martedì 7 agosto 2012
​Il rover della Nasa (nella foto) - una sorta di laboratorio in formato robot, progettato per andare a caccia delle tracce di vita su Marte - ha raggiunto la superficie alle 7.31 ore italiane. La conferma è arrivata dai dati inviati dalla sonda Mars Odyssey, che ha seguito tutta la fase di atterraggio.
Domande universali di Fiorenzo Facchini
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​ La grande avventura di "Curiosity", il sofisticatissimo laboratorio lanciato verso Marte nel novembre dello scorso anno, si è dunque conclusa felicemente alle 7.31 (ora italiana) di ieri e la cosa, detta così, sembrerebbe una faccenda di ordinaria amministrazione spaziale, ma se andiamo ad analizzare nel dettaglio i numeri di questa missione c’è davvero da restare sbigottiti, senza considerare che inviare sonde verso Marte non è mai stato facile perché, dati statistici alla mano, oltre la metà dei "veicoli" inviati sul "pianeta rosso" non è mai arrivata a destinazione. La sonda, infatti, ha appoggiato le sue sei ruote sul "pianeta rosso" dopo un viaggio di otto mesi durante i quali ha percorso quasi 600 milioni di chilometri e ha perfettamente centrato l’obiettivo di atterraggio, una zona del cratere Gale lunga 20 Km e larga 7. Una precisione davvero chirurgica che alla vigilia dell’impatto era stata illustrata da Steve Sell con questo efficacissimo paragone: «Sarà come entrare dentro alla cruna di un ago dopo aver viaggiato nello spazio per 567 milioni di Km!» o, se preferite un paragone più terra terra, è stato come colpire una moneta di un euro da una distanza di 2500 Km. E visto che siamo in tema di monete, non è male fare i conti in tasca a questa missione spaziale, il cui costo è stato stimato in 2.5 miliardi di dollari, una bella somma che sarebbe andata in fumo se "Curiosity" avesse fallito l’obiettivo. E invece tutto è andato per il verso giusto e perfino la tempesta di polvere che stava imperversando nell’emisfero sud del pianeta si è andata attenuando e ha consentito alla sonda di atterrare in condizioni meteo favorevoli.*Il momento critico della missione coincideva coi conclusivi sette minuti di atterraggio, un lasso di tempo che i tecnici della Nasa avevano definito "gli ultimi sette minuti di terrore", con quel numero "sette" che aveva un sapore quasi biblico e che voleva mettere in evidenza la circostanza che in quei sette minuti la sonda avrebbe dovuto fare tutto da sola. Si è trattato di un atterraggio storico, mai tentato prima, ma ritenuto necessario dalla particolare stazza della sonda, grande come un’automobile di media cilindrata e pesante quasi una tonnellata. Il sistema tradizionale degli airbag, infatti, era stato abbandonato perché avrebbe fatto rimbalzare la sonda diverse volte prima di fermarsi, mentre questa volta c’era la necessità di centrare in modo preciso il punto di atterraggio e dunque non ci si poteva affidare alle incertezze dei rimbalzi. Il conteggio dei "sette minuti di terrore" era iniziato quando "Curiosity" si trovava a 130 chilometri d’altezza e stava entrando a 21 mila km/h dentro all’atmosfera di Marte. A questo punto la sua velocità è stata notevolmente ridotta grazie a un gigantesco paracadute, un pipistrello di 16 metri di diametro, il più grande paracadute che si sia mai aperto nello spazio, e giunto a un chilometro e mezzo di altezza dalla superficie del pianeta otto razzi hanno frenato il veicolo fino a farlo galleggiare a una ventina di metri dal suolo. A questo punto dalla navicella-madre è sceso finalmente "Curiosity" che, appeso a tre cavi di nylon, si è posato dolcemente al suolo. E al contatto con la superficie un sistema esplosivo ha tagliato i cavi di nylon e il veicolo-madre è volato via per consentire a "Curiosity" di lavorare nella più perfetta tranquillità. "Curiosity" è un laboratorio straordinario dotato di strumentazioni al limite della fantascienza e rappresenta un notevole salto di qualità rispetto alle ultime sonde marziane, molte delle quali sono ancora rimaste nella memoria della gente, come il piccolo "Sojourner" lanciato nel 1997 o i più recenti "Spirit" e "Opportunity" del 2004. Grazie a queste sonde sono state acquisite importanti informazioni sull’idrologia e la geologia del pianeta ma il chiodo fisso dei ricercatori è sempre stato il problema della vita su Marte, una antica questione messa sul tappeto dalle prime osservazioni telescopiche effettuate dal nostro Virginio Schiaparelli quando si cominciò a ipotizzare l’esistenza di abitatori del pianeta che in tempi lontani avrebbero addirittura costruito "canali". Dai tempi di Schiaparelli ad oggi le cose sono cambiate e i moderni astronomi non vanno di certo alla ricerca degli omini verdi con le antenne, ma polarizzano loro attenzione sull’esistenza di molecole organiche. È quanto farà "Curiosity", col suo laser e il suo trapano per scoprire sotto la superficie del pianeta le tracce di una vita passata sul pianeta più famoso e "chiacchierato" del nostro sistema solare.
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