martedì 17 dicembre 2013
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E’ davvero impressionante osservare il flusso interminabile di persone che in questi giorni converge su Najaf, 160 chilometri a sud di Baghdad, per partecipare al pellegrinaggio al santuario dell’imam Ali, cugino e genero di Maometto, che gli sciiti considerano la seconda personalità più rilevante dell’islam dopo il fondatore. Per quaranta giorni dopo la festa dell’Ashura, arrivano da tutto l’Iraq, dall’Iran, dal Pakistan e da altri Paesi dove lo sciismo ha messo radici. E’ un gesto di popolo molto sentito, a cui partecipano intere famiglie, giovani, bambini, anziani, gente di ogni condizione sociale, percorrendo a piedi anche decine di chilometri. Le donne sono tutte rigorosamente coperte dal chador nero, in segno di lutto per ricordare il "martirio" di Ali.  Sulle strade sono state piantate migliaia di bandiere nere, rosse e verdi, molte vengono portate dai pellegrini, si incontrano decine di tende per ospitare chi arriva da lontano, centinaia di punti di ristoro e di bancarelle. Intorno al santuario l’atmosfera è insieme di festa, di lutto, di preghiera e di attesa per entrare in quello che gli sciiti considerano il terzo luogo sacro dell’islam, e che durante il regime di Saddam venne preso di mira dalla Guardia repubblicana a caccia degli oppositori che vi si erano rifugiati. Negli ultimi anni è stato visitato da 15 milioni di persone, ed è in corso di realizzazione un faraonico progetto di ampliamento che prevede la realizzazione di biblioteche, scuole e luoghi di incontro. All’interno dell’imponente moschea, sovrastata da una cupola d’oro, gli sciiti credono che siano sepolti anche Adamo, Eva e Noè. Ieri il santuario è stato visitato dagli italiani che, guidati da monsignor Liberio Andreatta, stano compiendo un pellegrinaggio in Iraq che tocca tra l’altro la Casa di Abramo a Ur e si conclude oggi (martedì) con la consegna alle comunità cristiane di Baghdad di alcuni doni, tra cui un frammento della veste indossata da Giovanni Paolo II quando, il 13 maggio 1981, fu vittima di un attentato in Piazza San Pietro. Nel corso della visita al santuario di Ali, il segretario generale della moschea, Diaa Aldin Zain al Din, ha accolto con grande cordialità i pellegrini sottolineando la necessità di costruire insieme percorsi di pace e ricordando che “gli iracheni sono un popolo solo, pur nelle sue diverse componenti religiose”. Il vescovo ausiliare di Baghdad, Shleiman Warduni, ha ricordato la felice coincidenza dei due pellegrinaggi: “Il nostro sogno, che oggi trova un piccolo ma significativo riscontro, è vedere tutti gli abitanti del nostro amato Paese lavorare per dare a questa terra martoriata un futuro più umano nel segno della convivenza e della pace”.
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