Israele ha colpito anche in Yemen: nel mirino ora ci sono gli Houthi

Le bombe su Sanaa hanno ucciso nove persone. L'Idf: preso di mira il quartier generale della propaganda di regime. La replica: gli obiettivi erano civili. Dubbi sull'esito del raid di martedì
September 9, 2025
Israele ha colpito anche in Yemen: nel mirino ora ci sono gli Houthi
Reuters | Le bombe esplose a Sanaa, capitale dello Yemen
Gaza, Libano, Iran, Yemen, Siria e Qatar: è come se le traiettorie dei caccia israeliani negli ultimi due anni avessero disegnato un’egemonia nei cieli del Medio Oriente. Ieri le bombe sono ancora una volta cadute su Sanaa, la capitale yemenita degli Houthi, uccidendo nove persone e ferendone almeno 118. L’attacco è l’ennesima, ciclica risposta al frequente lancio di missili sul territorio israeliano a supporto di Gaza, quasi sempre intercettati da “Iron dome” se capaci di attraversare lo sterminato deserto saudita. Eccezionale il caso dell’aeroporto di Ramon, sul golfo di Aqaba, danneggiato domenica da un drone. Pochi e lievi i feriti, l’aeroporto ha ripreso regolarmente a funzionare dopo una breve interruzione. L’Idf sostiene di aver colpito campi militari, il quartier generale della propaganda di regime e i siti di stoccaggio carburante. «Il bombardamento ha preso di mira obiettivi civili», ha replicato il portavoce della milizia yemenita.
A Doha invece dieci missili, martedì, hanno eliminato almeno cinque persone affiliate ad Hamas ma non, sembrerebbe a oggi, i componenti del politburo riunitisi per discutere la proposta americana per la tregua, e soprattutto la sua figura più importante, Khalil al-Hayya, il principale negoziatore del movimento islamico. Ucciso invece il figlio Himam. I vetri del palazzo adiacente all’ufficio sventrato, nel quieto e lussuoso lungomare di Leqtaifiya, sono rimasti intatti.
A poco più di 30 chilometri la base americana di Al-Udeid, la più importante del Medioriente con le sue sofisticate apparecchiature e i suoi 10mila soldati. Il repentino allarme del presidente americano Donald Trump sarebbe giunto a Doha «dieci minuti dopo l’inizio dell’attacco», ha affermato il primo ministro qatarino al-Thani. Un tragico destino ineluttabile. «Abbiamo preso di mira al-Hayya perché ostacolava un accordo di cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi a Gaza», ha spiegato il presidente israeliano Isaac Herzog, in visita nel Regno Unito. «Non li abbiamo presi questa volta, li prenderemo la prossima. Adesso possiamo anche essere soggetti a qualche critica, se ne faranno una ragione», ha detto ieri a Fox News l’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti, riferendosi al vasto coro di condanna sollevatosi dalla comunità internazionale.
Il presidente degli Emirati Arabi Uniti, Mohammad bin Zayed. e il re di Giordania, Abdullah Al-Hussein, sono arrivati a Doha mercoledì. Giovedì sarà il turno del principe saudita Mohammad bin Salman. Una convergenza solidale fuori dall’ordinario nel Golfo. Dopo un posticipo di 24 ore dovuto agli impegni del primo ministro al-Thani, si terrà il Consiglio di Sicurezza d’emergenza dell’Onu invocato dal Qatar. La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha annunciato che la Commissione proporrà sanzioni per i ministri israeliani dell’estrema destra e la sospensione degli accordi commerciali che fanno della Comunità il primo partner commerciale di Israele. «Profondamente preoccupanti», è l’espressione usata dal portavoce del Dipartimento di Stato americano per definire il consistente pacchetto di sanzioni annunciate dal primo ministro spagnolo Sanchez, avanguardia europea di una diversa postura davanti alla quotidiana aggressione coloniale in Cisgiordania e alla catastrofe di Gaza. Impossibile al momento immaginare che futuro possa avere la mutevole tela diplomatica che nelle ultime settimane era andata costruendosi intorno all’ipotesi di una tregua. Così i precari equilibri regionali, e la “Pace di Abramo”, il piano di pacificazione regionale precariamente assemblato dal presidente Trump nel corso di due mandati.
Certa rimane invece la prassi del piano di conquista di Gaza City, “Carri di Gedeone2”, con i bombardamenti sempre più diffusi, la demolizione dei palazzi più alti, il ripetuto ordine di evacuazione totale che sta formando sulla strada litoranea lunghe file di camion, automobili, catorci, carretti straripanti di persone affamate e masserizie verso le “sicure” zone del sud. Sarebbero 50mila i nuovi profughi della capitale della Striscia, secondo l’Idf. Erano stati 100mila fino a domenica, dopo 20 giorni di bombardamenti e carestia. Sono invece 53 i palestinesi uccisi ieri nella Striscia, 38 solo a Gaza City.

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