martedì 29 marzo 2022
Negli ospedali di Kharkiv e Leopoli il tasso di nascite pre-termine è raddoppiato o triplicato nelle ultime settimane. I medici rimangono nei raparti di terapia intensiva anche durante i raid russi
La piccola Katerina nata prematura a Mykolaiv

La piccola Katerina nata prematura a Mykolaiv - Ansa

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Viktoria è un fagottino di appena 800 grammi. Al riparo nella piccola astronave dell’incubatrice del reparto prenatale dell’ospedale di Leopoli, appare minuscola, fragile, indifesa. Un tubicino la tiene avvinghiata alla vita. Sua madre, Iryna Zelena, fa la spola tra lei e la sorellina gemella Veronika che, per fortuna, è già uscita dall’incubatrice. La storia di Iryna, raccolta dalla Bbc, è terribile rocambolesca: giorni interi rinchiusi in un bunker, la fuga da Kiev, l’arrivo a Leopoli, il parto. Con sette settimane di anticipo. Polina è ancora più minuscola. Pesa 600 grammi. Anche lei è nata prematura nell’ospedale di Kharkiv, altra città martellata dai missili di Putin. Viktoria e Polina non sono delle eccezioni. Anzi. La guerra, la paura, lo stress, le condizioni di vita disperate hanno creato una vera “epidemia” di parti prematuri. Nelle cliniche di Kharkiv e Leopoli il tasso di nascite pre-termine è raddoppiato o addirittura triplicato nelle ultime settimane.
«Infezioni, mancanza di assistenza medica, cattiva alimentazione: la guerra crea il rischio di parto prematuro», spiega la dottoressa Irtna Kondratova. «Il nostro tasso di natalità prematura era già alto, perché avevamo molte pazienti provenienti dal Donbass. Ora i prematuri rappresentano il 50% di tutti i parti». I reparti prenatali non sono solo la prova di quanto la vita sappia essere ostinata. Ma anche la testimonianza della generosità dei medici. Il personale dell’ospedale di Kharkiv rimane al suo posto, nel reparto di terapia intensiva, ogni volta che riecheggiano le sirene anti-aeree. «Non puoi portare – spiega ancora la dottoressa Kondratova – un bambino di 600 grammi nel seminterrato. Sarebbe un viaggio di sola andata. Quindi restiamo con i bambini e viviamo con loro i bombardamenti». Un rischio reale: sono già 70 gli attacchi censiti fino a oggi in Ucraina contro ospedali, ambulanze e medici. uando la sirena suona, Iryna porta la figlioletta Veronika nel rifugio antiaereo, ma deve lasciare Viktoria nella sua incubatrice, perché la piccola è troppo fragile per muoversi. «È davvero difficile – racconta –. Mi si spezza il cuore in due. Una bambina viene con me, l’altra rimane con i medici. In questa situazione, non posso fare altro: dobbiamo solo essere forti».

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