venerdì 27 gennaio 2023
I rappresentati di 15 realtà religiose del Paese in guerra sono stati in visita in Vaticano e hanno incontrato anche papa Francesco. «Una tragedia usare la religione per giustificarsi»
La delegazione ucraina in visita ai reparti dell'Ospedale Gesù Bambino a Roma

La delegazione ucraina in visita ai reparti dell'Ospedale Gesù Bambino a Roma - Vatican Media

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In Ucraina «la situazione si sta aggravando». Non è possibile sapere quando la guerra finirà. Ma tutti i rappresentanti religiosi del Paese aggredito dalla Russia, raccolti nel Consiglio delle Chiese (che ha al suo interno 15 realtà ortodosse, cattoliche, evangeliche, ebraiche e musulmane) continuano a pregare per «una pace giusta». Lo hanno ricordato ieri i rappresentanti dell’organismo, che in Ucraina è considerato una Ong, incontrando i giornalisti a conclusione della visita che in questi giorni hanno svolto in Vaticano, incontrando anche il Papa. Ieri è stato anche confermato che gli ortodossi un tempo legati a Kirill si sono staccati dal patriarcato di Mosca.

Naturalmente, hanno spiegato i presenti rispondendo alle domande dei media, è stato rinnovato l’invito a Francesco a recarsi nel loro martoriato Paese. «Il Santo Padre - ha detto l'arcivescovo maggiore di Kiev Sviatoslav Shevchuk - segue gli sviluppi della situazione che si sta aggravando e cerca un momento giusto per venire. Non abbiamo ancora una risposta, ma il Papa è atteso da tutti gli ucraini, non solo dai cattolici».

Intanto, però, incombono le ragioni della difesa. Specie in presenza di attacchi missilistici che mietono vittime tra i civili e distruggono infrastrutture di vitale importanza. Alla domanda su come i capi religiosi ucraini valutino l’invio di armi da parte occidentale, Schevchuk ha risposto: «Se voi sapete come fermare i carri russi senza le armi, vi saremmo grati».

L’arcivescovo ha quindi aggiunto: «La guerra è sempre una sconfitta dell’umanità, un orrore, e deve essere condannata in se stessa. Io ho insegnato morale per tanti anni. Ma quando ho visto le fosse comuni, i cadaveri delle donne e dei giovani, ho pensato alla dottrina cattolica che avevo insegnato e mi sono chiesto: cosa possiamo fare adesso per fermare l’aggressore? Come possiamo proteggere la vita? Come possiamo fermare i carri armati russi senza usare le armi? È una domanda aperta e se voi lo sapete, vi saremmo grati della risposta».

Secondo Shevchuk, gli ucraini sono «costretti alla autodifesa. Ovviamente questa autodifesa deve essere proporzionata. Non sono un esperto militare e non so dire se adesso l’invio delle armi è proporzionato o no, ma aspettiamo che il mondo ci aiuti per difenderci perché da quando siamo stati aggrediti non abbiamo avuto i mezzi per la difesa». Il presule ha quindi esemplificato. «Come Consiglio delle Chiese abbiamo fatto appello al mondo per avere la possibilità di difendere il nostro cielo, abbattendo i missili russi. Quando si abbatte un missile, non muore nessuno né in Ucraina né in Russia. Ma quando un missile cade su una città, i morti e i feriti si contano a centinaia».

Quali dovrebbero essere, è stato chiesto ancora, le condizioni per una pace giusta? Schevchuk ha risposto: «Se ne è parlato nell’incontro con il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin (che ha ricordato la costante preghiera per la pace e i tentativi di aiutare l’Ucraina: «La guerra è un'offesa a Dio», ha detto il porporato, ndr). La prima condizione è la liberazione del territorio entro i confini riconosciuti dal diritto internazionale. Questo significa liberare la gente, che vive sotto l’occupazione e subisce angherie e torture di ogni genere (negli incontri di questi giorni in Vaticano si è parlato anche dei bimbi deportati, ndr).

Quindi la ricostruzione di quel che è stato distrutto, due terzi del potenziale economico ucraino. Poi bisogna fare giustizia con un Tribunale internazionale che giudichi i crimini di guerra dei russi: non si tratta di vendetta, ma di verità e giustizia». Infine l’arcivescovo maggiore di Kiev ha riferito lo spirito con cui la gente affronta la situazione: «Viviamo al buio, senza elettricità e riscaldamento. Ma anche senza russi».

Coincidenti le testimonianze degli altri intervenuti alla conferenza stampa: il vescovo della diocesi ucraina della Chiesa armena, Marcos, l’arcivescovo metropolita di Leopoli dei latini, Mieczyslaw Mokrzycki e Valery Antoniuk, capo dell’unione pan-ucraina delle Chiese dei cristiani evangelici battisti. Quest’ultimo in particolare ha ricordato come dietro questa guerra ci sia l’ideologia Russkkij Mir (letteralmente mondo russo, ma anche provocatoriamente “pace russa”), che viene proposta come l’ultimo baluardo dei valori cristiani nel mondo, contro un Occidente in preda alle forze del male. «Molti soldati russi sono convinti di combattere perciò una guerra santa», è stato notato.

Quanto invece alle proposte di legge per bandire la Chiesa russa dall’Ucraina, i leader hanno fatto presente che occorre contemperare «la libertà religiosa e la sicurezza nazionale». «Che qualcuno usi la religione per giustificare questa guerra è tragico. Dobbiamo imparare dai saggi musulmani che hanno preso le distanze dall’Isis» ha sottolineato Shevchuk, mettendo sullo stesso piano il Daesh e l’ideologia Russkkij Mir.

Prima della conferenza stampa i rappresentanti del Consiglio delle Chiese si erano recati all’Ospedale Bambino Gesù, come forma di ringraziamento per l’accoglienza di quasi 2mila bambini ucraini in fuga dalla guerra e bisognosi di cure. La presidente dell’Ospedale, Mariella Enoc, ha detto: «La missione del nostro Ospedale è aiutare i bambini del mondo. Essi non sono solo vittime della guerra, ma protagonisti del nostro futuro e hanno il diritto di essere felici». Il vescovo Marcos ha notato: «Non avete aperto solo le porte dell’ospedale ma anche il cuore».

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