venerdì 6 novembre 2020
Il Paese africano, diviso tra anglofoni e francofoni, è nel caos. La violenza appare inarrestabile. Nessun dialogo tra governo e ribelli separatisti, sempre più divisi tra loro
il cardinale Christian Tumi, arcivescovo emerito della città di Douala nel sud del Camerun

il cardinale Christian Tumi, arcivescovo emerito della città di Douala nel sud del Camerun - Collaboratori

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Resta molto alta la tensione nel Camerun anglofono che sta sprofondando nel caos. Nei giorni scorsi in un attacco sono stati uccisi 7 bimbi in una scuola. E ieri un gruppo di individui armati ha seuestrato almeno dieci persone nella località di Baba, a qualche chilometro da Bamenda, capoluogo della regione Nord-ovest.

Tra i rapiti c’era anche il cardinale Christian Tumi, arcivescovo emerito della città meridionale di Douala, l’unico ad essere stato per il momento rilasciato. “Giovedì sera il cardinale Tumi e altre dieci persone sono state sequestrate sulla strada che porta verso Kumbo – ha riferito in un comunicato mons. Samuel Kleda, arcivescovo di Douala –. Invitiamo i fedeli a pregare per la loro pronta liberazione”.

Sono ancora molto confuse le informazioni riguardo alle dinamiche di questa vicenda. Dopo varie conferme e smentite, il cardinale Tumi sarebbe stato liberato ieri mattina.

Decine di persone dei villaggi intorno a Baba sono scese in strada per protestare contro il sequestro. Nelle mani dei rapitori rimangono ancora un re tradizionale, Fon Sehm Mbinglo II, l’autista del veicolo sui cui viaggiava il gruppo e altre otto persone. “Sembra che il responsabile del rapimento sia un certo ‘Generale Chaomao’ che aveva organizzato poco prima un posto di blocco sulla strada – sosteneva ieri la stampa camerunese –. I suoi uomini hanno portato l’intera delegazione nel loro campo militare dove li tengono tuttora”.

Secondo gran parte dei camerunesi, il cardinale Tumi era nel mirino dei miliziani anglofoni per aver promosso la riapertura delle scuole nelle due regioni, Nord-ovest e Sud-ovest.

I separatisti anglofoni hanno montato una rivolta nel 2017 che perdura fino a oggi. Mentre gran parte della popolazione ha manifestato pacificamente contro gli abusi di potere perpetrati per decenni dalle autorità a maggioranza francofone di Yaoundé, capitale del Camerun, alcuni cittadini hanno preso le armi.

I miliziani ribelli sono riusciti a uccidere militari e civili, rapire insegnanti e alunni, alcuni francofoni e altri anglofoni, portando la regione verso un pericoloso stato di anarchia. Pare inoltre che i separatisti che lottano per l’indipendenza della regione chiamata localmente Ambazonia ora si siano trasformati in tanti gruppi minori fatti di miliziani autonomi che non seguono una strategia comune.

Dieci giorni fa sono stati infatti massacrati a colpi di pistola e machete sette bambini in una scuola di Kumba, nella regione Sud-ovest, forse il più brutale attacco dall’inizio della rivolta. Nessuno l’ha rivendicato. Poche ore dopo alcuni insegnanti sono stati sequestrati e rilasciati nei giorni successivi. Secondo gli esperti, l’obiettivo dei gruppi armati anglofoni è quello di “attirare l’attenzione della comunità internazionale provocando violenze”.

Da quando è terminata la fase più difficile della pandemia di coronavirus, gli attacchi si sono intensificati. “Stiamo assistendo a un radicale aumento della pericolosità nelle regioni anglofone – spiega ad Avvenire Eric Pinlap, operatore umanitario camerunese presso l’organizzazione italiana, Arcs –. Purtroppo non sembra che ci sia più un dialogo tra i separatisti e il governo, e la crisi ci sta sfuggendo di mano”.



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