
Suor Martha Séïde - undefined
«L’educazione, le scuole e le università possono essere la via per salvare Haiti». A dirlo sembra un’utopia, una prospettiva impossibile, e lo sa anche l’interlocutrice che pronuncia queste parole: è suor Martha Séïde, nata e cresciuta ad Haiti e oggi residente in Italia. «La situazione a Port-au-Prince è molto, molto difficile, ma ad Haiti si impara a sperare contro ogni speranza. L’educazione è una strada reale, ci sarebbero passi molto concreti e urgenti da fare».
Séïde è professoressa alla Pontificia Facoltà di Scienze dell'Educazione «Auxilium» a Roma e ha una prospettiva particolare sulla situazione haitiana: lei è nata a Pétion-Ville, nella parte Ovest del Paese, e ha svolto la formazione alla vita consacrata nella congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice tra Haiti, Santo Domingo e Italia. Poi è tornata ad Haiti, come aveva sempre desiderato, prima di essere nuovamente richiamata in Italia. «Ciò che ha suscitato in me la vocazione alla vita religiosa è stato proprio il voler lavorare per la mia gente, per gli haitiani. Da giovanissima, quando vedevo le suore missionarie sul mio territorio pensavo che sarebbe stato bello essere una di loro. Ad Haiti ho lavorato con i bambini nelle scuole, negli oratori, mi sono occupata di educazione in vari ambiti. Poi però mi è stato chiesto di ristabilirmi in Italia per insegnare e, con grande fatica, ho lasciato il Paese». Oltre a mantenersi in costante contatto con le altre suore della sua congregazione ancora presenti Haiti, Suor Martha è tornata a Port-au-Prince periodicamente fino al 2022, soprattutto come professoressa in visita a diverse facoltà universitarie. Per questo può raccontare come è cambiata la situazione negli ultimi tre anni.
Séïde parte dai dati: «Secondo le Nazioni Unite, quasi 1600 scuole in 4 regioni di Haiti sono attualmente chiuse per la situazione di insicurezza, e altre 166 si sono dovute trasferire verso luoghi più sicuri - spiega -. Questi dati sono peggiorati moltissimo nei soli ultimi tre mesi: da gennaio, oltre 80mila studenti e 3mila insegnanti hanno dovuto lasciare la scuola. La situazione delle università non è diversa, anche perché la maggior parte degli atenei si trova proprio a Port-au-Prince». A compromettere fortemente il sistema universitario è la crisi che attanaglia il Paese e in particolare la capitale: gli attacchi delle bande armate, la violenza diffusa, l’estrema povertà, la fuga verso l’estero, la mancanza di infrastrutture. Spiega ancora suor Séïde: «La situazione rende l’accesso alle Università pericoloso o addirittura impossibile, così molti atenei sono stati costretti a interrompere le attività o dislocare le sedi fuori dalla capitale, con due conseguenti problemi: sono più difficili da raggiungere e spesso si trovano in luoghi dove non prende nemmeno internet, quindi sono bloccate anche le lezioni a distanza. La situazione è veramente drammatica».
C’è poi un altro tema determinante se si parla di educazione ad Haiti, a cui suor Séïde ha dedicato diversi suoi studi: «La scuola stessa va ripensata, deve essere riprogettata per rispondere meglio ai bisogni del Paese ed essere più incarnata nella realtà. Spesso si dice che la scuola haitiana prepara le persone per l’estero e in effetti il sistema scolastico ricalca molto quello francese, cioè dello stato che ha colonizzato Haiti fino al 1804. Si acquisiscono grandi competenze e si formano intellettuali, che poi però vanno negli Stati Uniti o in Canada come grandi medici o rettori delle università. Intanto, il Paese sta gemendo. La scuola deve essere più attenta alla realtà attuale, ad esempio io penso che si potrebbe puntare molto di più sull'educazione nel settore agricolo. Haiti ha tanto spazio non coltivato che potrebbe dare da mangiare alla sua gente». È fondamentale anche il sistema informale, rimarca Séïde: «I bambini che stanno in strada devono essere recuperati. Gli haitiani sono molto intelligenti, capaci, ma hanno bisogno di possibilità». Anche perché, continua suor Martha «un popolo non educato non potrà essere ispirato. E questo è fondamentale: più passa il tempo, più io penso che la situazione di Haiti non si risolverà con qualcuno che verrà dall’esterno. Siamo noi a doverci metterci la testa e le mani, con l'affiancamento, sì, degli aiuti internazionali, ma soprattutto con un movimento interno che viene dagli stessi haitiani».
Suor Martha negli anni passati ha portato anche esempi di attività concrete da introdurre nelle scuole, come aiutare gli studenti a scoprire e approfondire la propria identità culturale, riscoprire i personaggi significativi della storia e della rivoluzione haitiana come Toussaint Louverture (considerato padre della patria e della rivolta contro la schiavitù, ndr); oppure promuovere l’adozione di testi che decostruiscono la visione colonialista tradizionale e che sono redatti a partire dalla cultura haitiana; svolgere esperienze che portino ad avere il coraggio di rinunciare alle tradizioni culturali che non favoriscono la piena realizzazione della persona e che portino a uscire da una tendenza alla passività; educarsi al risparmio e alla progettualità.
Gli studi sul valore dell'educazione ad haiti continuano e rimangono al centro degli interessi di suor Séïde, che però non è da sola: la ricerca si allarga grazie anche alle studentesse che frequentano la Pontificia Facoltà di Scienze dell'Educazione «Auxilium». «Solo nell’ultimo anno ho avuto due studentesse haitiane che hanno svolto la loro tesi proprio sul valore dell’educazione nel Paese», conclude Séïde.