro Benjamin Netanyahu aveva detto all’inizio di questa settimana. Mohammad Sinwar è stato il bersaglio di un attacco israeliano contro un ospedale nel sud di Gaza. Hamas non ha confermato né smentito la sua morte.
Apprensione per le decisioni israeliane è stata espressa nuovamente dal Forum delle famiglie degli ostaggi. Alcuni degli ex prigionieri di Hamas ieri nel corso di una affollata manifestazione a Tel Aviv hanno raccontato che nel corso del la prigionia diversi civili israeliani sono morti durante i bombardamenti del loro esercito, in alcuni casi soffocati dal fumo delle esplosioni che ha saturato i tunnel. Dalla Striscia di Gaza arrivano intanto le drammatiche immagini di una folla di migliaia di disperati che sopraggiunge nel punto di distribuzione degli aiuti.
Di nuovo ad essere stata assaltata è stata la “Gaza Humanitarian foundation” (Ghf), nata su impulso di Usa e Israele e che avrebbe dovuto dimostrare di potere gestire i soccorsi esautorando le Nazioni Unite. La Ghf usa ex militari che però ieri non hanno intimidito gli sfollati saltati fuori da dietro un terrapieno per contendersi cibo e altri materiali di prima necessità. La situazione umanitaria a Gaza si sta rapidamente deteriorando «a causa del grave blocco imposto da Israele», afferma il Programma alimentare mondiale dell’Onu.
Quella di oggi avrebbe dovuto essere una giornata storica, non solo per i possibili sviluppi negoziali. A Ramallah sarebbe dovuto arrivare per la prima volta il ministro degli Esteri dell’Arabia Saudita. Le autorità israeliane hanno però vietato al capo della diplomazia del regno di attraversare i confini e raggiungere il capoluogo politico della Palestina. Il vicepresidente palestinese Hussein al-Sheikh ha tuonato contro divieto parlando di «pericolosa escalation», riflesso di un «comportamento arrogante e provocatorio». Israele ha in corso negoziati con Riad e l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 mirava anche a impedire la firma di una intesa che avrebbe portato stabilità e inediti processi diplomatici in tutta l’area. Sul terreno resta il consueto bilancio fornito dalle autorità sanitarie di Gaza, controllate da Hamas, secondo cui prima del tramonto erano già 8 i civili uccisi. Alla vigilia di un’altra tremenda notte senza tregua.
Il cessate il fuoco
La durata della tregua è stabilita in 60 giorni, durante i quali riprenderà in maniera massiccia l’afflusso degli aiuti umanitari, distribuiti tramite l’Onu e le Ong. Gli Usa si faranno garanti della prosecuzione dei negoziati. Non si parla della fine della guerra
Gli ostaggi
Nella Striscia di Gaza restano 58 ostaggi, di cui una ventina vivi. Il primo giorno del cessate il fuoco è previsto il rilascio di cinque, senza cerimonie pubbliche. Altrettanti il settimo giorno. Oltre ai dieci ostaggi vivi, Hamas dovrebbe consegnare a Israele i cadaveri di altri diciotto rapiti
I detenuti
Lo scambio con gli ostaggi israeliani prevede la scarcerazione di 125 detenuti palestinesi che stanno scontando condanne all’ergastolo per terrorismo nelle carceri israeliane. Non è chiaro se saranno liberati in Cisgiordania o a Gaza
Gli arrestati
Israele si impegna a rilasciare anche 1.111 palestinesi arrestati a Gaza durante il conflitto, nei mesi successivi al massacro del 7 ottobre 2023. Nell’accordo rientrerebbe anche la consegna dei cadaveri di 180 palestinesi di Gaza attualmente nelle mani di Israele