domenica 14 marzo 2021
Sotto accusa Big Pharma che ha ottenuto alla Wto il «no» dei Grandi: restano i diritti sui farmaci. Fra tre mesi però si riparte. Il sud del mondo boccia l’idea delle licenze
Il piazza a Città del Capo in Sudafrica per l’abolizione dei brevetti sui vaccini anti-Covid

Il piazza a Città del Capo in Sudafrica per l’abolizione dei brevetti sui vaccini anti-Covid - Ansa

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La battaglia non è finita: il consiglio dell’Organizzazione mondiale del commercio ( Wto) si riunirà l’8 giugno. E di nuovo troverà sul tavolo la proposta di India e Sudafrica di sospendere i brevetti su cure e vaccini fino alla sconfitta del Covid. È lo stesso trattato di Marrekech – con cui è stata istituita la Wto – a consentire deroghe al cosiddetto accordo Trips sulla proprietà intellettuale. In circostanze di «particolare gravità». Come quelle attuali. «Se non ora, quando?», ha scritto su The Guardian il segretario dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus, in vista dell’ultimo summit di Ginevra, mercoledì scorso. Il suo appello, però, s’è infranto contro lo sbarramento preventivo dei Paesi del Nord del mondo, patria della grandi case farmaceutiche: Usa, Ue e Giappone in testa. La bozza, sulla base dell’istanza di Pretoria e New Delhi, non è nemmeno stata scritta, nonostante fosse sostenuta da oltre cento nazioni del Sud del pianeta.

E, così, la discussione è naufragata. Con grande soddisfazione di Big Pharma per cui il vaccino anti-Covid rappresenta un affare da 40 miliardi solo per il 2021. «Congelare i brevetti minerebbe la capacità di risposta globale di fronte alla pandemia», ha scritto la potente Pharmaceutical research and manifactures of America (Phrma) al presidente Usa, Joe Biden, il 5 marzo. Proprio l’emergenza sanitaria dà alle lobby del farmaco un potere contrattuale elevato: sono loro ad avere in mano l’arma decisiva contro il coronavirus. Anche se per “fabbricarla” hanno avuto ingenti fondi pubblici: 93 miliardi, secondo la Fondazione Kenup. La mancata condivisione si configura come un serio ostacolo alla diffusione dei farmaci anti-Covid. Con il rischio, in primo luogo, di creare un’apartheid vaccinale tra il “Club dei Grandi” – dieci Stati ricchi si sono accaparrati il 76 per cento delle scorte – e la metà povera del pianeta.

A febbraio, secondo l’Oms, 130 nazioni non avevano ricevuto una sola dose. Da allora, Covax, l’alleanza solidale per l’accesso universale al vaccino, ne ha raggiunte 38 (per quanto alcune in modo simbolico). Una novantina ne restano totalmente prive. Difficilmente, in queste condizioni, il mondo potrà raggiungere quell’immunità di popolazione globale indispensabile per eliminare il virus. Mai come in tempi di pandemia, siamo tutti su una stessa barca, come ha più volte ribadito papa Francesco. Per questo, Caritas Internationalis e il dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale del Vaticano hanno chiesto una riunione al Consiglio di sicurezza Onu sulla questione. Mentre il 23 febbraio, l’arcivescovo Ivan Jurkovic, osservatore permanente della Santa Sede alla Wto, si è pronunciato sospensione dei brevetti.

La concentrazione produttiva, inoltre, pregiudica anche molti Paesi del Nord, Italia inclusa, che fanno fatica a trovare le dosi necessarie. L’Ue, però, insiste. «I problemi produttivi non si risolvono sospendendo i brevetti», ha detto la portavoce della Commissione per il commercio, Miriam García Ferrer. In seno al fronte del Nord, invece, prende corpo l’ipotesi di una «terza via», sostenuta dalla stessa direttrice nigeriana della Wto, Ngozi Okonjo Iweala. Sono le «licenze volontarie »: la possibilità per le aziende titolari di trasferite il brevetto ad altre imprese locali – sulla base di accordi – le conoscenze necessarie alla produzione. «La nostra esperienza ci insegna che non funziona.

Il potere decisionale resta in mano ai titolari. Sono loro a scegliere a chi, come, quando, in cambio di quanto», spiega Silvia Mancini, di Medici senza frontiere, in prima linea per la sospensione. «I governi dei Paesi più ricchi del pianeta si sono assunti una grave responsabilità, che provocherà purtroppo moltissimi altri lutti», ha detto Vittorio Agnoletto di Diritto alla cura, la campagna europea a cui aderiscono 74 organizzazioni e che ha già raccolto 100mila firme per il congelamento delle licenze. Una maratona di sottoscrizioni sarà proposta il 7 aprile, Giornata mondiale per il diritto alla salute. La strada è lunga e in salita. «Ma la società civile – conclude l’esperta di sanità Nicoletta Dentico – non si arrende».

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