martedì 28 aprile 2015
L'esecuzione dell'Is è avvenuta a Bayda  La troupe era «dispersa» da otto mesi.
E su Twitter la foto di un neonato con una bomba a mano
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Torna l’incubo delle decapitazioni di massa in Libia, che questa volta prende a bersaglio i dipendenti di una televisione locale. Il Paese, devastato dalla guerra civile del dopo Gheddafi, è la nuova frontiera del jihad globale che cerca di radicare anche in quel Paese la sua presenza.  Un tweet dell’emittente “Barqa”, il nome arabo della Cirenaica, affermava che i corpi decapitati di sei libici erano stati trovati «vicino alla città di Bayda », una delle due sedi del governo di Tobruk. La troupe televisiva libica, riferisce la stessa emittente, «era stata data per dispersa otto mesi fa» e uno dei decapitati «è un cameraman egiziano che si chiama Mohamed Galal ». I decapitati, hanno precisato più tardi fonti locali, sono cinque e sarebbero stati «sgozzati»: oltre al cameraman egiziano, gli altri quattro erano libici (Khaled el Hamil el Sobhi, Younes el Mabrouk el Nofali, Abdallah el Qarqaii e Youssef Elmoudy Gaderbou). Nessuna notizia del sesto rapito.  L’uccisione non è stata rivendicata, ma la tecnica dello sgozzamento lascia supporre che la responsabilità sia dello Stato islamico. A Bayda, la città del ritrovamento situata un’ottantina di chilometri a ovest del «califfato » di Derna, in mano allo Stato islamico, si svolgono alcune riunioni del Parlamento e del governo di Tobruk. La cittadina è anche sede dell’Assemblea per la stesura della Costituzione. Così, dopo le decapitazioni dei 28 etiopi cristiani dello scorso 19 aprile, con una serie di foto dell’orrore pubblicate sulla rete web lo scorso 19 aprile, torna l’incubo delle esecuzioni di massa. I cinque giornalisti e cameraman uccisi non sono le prime vittime tra gli operatori dei media in Libia. Un operatore free lance di 33 anni, noto per il suo impegno anti-jihadista anche a livello politico, era stato ucciso con due colpi di arma da fuoco a Bengasi. In febbraio un rapporto dell’organizzazione per la tutela dei diritti umani Human Right Watch aveva indicato in otto il numero di reporter uccisi in Libia fra la metà del 2012 e lo scorso novembre. I casi di rapimenti e detenzioni arbitrarie soprattutto ad opera di sedicenti 'milizie' sono stati una trentina.  Intanto, nella notte fra domenica e lunedì, nuovi scontri a fuoco si sono verificati tra le milizie libiche di «Alba» e quelle dello Stato islamico a Sirte. Le milizie della brigata 166, fedeli al Congresso nazionale di Tripoli, hanno attaccato postazioni dell’Is e negli scontri si sono contati diversi morti e feriti causati da armi pesanti. Altri scontri sono avvenuti invece nella zona di Ghariyan, intorno a Tripoli, dove le forze di «Alba» stanno tentando di respingere l’avanzata delle truppe del generale Khalifa Haftar.
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