Il vertice Trump-Putin si farà. Dove? Ci sono tre ipotesi (ma Roma non c'è)

Arabia Saudita, Turchia ed Emirati Arabi sono le sedi possibili. Telefonata tra la Casa Bianca e Palazzo Chigi, che aveva detto sì. L'ipotesi dell'Italia scartata da Mosca: troppo vicina a Kiev
August 6, 2025
Il vertice Trump-Putin si farà. Dove? Ci sono tre ipotesi (ma Roma non c'è)
Ansa | Il presidente russo Vladimir Putin stringe la mano al presidente degli Emirati Arabi Uniti, Mohamed bin Zayed al Nayan (di spalle) giovedì al Cremlino
L’incontro fra Putin e Trump dovrebbe farsi, e presto. L’ha confermato il Cremlino, dopo l’annuncio da Washington. Dove e quando, è ancora tutto da vedere, ma le parti sono decise a parlarsi di persona, forse già la settimana prossima. Che questo porti alla fine del conflitto in Ucraina non è certo. Si tratterà comunque del primo faccia a faccia tra i presidenti americano e russo dal 2021, quando l’ex numero uno di Washington, Joe Biden, ebbe incontrò lo zar a Ginevra. L’annuncio è arrivato alla vigilia della scadenza dell’ultimatum americano, quando il tycoon avrebbe dovuto rendere note le sue decisioni riguardo a nuovi dazi contro Mosca. Tutto fa pensare che il Cremlino si sia voluto mostrare più collaborativo perché ha capito che la pazienza del presidente Usa, da sempre benevolo verso la Russia, stava finendo. Lo dimostra anche una risposta di Trump ai giornalisti che gli chiedevano se l'8 agosto scatteranno le sanzioni secondarie contro Mosca minacciate in caso di mancato accordo. «Dipenderà da Putin», ha risposto secco il tycoon. Aggiungendo: «Sentiremo quello che ha da dire, dipende da lui, sono molto deluso da lui».
Rimane “solo” da capire dove si incontreranno e quali saranno gli argomenti sul tavolo. Intanto, viene meno una condizione che sembrava imprescindibile: Putin non dovrà incontrare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky prima di vedere Trump. Lo ha detto lo stesso capo della Casa Bianca. Putin e Zelensky «vogliono incontrarsi con me - ha aggiunto Trump -. Farò quello che posso per fermare le uccisioni», ha sottolineato. «Non mi piacciono le lunghe attese», ha ribadito Trump.
Nella fitta di rete di contatti internazionali si è inserita anche la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che ha avuto conversazioni telefoniche con Trump,  Zelensky e con il Presidente degli Emirati Arabi Uniti, S.A. Sheikh Mohamed bin Zayed Al Nahyan. «Al centro delle tre telefonate - si legge in una nota di Palazzo Chigi - la guerra in Ucraina. La presidente Meloni si è in particolare confrontata con gli interlocutori sugli sforzi in corso per il raggiungimento di un cessate il fuoco e per un percorso negoziale che possa garantire una pace giusta e duratura in Ucraina, anche alla luce delle più recenti iniziative diplomatiche promosse dagli Stati Uniti. Con il Presidente emiratino è stata anche l'occasione per condividere l'eccellente cooperazione nella consegna degli aiuti umanitari a Gaza. È stata inoltre ribadita la necessità di una cessazione immediata delle ostilità, del rilascio degli ostaggi nelle mani di Hamas e di un accesso degli aiuti pieno e senza ostacoli per porre fine all'ingiustificabile crisi umanitaria in corso nella Striscia».
Tornando all'Ucraina, il luogo dell’incontro tra Trump e Putin, che molti analisti hanno già definito storico, sarebbe un Paese che sia giudicato affidabile e neutro da entrambe le parti. In pole position c’è l’Arabia Saudita, che vanta ottimi rapporti sia con Mosca che con Washington. Segue a ruota la Turchia, più che altro per coronare le ambizioni del presidente Recep Tayyip Erdogan, “amico” della Russia, che servirebbe a Putin perché il Cremlino mantenga un minimo di presenza in Siria, ma che, al contempo, fa di tutto per non indispettire il numero uno di Washington. Lo zar sa bene quanto il partner turco sia prezioso e al tempo stesso inaffidabile. Per questo ha tirato fuori una terza possibilità: gli Emirati Arabi Uniti. Proprio ieri, ha ricevuto al Cremlino il presidente emiratino Mohamed bin Zayed al Nahyan. Durante la conferenza stampa Putin, parlando dell’incontro con Trump, ha spiegato che «ci sono molti amici pronti ad aiutarci a organizzare eventi di questo tipo. Uno di questi è il presidente degli Emirati Arabi Uniti». Un messaggio indiretto. Mosca sa che dovrà rinunciare a qualcosa. Ospitare l’incontro in una sede favorevole significa ricevere un aiuto in una trattativa che, anche con il lavoro preparatorio del caso, sarà tutta in salita.
In questo senso, l'indiscrezione filtrata venerdì su un possibile coinvolgimento di Roma come sede per il vertice è stata nel giro di poche ore smentita. A Fox News, canale tv americano, che aveva citato due fonti vicine ai negoziati dicendo che la capitale poteva essere il luogo adatto, ha immediatamente risposto l'agenzia russa Tass, secondo cui l'incontro dovrebbe essere «non in Europa». Quanto al mondo politico, sarebbe stato lo stesso Trump, in una conversazione telefonica avvenuta giovedì, a sondare Giorgia Meloni quanto alla possibilità che il summit si tenesse in Italia ricevendo, sempre a quanto si apprende, un via libera. Ventiquattr'ore dopo è arrivata l'indisponibilità manifestata in proposito da Mosca, che valuta il nostro Paese come troppo vicino all'Ucraina.
C’è però chi ha un compito ancora più arduo da svolgere. Il presidente ucraino, Volodymir Zelensky, al momento è fuori dallo storico incontro e, con gli Stati Uniti determinati a restituire alla Russia quel ruolo di interlocutore internazionale che non aveva più dal 2022, chiede che l’Europa sia presente al tavolo delle trattative. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen sembra aver accolto l’invito con convinzione. «Ho parlato con Volodymyr Zelensky degli sviluppi degli ultimi giorni – ha dichiarato ieri -. Abbiamo discusso dei prossimi passi da compiere per raggiungere un accordo di pace negoziato e dell’adesione futura dell’Ucraina all’Unione europea, nonché della sua ricostruzione. La posizione dell’Europa è chiara. Sosteniamo pienamente l’Ucraina. Continueremo a svolgere un ruolo attivo per garantire una pace giusta e duratura». È quel "giusta e duratura" che potrebbe rivelarsi poco in linea con i piani di Trump, desideroso di archiviare la pratica Kiev, per dedicarsi a capitoli per lui prioritari, in primis il ridimensionamento della Cina e il tentativo di trasformare la Russia da problema a opportunità.

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