Netanyahu chiede la grazia al presidente Herzog
di Redazione
In una lettera il premier israeliano spiega di voler "continuare a operare per il bene dello Stato di Israele". Dal 2020 sotto processo per corruzione

Ci aveva già provato Donald Trump, respinto con tatto dal presidente israeliano Isaac Herzog. Alla fine Benyamin Netanyahu ha deciso di fare lui stesso un passo formale e chiedere al capo dello Stato di concedergli la grazia. In una lettera che accompagna la richiesta avanzata dal suo avvocato, il premier ha spiegato di voler così "continuare a operare interamente per il bene dello Stato di Israele, senza che il processo giudiziario in corso continui a dividere il popolo e a influenzare decisioni governative".
L'ufficio del presidente ha parlato di "richiesta straordinaria con implicazioni significative" e ha assicurato che Herzog, sentiti "tutti i pareri pertinenti", deciderà "con responsabilità e sincerità". Sotto processo dal 2020 con le accuse di corruzione, frode e abuso di fiducia in tre distinti casi, Netanyahu ha di nuovo rivendicato in un video la propria innocenza, sottolineando che il suo "interesse personale" sarebbe quello di "proseguire il processo fino alla piena assoluzione". Ma il procedimento in corso, che potrebbe durare ancora anni, "sta lacerando il Paese dall'interno", mentre Israele ha bisogno di "una riconciliazione nazionale di tutti i cittadini". Di fronte alle "sfide e opportunità enormi" che attendono lo Stato ebraico, "la realtà della sicurezza e della situazione politica e l'interesse nazionale impongono quindi un'altra strada", ha spiegato il premier, ricordando che anche Trump, in una lettera a Herzog a metà novembre, aveva "chiesto la fine immediata del processo, in modo che insieme potessimo promuovere interessi vitali condivisi da Israele e Stati Uniti durante una finestra temporale che difficilmente si ripresenterà". "Ci ho riflettuto a lungo - ha poi affermato Netanyahu - e ciò che ha fatto pendere la bilancia è il fatto che mi venga richiesto di testimoniare tre volte alla settimana. È una richiesta impossibile". Il piano di Netanyahu sarebbe quindi quello di continuare a guidare il Paese una volta ottenuta la clemenza. Con i ministri che fanno quadrato attorno al loro premier, rilanciando la richiesta di porre fine alla "persecuzione da parte di un sistema giudiziario corrotto che ha inventato casi politicizzati", come ha twittato il titolare delle Finanze, Bezalel Smotrich, e insistendo sulla necessità di ricomporre le fratture nella società israeliana.
L'opposizione lancia invece a Herzog appelli di segno opposto: "Presidente, non può concedere la grazia a Netanyahu senza un'ammissione di colpa, l'espressione di pentimento e il ritiro immediato dalla vita politica", ha affermato il leader centrista, Yair Lapid. "Solo i colpevoli chiedono la grazia", ha rincarato il leader del partito democratico Yair Golan, mentre secondo Benny Gantz, leader del partito Blu e Bianco, la richiesta del primo ministro "è una bufala assoluta", concepita per distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica dalla controversa legge che esenta gli ultraortodossi dal servizio di leva all'esame della Knesset. "Netanyahu, smetti di danneggiare la democrazia, vai alle elezioni e solo allora chiedi un patteggiamento o la grazia", gli ha intimato Ganz sullo sfondo del ritorno alle urne previsto nel 2026. La richiesta subirà ora diversi passaggi formali, prima attraverso il ministero della Giustizia per poi tornare all'ufficio legale del presidente. Un funzionario della presidenza ha fatto sapere ai media che "ci vorranno settimane o mesi, non è una questione giorni". La grazia presidenziale a processo ancora in corso è stata concessa solo una volta nella storia di Israele: il caso, noto come Kav 300 e risalente alla metà degli anni '80, riguardava funzionari dello Shin Bet. Ironia della sorte, il capo dello Stato era allora Chaim Herzog, padre dell'attuale presidente Isaac.
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