venerdì 2 settembre 2022
L'ambasciatore: «Il disastro ha fatto arretrare la nostra nazione di quasi un decennio in termini di sviluppo economico». L'appello dei vescovi: «Tutti uniti per aiutare»
Il dramma a Charsadda, la zona più colpita della provincia del Khyber Pakhtunkhwa

Il dramma a Charsadda, la zona più colpita della provincia del Khyber Pakhtunkhwa - Ansa

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Il bilancio delle alluvioni provocate in Pakistan da prolungate e intense piogge monsoniche si va aggravando, mentre le previsioni segnalano ulteriori precipitazioni per il mese che si è appena aperto. I dati sono allarmanti: 50mila sfollati già avviati nei campi di raccolta, i 33 milioni di abitanti interessati più direttamente dalla catastrofe ambientale su un terzo del territorio nazionale (di cui 6,4 milioni in condizioni di bisogno estremo, secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità), e almeno 1.200 morti, di cui un terzo sono bambini. I minori uccisi dagli allagamenti sono 399 bambini: una strage. A queste cifra, si associano le conseguenze economiche e le ripercussioni sul piano della disponibilità alimentare per i 220 milioni di pachistani, già prostrati da un’inflazione al 24 per cento.

Oggi il Pakistan è un Paese assediato da un nemico imprendibile e spietato. Nemmeno il massiccio dispiego dell’esercito, come pure l’impegno di individui e organizzazioni (tra cui la Caritas, in “prima linea” già da luglio) impegnati in iniziative di primo soccorso sembrano risolutivi, mentre la popolazione lotta a mani nude per costruire sbarramenti d’emergenza e cercare di salvare dall’acqua abitazioni e raccolti. A dare un’idea della situazione sono i dati pluviometrici: 190 per cento in più della media delle precipitazioni degli ultimi trent’anni nel periodo giugno-agosto; addirittura il 466 per cento in più nella provincia meridionale del Sindh, la più colpita. Il governo di Islamabad ha chiesto attraverso le Nazioni Unite un sostegno d’emergenza di 160 milioni di dollari. È stato anche chiesto anche all’India di favorire il passaggio di derrate alimentari abbassando i dazi verso il Pakistan.

A confermare la gravità di questo aspetto, lo stesso premier Shehbaz Sharif che visitando le regioni settentrionali ha segnalato come «il raccolto di riso sia stato spazzato via e frutta e vegetali siano scomparsi», insieme a si stima 700mila capi di bestiame. L’Unicef ha scattato un tragica fotografia della situazione dei minori nella catastrofe. Ricordando che sono 16 milioni i bambini colpiti direttamente dal disastro, di cui tre milioni richiedono un immediato intervento umanitario per evitare la diffusione di malattie. Il Fondo Onu per l’infanzia ha confermato che finora 287mila abitazioni sono andate completamente distrutte e altre 662mila in modo parziale; 17.566 gli edifici scolastici rasi al suolo o lesionati. La disponibilità di acqua sicura è pure gravemente ridotta, con il 30 per cento degli acquedotti oggi in varia misura danneggiati. A ricordare l’emergenza ma anche il necessario supporto internazionale è l’ambasciatore della Repubblica islamica del Pakistan in Italia, Jauhar Saleem: «L’Italia, da sempre amica del Pakistan, è stata di grande supporto nei momenti di bisogno, come nella devastazione delle alluvioni del 2011». Da qui la certezza che il nostro Paese non lascerà solo il Pakistan in questa situazione.

Il governo di Islamabad ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale che riguarda in particolare le province del Sindh e del Beluchistan, ma che interessa pure quelle del Punjab e di Khyber Pakhtunkhwa. «La devastazione causata dalle inondazioni sono strazianti e hanno fatto arretrare il Paese di quasi un decennio in termini di sviluppo economico», ha proseguito l’ambasciatore Saleem ricordando le conseguenze dei cambiamenti climatici che il suo Paese non riesce a contrastare per carenze strutturali e cronica mancanza di fondi. Mentre la stima di 10 miliardi di dollari di danni attende di essere aggiornata, l’appello delle autorità alla solidarietà mondiale sembra scontrarsi con i troppi limiti posti all’intervento delle Ong internazionali che in simili occasioni, come nel terremoto del 2005 e nelle catastrofiche inondazioni del 2010, avevano dato un contributo di grande rilievo. A segnalare le limitazioni in cui convergono volontà di controllo da parte dello Stato e il timore di azioni ostili da parte di gruppi tribali o di tendenza jihadista è stato il Pakistan Pakistan Humanitarian Forum, che coordina 38 organizzazioni umanitarie attive nel Paese.

L'appello dei vescovi: «Tutti uniti per aiutare»

«Lanciamo un appello all'intera nazione per offrire piena solidarietà alle persone colpite dall'alluvione e aiutarle a riprendersi dal disastro il più rapidamente possibile. Dobbiamo compiere ogni sforzo, in unità, per garantire che le persone non continuino a subire l'impatto terrificante di queste inondazioni, in termini di fame indigenza, mancanza di mezzi di sostentamento». Questo è il messaggio inviato all'Agenzia Fides dall'arcivescovo Joseph Arshad, vescovo di Islamabad-Rawalpindi e presidente della Conferenza episcopale cattolica del Pakistan. «La perdita di vite umane, la sofferenza, la distruzione di case, ponti, strade, raccolti e mezzi di sussistenza è vasta e grave. I cittadini, specie i contadini e i più poveri, hanno urgente bisogno di assistenza umanitaria. Migliaia di persone, specialmente le più vulnerabili, stanno affrontando la condizione di sfollamento interno e cercano aiuto per la sopravvivenza», racconta l'arcivescovo con preoccupazione.

«In questa situazione di grande emergenza, come Chiesa cattolica in Pakistan da un lato esprimiamo la nostra vicinanza e preghiera per i defunti e le loro famiglie, specialmente per coloro che hanno perso tutto: il Signore sostenga l'opera di quanti stanno portando sollievo ai bisognosi. D'altro canto desideriamo lanciare un accorato appello a tutti affinché possiamo rimanere uniti e lavorare insieme, governo e società civile, comunità religiose di tutte le fedi, persone ed enti di diversa ispirazione, per sostenere e aiutare quanti soffrono a causa di questa calamità. È il momento dell'unità, per portare frutti e venire incontro, con spirito di vera carità, al prossimo che è nell'indigenza e nella disperazione. I cristiani in Pakistan sono pronti a dare il loro contributo con spirito di amore e gratuità», conclude Arshad.

Nei giorni scorsi i leader delle Chiesa cristiane in Pakistan, cattolici e protestanti hanno unito la voce nel chiedere aiuto per le vittime, a livello nazionale e internazionale, dopo che il governo ha dichiarato lo stato di emergenza. All'Angelus di domenica 28 agosto, in piazza san Pietro, Papa Francesco ha invitato la comunità internazionale ad sostenere il Pakistan.




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