«Mi dimetto se Kiev entra nella Nato»: la sfida di Zelensky a Trump

Dallo “scippo” delle terre rare fino all’appello alla Cina perché possa persuadere Putin: «Non è il tempo delle emozioni ma del pragmatismo»
February 22, 2025
«Mi dimetto se Kiev entra nella Nato»: la sfida di Zelensky a Trump
Ansa | Il presidente ucraino durante la conferenza stampa per i tre anni di guerra
Alla provocazione di Trump, che gli ha dato del “dittatore”, reagisce con un’altra provocazione: “Mi dimetterò se questo garantirà l’ingresso dell’Ucraina nella Nato”. Non solo, “non accetterò che l’Ucraina da Paese aggredito divenga Paese debitore”. Nella domenica che precede il terzo anno di guerra, il presidente Volodymyr Zelensky incontra la stampa internazionale insieme ad altri membri del suo governo.
Prima l’ipotesi di sue dimissioni per cedere alle pressioni di Trump: “Se ciò significa pace per l'Ucraina, se avete bisogno che io lasci il mio posto, sono pronto”, ha detto Zelenskiy con aria irritata rispondendo alle domande dei giornalisti che gli hanno chiesto di commentare le parole di Trump, secondo cui il presidente ucraino non sarebbe altro che un “comico mediocre” oltre che un “dittatore senza legittimità”.
La legislazione ucraina vieta lo svolgimento di elezioni durante lo stato di legge marziale, dichiarato il giorno dell'invasione russa nel febbraio 2022. Trump aveva anche affermato che Zelenskiy ha un indice di gradimento del 4%. "Non sarò al potere per decenni, ma non permetteremo a Putin di essere al potere per decenni sui territori dell'Ucraina", ha detto il presidente che si è spinto perfino a chiedere l’aiuto della Cina, “affinché sia in grado di persuadere Putin riaffermando il principio dell’integrità territoriale”. Un tema caro a Pechino che sul fronte interno minaccia ritorsioni contro chiunque voglia ridisegnare i confini della sovranità cinese.
Un sondaggio di questa settimana dava il gradimento di Zelensky passare dal 54 al 63%, facendo risalire le quotazioni del leader ucraino dopo un periodo di costante discesa. Merito del voltafaccia di Trump a cui Zelensky rivolge un appello: quello di non essere semplicemente un mediatore ma un partner dell’Ucraina.
Sul piatto il tycoon ha messo le “terre rare”, quei preziosi minerali che l’Ucraina possiede ma che non ha abbastanza esplorato. Zelenskiy ha rifiutato di firmare una proposta dettagliata degli Stati Uniti, che avrebbe visto Washington ricevere il 50% dei “minerali critici”, tra cui grafite, uranio, titanio e litio. Kyev è disponibile a un accordo, ma ottenendo in cambio garanzie di sicurezza per l’Ucraina. Il ministro dell'Economia Yuliia Svyrydenko spiegato che nel 18% di territorio conquistato da Mosca si trovano circa 350 miliardi di dollari di “terre rare”.
Con l’amministrazione Trump non è ancora un vero muro contro muro. Dalla qualità e dal metodo dell’intesa per i minerali dipenderà il negoziato per la fine della guerra. Kiev non vuole dare l’idea di accettare la svendita del Paese. Tuttavia sa di dover fare concessioni. Andriy Yermak, capo dello staff del presidente, ha rivelato di aver avuto nuovi colloqui costruttivi con alti funzionari Usa: "Stiamo andando avanti con il nostro lavoro. Si è trattato di una discussione costruttiva". Un messaggio dalla capitale Ucraina però non viene nascosto, e lo spedisce il capo del servizio segreto, l'imperscrutabile Budanov: “Stiamo lavorando a delle alternative alla connessione Starlink”. Alcuni osservatori non escludono che si tratti di un bluff. Starlink è la rete internet satellitare fornita dagli Usa attraverso Elon Musk. Nei giorni scorsi sono state fatte trapelare voci (smentite accuratamente dopo molte ore) secondo cui Washington davanti alle posizioni negoziali di Kiev potrebbe schiacciare il pulsante “off” e lasciare l’Ucraina senza rete internet stabile, essenziale per l’esercito. Ma se davvero Kiev fosse in grado di rimpiazzarla almeno in parte, salvaguardando le comunicazioni militari, Trump avrebbe un’arma di pressione in meno.

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