sabato 16 giugno 2018
Completati i 764 chilometri della barriera. L’annuncio a una settimana dal voto per la riconferma del presidente. L’obiettivo fermare soprattutto le incursioni dei curdi
Un tratto della barriera che attraversa sei province turche  al confine siriano: Sanliurfa, Gaziantep, Kilis, Hatay, Mardin e Sirnak È composta da moduli alti due metri, sormontati dal filo spinato

Un tratto della barriera che attraversa sei province turche al confine siriano: Sanliurfa, Gaziantep, Kilis, Hatay, Mardin e Sirnak È composta da moduli alti due metri, sormontati dal filo spinato

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A poco più di una settimana da un test elettorale particolarmente importante per il futuro del Paese del 24 giugno, il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, aggiunge un’altra arma a quella che è una delle campagne elettorali più brevi, ma roventi, degli ultimi anni. La Turchia ha ultimato la costruzione del muro sul confine con la Siria. Stando a fonti del governo di Ankara riportate sulla stampa turca, la sua lunghezza totale è di 764 chilometri.

Di questi 564 sono stati costruiti dal Toki, l’agenzia che gestisce la pianificazione edilizia nel Paese, il resto dai governatorati delle sei province coinvolte, ossia Sanliurfa, Gaziantep, Kilis, Hatay, Mardin e Sirnak. La fortifica- zione è composta da moduli alti due metri e larghi tre, sormontati da una coltre di filo spinato. La struttura è completata da sofisticati apparecchi di sorveglianza e rilevamento di droni. Ufficialmente, il muro è stato costruito per impedire ai membri dell’organizzazione terroristica del Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, di oltrepassare il confine per andare ad aiutare la rete dei curdi siriani dello Ypg e viceversa. L’annuncio del suo completamento è arrivato, non a caso, pochi giorni dopo che Turchia e Stati Uniti hanno raggiunto un accordo sull’amministrazione della città di Manbij, a maggioranza curda e posta a soli 38 chilometri dal confine con la Turchia. Un luogo, secondo Ankara, particolarmente strategico per i curdi siriani dello Ypg, che infatti sono stati costretti al ritiro. Nello stesso tempo però impatterà anche sul flusso di migranti che scappano dalla guerra civile.

La minaccia terroristica curda è uno degli argomenti usati più di frequente dal presidente Erdogan durante questa campagna elettorale. Proprio la settimana scorsa, in un comizio nel sud-est del Paese, dove l’attività militare del Pkk è più sostenuta, il capo dello Stato ha detto di essere pronto ad andare a bombardare le alture di Kandil, nella Regione autonoma curda del Nord Iraq e non lontano dal confine con l’Iran. Intanto, però, lavora via terra. Nei giorni scorsi il governo di Baghdad ha chiesto conto ad Ankara di alcune operazioni all’intero del territorio nord iracheno di circa 30 chilometri. La risposta del premier, Binali Yildirim, è stata che la Turchia ha il diritto di eliminare ogni possibile minaccia e che non si fermerà fino a quando non avrà ottenuto il suo scopo.

Parole fatte per rassicurare un popolo, quello turco, che, però, eccessi di sicurezza all’interno negli ultimi anni ne ha visto anche troppi. Per questo motivo, Erdogan in uno degli ultimi comizi elettorali, ha annunciato che, se vincerà le elezioni, lavorerà per togliere, dopo quasi due anni, lo stato di emergenza nel Paese, che gli è servito anche per implementare le purghe post golpe. L’obiettivo del Capo di Stato è ottenere la maggioranza in parlamento e vincere le elezioni presidenziali al primo turno.

Secondo i maggiori sondaggisti, al momento sarebbe attestato intorno al 48% delle preferenze e quindi, secondo l’attuale legge elettorale, costretto ad andare al secondo turno, fissato per l’8 luglio, dove, con ogni probabilità, se la vedrà con il candidato del Chp, il partito del Popolo di orientamento laico e repubblicano, Muharrem Ince.

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