«Io presidente di Regione digiuno con Gaza per smuovere il governo»
La presidente della Regione Umbria Proietti è fra i 50 amministratori locali che per tutta la settimana digiunano in segno di vicinanza ai gazawi

Quando le parole non bastano è il momento dei gesti forti. Quelli che ti mettono personalmente in gioco. A pensarla così sono gli oltre mille amministratori locali della Rete di Trieste, il network trasversale e multipartisan nato a margine della Settimana Sociale di luglio 2024. Ieri hanno digiunato per un giorno, come segno di vicinanza alla popolazione affamata di Gaza. Una cinquantina di loro ha deciso di prolungare il digiuno per tutta la settimana. Fra i primi ad aderire è stata la presidente della Regione Umbria, Stefania Proietti. Civica senza tessere di partito, è stata supportata da liste civiche e partiti di centrosinistra anche nei precedenti incarichi di presidente della provincia di Perugia e sindaca di Assisi.
Cosa chiedete con questa iniziativa?
Ci uniamo all’appello di papa Leone XIV a «consentire l’ingresso di dignitosi aiuti umanitari e a porre fine alle ostilità, il cui prezzo straziante è pagato dai bambini, dagli anziani, dalle persone malate». E ci rivolgiamo al governo e al Parlamento affinché la politica si adoperi in tutte le sedi e con tutti gli strumenti possibili per far concludere quanto prima gli orrori che sono da mesi sotto gli occhi di tutto il mondo. L’abbiamo scritto in una lettera inviata al presidente Sergio Mattarella.
In che cosa consiste il suo gesto? Preferisce chiamarlo digiuno o sciopero della fame?
Come altri consiglieri comunali, assessori e sindaci, per tutta la settimana mi astengo dal cibo. Ci limitiamo ad assumere acqua e caffè o bevande leggere, ciascuno a seconda delle proprie condizioni fisiche. Sarà un primo passo, personalmente sono determinata ad andare avanti. Come gesto politico, è uno sciopero della fame. Siamo figure istituzionali e chiediamo alle istituzioni di ascoltarci. Come gesto di condivisione della privazione con la popolazione di Gaza, è un digiuno.
Da ex sindaca di Assisi, quanto c’entra san Francesco?
Quando ero sindaca di Assisi mi sono sempre raccordata con il vescovo e con i francescani per iniziative di pace. Ma scrivere appelli non basta, nessuno ci ascolta. Siamo la terra di san Francesco e di Aldo Capitini, che introdusse in Italia la bandiera della pace. Il gesto nuovo è che un presidente di Regione sia disposto a uno sciopero della fame per lanciare un appello al presidente della Repubblica. Per dare uno schiaffo alle coscienze e richiamare al rispetto dell’articolo 11 della Costituzione: l’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.
Sullo scenario mediorientale sono in gioco interessi geostrategici globali. Non avverte la piccolezza dell’azione civica? Ne vale la pena?
Vale la pena sempre fare la propria parte, anche se infinitamente piccola. Ricordiamo com’era partito san Francesco: spogliato di tutto e solo, giudicato pazzo. Un’azione non cambia il mondo, ma il mondo può essere cambiato da otto miliardi di azioni. O da ottomila sindaci, quanti siamo. Si deve avere la forza e il coraggio di credere che si può partire dal basso, con gesti e azioni nuove. Senza fermarsi ai social.
A proposito di social media, non si aspetta di ricevere critiche?
Certamente, diranno che è un’azione autoreferenziale. Le parole sono sempre occasione di divisione, ma se si mette in gioco il proprio essere si è meno divisivi. È l’ultima spiaggia per farsi ascoltare. Chiediamo che venga rispettata la vita umana, la vita dei civili nel dramma della guerra. La verità è che ci stiamo assuefacendo all’idea che le Nazioni Uniti non esistano più.
Che cosa spera di ottenere?
Se smuoveremo qualche coscienza, avremo fatto qualcosa di utile. Non si può assistere indifferenti a omicidi di massa. Un giorno, quei bambini che oggi sono a Gaza ci chiederanno: voi dove eravate? I nostri figli vorranno sapere: voi cosa avete fatto?
E se qualcuno la accusasse di stare dalla parte di Hamas?
Difendo sempre tutte le vittime, da quelle del 7 ottobre agli ostaggi israeliani alle vittime dell’antisemitismo. Condanno il terrorismo e la violenza. Le vittime stanno da tutte le parti. E sono davvero troppe. Quello che dobbiamo sconfiggere è l’indifferenza.
© RIPRODUZIONE RISERVATA






