L'India punta sempre più allo Spazio

New Delhi prevede di lanciare 52 satelliti entro il prossimo quinquennio. E allo sviluppo tecnologico si intrecciano le ambizioni militari del Paese asiatico
June 10, 2025
L'India punta sempre più allo Spazio
ANSA | Il lancio del razzo GSLV-F15 che trasporta il satellite di navigazione NVS-02 lo scorso gennaio
Rampante, ambizioso e sempre più globale. Con un occhio al presente e uno sguardo proiettato al futuro, il comparto spaziale indiano ha stretto partneriati strategici con gli Usa e l’Europa e ampliato la rete di accordi tematici a 61 Paesi e 5 organizzazioni multilaterali. Ha offerto il suo savoir faire al monitoraggio climatico-ambientale del quadrante asiatico meridionale; si è fatto alfiere delle ambizioni spaziali del sud del mondo e sta dialogando alla pari con la quadrilaterale di sicurezza asiatica. Cresce anche in India l’interesse per i servizi internet della costellazione Starlink, creatura della SpaceX del magnate Elon Musk, e il Paese si sta attrezzando per la competizione geostrategica con Cina e Pakistan. Prevede di lanciare 52 satelliti entro il prossimo quinquennio e si sta smarcando progressivamente dall’archetipo d’antan, dal disegno originario del padre del programma spaziale nazionale, lo scienziato Vikram Sarabhai, che aveva segnato gli esordi di Nuova Dehli nello spazio, con intenti prettamente irenici. Era un’altra epoca, purtroppo tramontata.
Oggi la space economy indiana è un mix di potenzialità civili e militari, con lanciatori nazionali, programmi di esplorazione lunare e marziana, prossima partecipazione ai lavori della stazione spaziale internazionale, aperta ai partneriati pubblico-privati, in crescita per valore dagli 8,4 miliardi di dollari del 2022 ai probabili 44 miliardi del prossimo decennio. Si è fatto duale lo spazio, anche sulle sponde del Gange: pur mancando ancora di un comando militare ad hoc e di una forza aerospaziale, ha una strategia militare che traccia i lineamenti e le linee di indirizzo, protese a innervare forze armate e comunità d’intelligence di molteplici risorse, divenute imprescindibili per la sincronizzazione del combattimento multidominio, per il targeting guidato, la navigazione, le comunicazioni, la disponibilità di immagini, le previsioni meteo e gli indicatori di allarme.
Sebbene si sia mossa in ritardo rispetto al rivale cinese, Dehli sta recuperando terreno, nonostante lo smacco recente nel lancio di un satellite da osservazione della terra. Ha creato sette anni fa un organismo interforze: 200 uomini circa in forza all’Agenzia spaziale per la Difesa, un ente con quartier generale a Bangalore, fucina di talenti e di high-tech. L’irrobustimento e la pulsione verso qualcosa di molto più strutturato aveva preso le mosse dalle valutazioni posteriori alla guerra di Kargil. Input da cui è nata l’esigenza di avere comandi interarma per le operazioni cibernetiche, le forze speciali e lo spazio, settore che federa al suo interno enti preesistenti.
Oggi c’è interrelazione fra organizzazioni militari e civili: la Dsro si occupa dello sviluppo capacitivo, dei sensori, dei sistemi spaziali militari e degli assetti contro-spazio e, pur non dipendendo dall’Agenzia spaziale per la difesa, l’Indian space research organization, di natura civile, ne è spalla e partner perché sviluppa e opera i lanciatori nazionali. Partita negli anni ’60, l’avventura spaziale indiana è forte oggi di 127 satelliti. Una decina circa sarebbero quelli spia, a fronte degli oltre 500 cinesi, visti in campo nella recente fiammata bellica indo-pachistana e capaci di tenere d’occhio pure Taiwan e il Pacifico occidentale. Satelliti che giocano un ruolo nel comando e controllo dei droni, nella guida dei missili, e che sono parte integrante delle capacità strategiche: secondo alcune fonti, un’iterazione dei sensori indiani Gsat serve alle trasmissioni dei comandi dei sottomarini lanciamissili balistici nucleari; altri satelliti fungono da ponti per la ritrasmissione di dati, in un’osmosi continua fra cosmo e terra.

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