giovedì 12 agosto 2021
Secondo Andrew Pollard, infettivologo e direttore del centro di Oxford, a causa delle nuove varianti, «chiunque non sia ancora stato immunizzato incontrerà il virus a un certo punto»
Un centro per le vaccinazioni a Dandora, in Kenya

Un centro per le vaccinazioni a Dandora, in Kenya - Ansa

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Covid-19 e immunità di popolazione: secondo una parte della comunità scientifica mondiale, il binomio è inconciliabile. Almeno per il momento. Diversi sono gli articoli pubblicati al riguardo negli ultimi mesi. Ma a ribadirlo con estrema chiarezza, martedì, a Londra, è stato Andrew Pollard, direttore del centro vaccini dell’Università di Oxford. Intervenuto a un incontro con i parlamentari sull’evoluzione della pandemia, l’infettivologo pediatrico che ha contribuito anche a sviluppare la formula dell’antidoto AstraZeneca, ha sottolineato: «Questo virus non è il morbillo». Fino a quando continuerà a cambiare – ha aggiunto – infettando anche le persone già vaccinate, come succede con la variante Delta, «non sarà possibile» raggiungere alcuna immunità di comunità. Risale allo scorso marzo un articolo pubblicato da Nature sui motivi per cui la cosiddetta immunità di gregge al coronavirus è un obiettivo «probabilmente impossibile». Il problema della disomogenea distribuzione dei sieri contro il virus, veniva sottolineato, unito all’insorgenza delle varianti e alla limitata durata dell’immunità ottenuta con il vaccino hanno costretto gli epidemiologi ad abbandonare l’idea di prevedere a livello statistico la fine della pandemia.

Qualcuno, tra i ricercatori, ha persino cambiato il nome dell’algoritmo utilizzato per stimare i tempi entro cui ipotizzare la conclusione dell’ondata: da «via verso l’immunità di popolazione » a «via verso la normalità». Il ragionamento di Pollard non è molto diverso. «Sappiamo chiaramente che con l’attuale variante del Covid, la Delta, il virus continuerà a infettare le persone vaccinate. Questo significa – ha spiegato – che chiunque non sia ancora stato immunizzato incontrerà il virus a un certo punto». In futuro, ha aggiunto, «potrebbe emergere una variante capace di trasmettersi meglio tra le popolazioni vaccinate». Nasce da qui la raccomandazione a «non far ruotare i programmi di vaccinazione intorno all’immunità di comunità».

Ovvero a non associare l’idea che alti livelli di copertura vaccinale possano dare per vinta la battaglia conto il Covid-19, per quanto riducano drasticamente il rischio di morti e ricoveri. In genere, l’immunità di comunità a una determinata infezione si intende raggiunta quando, a fronte di un alto livello di copertura vaccinale (compreso tra 60 e 70 per cento) si possono considerare al sicuro anche le persone non vaccinate e quelle che non sono mai state infettate in precedenza. «Se il 95 per cento delle persone è stato vaccinato contro il morbillo – ha aggiunto – il virus non può trasmettersi nella popolazione». Ma il Covid- 19 non è il morbillo. Dopo aver smontato il “mito” dell’immunità di popolazione, Pollard è intervenuto anche a mettere in dubbio l’utilità e l’efficacia della campagna con cui il governo, che martedì ha visto salire al 75 per cento la copertura degli adulti vaccinati con due dosi, ambisce a somministrare i terzi richiami da settembre. A suo dire, l’iniziativa dovrebbe essere attivata solo se aumentasse in modo considerevole il numero delle persone completamente vaccinate che vengono ricoverate in ospedale o che muoiono a causa del virus. Lo scienziato considera l’iniziativa «inaccettabile», tra l’altro, visto che ci sono ancora Paesi a corto di vaccini. Gli antidoti, ha detto, dovrebbero andare «dove hanno maggiore impatto», non solo per ragioni etiche ma nell’interesse di tutti, come più volte sollecitato dall’Organizzazione mondiale della Sanità.

Se l’immunità di popolazione non è possibile, dunque, come impostare il futuro con il Covid-19? Il dibattito è aperto. Tra le diverse opzioni, gli scienziati puntano al tracciamento dei contagi e al sequenziamento del genoma Sars CoV-2 per monitorare l’evoluzione delle varianti. L’“osservata speciale” delle ultime settimane è la Lambda, identificata per la prima volta in Latinoamerica e già largamente diffusa in tutta l’America settentrionale fino al Canada. Lo studio delle varianti è essenziale inoltre nella ricerca sui vaccini. Uno studio statunitense condotto da Mayo Clinic enference, non ancora sottoposto a revisione paritaria, ha messo a confronto l’efficacia degli antidoti Moderna e Pfizer su un campione consistente di cittadini del Minnesota nel periodo di maggior diffusione delle varianti Alfa e Delta. I risultati dicono che a luglio, con la versione Delta del virus ormai dominante, l’efficacia contro il ricovero è rimasta elevata mentre quella contro l’infezione è risultata inferiore per tutti e due i prodotti scudo (Moderna 76 per cento, Pfizer 42 per cento), con una riduzione più pronunciata per il vaccino Pfizer.

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