La risposta di Putin sulle città ucraine: la notte «più pesante della guerra»
di Nello Scavo
L’intensificarsi delle operazioni russe è arrivato dopo il via libera di Washington alla consegna di nuovi equipaggiamenti agli ucraini

Tutto nell’oscurità: 120 attacchi ogni ora, 2 al minuto. Quando alle 6.15 le sirene hanno smesso di suonare, tutti in Ucraina avevano capito di aver fatto i conti con una delle peggiori notti di sempre. Dopo l’attacco di Trump a Putin e alla vigilia del vertice di Roma.
I militari contabilizzavano le armi scagliate dalla Russia: 728 droni, 13 missili. I soccorritori contavano le vittime: altri 6 morti, 39 feriti. Non fossero tornati a vegliare nei rifugi, come ai primi tempi della guerra che ha passato i mille giorni, sarebbe stata una carneficina. I radar hanno mostrato per tutta la notte i tracciati di centinaia di velivoli senza pilota attraversare da ogni direzione i cieli dell’Ucraina, spingendosi fino all’estremo occidente, nella quasi mai intaccata città di Lutsk, al confine con la Polonia, che nel frattempo aveva messo in volo i suoi caccia per proteggere lo spazio aereo.
L'aeronautica ucraina ha riferito di avere identificato 728 droni di tipo Shahed, oltre a 13 missili da crociera e missili balistici: «718 obiettivi sono stati neutralizzati», assicurano da Kiev. La contabilità va letta in controluce. In realtà non vuol dire che tutti i 718 ordigni sono stati tolti di mezzo, mentre solo una decina hanno raggiunto infrastrutture civili e militari. In realtà 296 droni sono stati abbattuti, 7 missili da crociera intercettati, la metà di quelli sparati. I restanti 415 droni sono andati perduti precipitando fuori dai centri abitati dopo essere stati dirottati dai sistemi di guerra elettronica. Altri sono invece piombati al suolo dopo aver esaurito il carburante. A Kherson, nell’estremo lembo meridionale, dove la regione è per metà controllata dai russi, se la sono vista peggio. Il governatore Oleksandr Prokudin ha confermato la morte di un civile e il ferimento di altri 17. Gli abitanti di una dozzina di villaggi si sono trovati senza alcuna via di fuga. Mentre i droni puntavano il muso sugli obiettivi assegnati, dalla riva fino all’entroterra quasi disabitato di Schevchenkove, annunciandosi con il consueto assordante ronzio, l’artiglieria russa appostata sull’altra riva del Dnipro ha aperto il fuoco incessantemente, bersagliando condomini, case singole e alcune fattorie. Fuoco da terra e fuoco dall’alto. «L’unico scampo erano le mura di casa», raccontano i superstiti che nonostante l’ordine del governo, si ostinano a non lasciare villaggi pressoché fantasma. Solo sul distretto di Zaporizhia sono piovuti 482 droni addosso a 14 insediamenti.
Quello inviato da Mosca è un messaggio chiaro. Per Kiev, l’opportunità per tornare ad alzare il volume e invocare almeno le armi per la difesa. Washington ha dato il via libera dopo che la responsabilità per lo stop alle forniture è caduta sul segretario alla Difesa, Pete Hegseth, che non avrebbe informato la Casa Bianca prima di autorizzare la sospensione delle spedizioni all'Ucraina.
Ma non c’è solo la guerra che fa chiasso, a Kiev si giocano partite tra spie e altre per la gestione del potere interno, con il presidente Zelensky tentato da un rimpasto, specie dopo aver letto gli ultimi sondaggi.
Ieri il servizio segreto Sbu ha arrestato due cittadini cinesi, sospettati di aver tentato di rubare tecnologia militare. Secondo l’intelligence i due orientali, un ex studente di 24 anni di un'università tecnica di Kiev e suo padre, stavano raccogliendo documentazione segreta con l'intento di trasmetterla a Pechino.
A preoccupare la leadership proprio nei giorni del vertice a Roma, sono le ultime notizie dai centri di statistica. Secondo un nuovo sondaggio pubblicato ieri dal “Rating Sociological Group”, l’ex comandante delle forze armate Valerii Zaluzhnyi, resta la figura pubblica più affidabile del Paese, davanti al presidente Volodymyr Zelensky e al capo dell'intelligence militare Kyrylo Budanov. Secondo i ricercatori, il 73% degli ucraini si fida di Zaluzhnyi, rimosso dall'incarico nel febbraio 2024 e inviato a Londra come ambasciatore, ma che continua a godere di un forte sostegno pubblico. Al contrario del suo successore, il generale Oleksandr Syrskyi, che ha riceve il 41% del sostegno. Zelensky ha riscosso la fiducia del 67% degli intervistati, e il primo ministro Denys Shmyhal arriva a malapena al 25%. Un altro sondaggio di giugno pubblicato dall'Istituto Internazionale di Sociologia di Kiev (KIIS) esaminava i dati regione per regione. E più ci si avvicina al fronte, minore è il sostegno su cui i politici possono contare. Se nell’Ucraina Occidentale il presidente è ancora al 73% dei consensi, nelle regioni del sud e dell’est più frequentemente prese di mira dagli attacchi russi il 61% dice di fidarsi ancora di lui. Quando però si chiede ai residenti se intendono venire a patti con Mosca concedendo i territori conquistati, la stragrande maggioranza risponde con insulti a Putin.
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