Incriminato l'ex capo del Fbi che indagò sul Russiagate. E Trump esulta

A firmare il documento è la procuratrice Lindsay Halligan, l'ex avvocatessa di Trump che ha assunto l'incarico solo da tre giorni. La ministra Bondi avrebbe cercato di dissuadere il presidente
September 25, 2025
Incriminato l'ex capo del Fbi che indagò sul Russiagate. E Trump esulta
Reuters | L'ex direttore del Fbi James Comey giura da remoto prima di testimoniare davanti alla Commissione giustizia del Senato
«Questo fa sembrare il Watergate una sciocchezza». Con una chiosa che evoca il più grande scandalo della storia degli Stati Uniti, il presidente americano Donald Trump ha salutato l’incriminazione dell’ex direttore del Fbi, quel James Comey che nel 2017 fece aprire un’inchiesta sui presunti legami fra la sua prima campagna presidenziale e Mosca. Coordinata dal procuratore speciale Robert Mueller, e nota come Russiagate, portò a diversi arresti e tenne sotto scacco The Donald per due anni senza mai inchiodarlo. «Questi hanno cercato di distruggere il nostro Paese» ha commentato il presidente su Fox News Digital. Rincarando, con un verbo a lui caro: «Si tratta di un gruppo di persone che ci ha molto deluso».
I fatti: un gran giurì ha dato il via libera a due capi d’accusa nei confronti di Comey, uno su dichiarazioni false e l’altro su ostruzione alla giustizia. A firmare il documento era la procuratrice Lindsay Halligan, ex avvocata di Trump specializzata nel settore assicurativo e nominata nell’incarico dal presidente tre giorni fa. Non è un caso che, di recente, l’inquilino della Casa Bianca si sia detto «deluso» dalla “sua” ministra della Giustizia Pam Bondi, bollata come poco risoluta nel perseguire i “nemici” di chi l’ha scelta. Stando alle indiscrezioni, la procuratrice generale sarebbe stata scettica sul caso Comey, invitando alla cautela. Avrebbe anche provato a convincere Trump a non rimuovere il procuratore della Virginia Erik Siebert, al cui posto è andata Halligan. Il fatto che la neonominata abbia presentato direttamente il caso al gran giurì sembra confermare che al Dipartimento di Giustizia nessuno si è voluto far carico di una mossa ritenuta controversa.
«Giustizia in America» ha scritto Trump su Truth, festeggiando l’incriminazione. Del resto, il nome dell’ex capo del Fbi era ai primi posti della sua “lista nera”. A seguito di quella che per Trump era stata una «caccia alle streghe», nel 2017 Comey fu licenziato in tronco. Ufficialmente, a motivo della sua gestione dell’indagine sul server email privato usato da Hillary Clinton. Ma poi contestandogli apertamente l’inchiesta sulla possibile collusione di Trump con la Russia.
«Mi hanno messo in stato di accusa due volte e incriminato cinque volte sul niente. Giustizia va fatta ora» aveva detto il presidente a Bondi. Chi lo critica descrive un Trump «accecato dalla voglia di vendetta» e deciso a far pagare ai suoi nemici tutto quello che a suo avviso meritano. Al centro dell’incriminazione c’è la testimonianza di Comey alla commissione Giustizia del Senato del 30 settembre 2020, durante la quale fu accusato di aver mentito sull’autorizzazione data alla diffusione di informazioni sensibili.Comey si è sempre proclamato innocente. «Io e la mia famiglia abbiamo saputo per anni – ha dichiarato – che ci sono dei costi nell’opporsi a Donald Trump, ma non avremmo potuto immaginare di vivere in nessun altro modo. Non vivremo in ginocchio e non dovreste farlo neppure voi». In un video postato su Instagram ha aggiunto: «Non ho paura. Sono innocente: ho fiducia nel sistema giudiziario federale». Pochi minuti dopo l’incriminazione, suo genere Troy Edwards si è dimesso dall’incarico di procuratore federale: lavorava nell’ufficio del distretto orientale della Virginia dove si è insediata Halligan.
La data fissata per l’udienza di Comey in tribunale è il 9 ottobre. A presiedere il caso sarà il giudice Michael Nachmanoff, nominato dall’ex presidente Joe Biden. «James Comey è un poliziotto corrotto, ma gli è stato assegnato un giudice nominato dal corrotto Joe Biden, quindi è partito con il piede giusto» ha attaccato il presidente su Truth. Di Biden, il tycoon ha rimosso il ritratto, due giorni fa, dalla Presidential Walk of Fame che ha istituito nel colonnato della Casa Bianca. Al posto della sua immagine, e dopo quelle di tutti i presidenti americani, ora compare una foto della autopen, il sistema di firma automatico utilizzato dalla Casa Bianca di cui Trump ha fatto un emblema del presunto “declino cognitivo” del suo predecessore. Ora molti si chiedono chi sarà il prossimo bersaglio. Parecchi scommettono su John Bolton, l’ex consigliere del tycoon trasformatosi in suo acerrimo critico.

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