Dazi, Trump manda le lettere, ma firma la proroga al 1° agosto
di Redazione
Spedite le prime missive ai Paesi con cui non c’è accordo. Per Giappone e Corea del Sud tariffe al 25%. Rinviata la scadenza del 9 luglio Bruxelles: per ora nessuna intesa

Tutto rinviato al primo agosto. Con una firma sotto un decreto esecutivo, Donald Trump fa chiarezza su un pasticcio delle ultime ore su un possibile rinvio all’inizio del prossimo mese dell’avvio dei dazi «di reciprocità», dando una boccata d’ossigeno ai difficilissimi negoziati in corso con l’Ue e vari altri partner commerciali. A indicare il primo agosto era stato già domenica il segretario Usa al Tesoro Scott Bessent, parlando alla Cnn, poi da lui stesso e da Trump erano arrivate indicazioni che in realtà la scadenza del 9 luglio sarebbe rimasta, ma che l’applicazione delle misure sarebbe stata dal primo agosto per dare più tempo in extremis ai negoziati. Adesso il caos è chiarito, in Europa c’è un piccolo sollievo dopo l’altissima tensione degli ultimi giorni in vista del 9 luglio. Rimane però l’attesa per le lettere annunciate dal presidente Usa a vari partner commerciali. Ieri sul social network Truth Trump ha reso già note le missive a Giappone e Corea del Sud in cui annuncia misure per il 25%, a Myanmar e Laos (40%), Sudafrica (30%), Malaysia e Kazakhstan (25%). Attese comunque ulteriori lettere (dopo Giappone e Corea una portavoce della Casa Bianca aveva parlato di altre dodici missive in partenza). Ieri sera non era chiaro se anche l’Ue ne avrebbe ricevuta una.
Bessent ieri, intervistato da Cnbc, ha comunque parlato di «diversi annunci nelle prossime 48 ore. Ciò che preoccupa il presidente è la qualità degli accordi, non la quantità». Per parte sua, intervenendo in plenaria al Parlamento Europeo a Strasburgo, la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha sottolineato che, «quando si siede con gli Usa per negoziare su commercio e dazi, l’Europa deve mostrare forza». Domenica, ha riferito un portavoce della Commissione, Von der Leyen ha avuto un colloquio telefonico con Trump, definito «un buono scambio».
Per ora non ci siamo ancora. In una riunione con gli ambasciatori dei Ventisette, ieri sera lo stesso commissario al Commercio Maroš Šefcovic ha spiegato che al momento non c’è intesa, ma i colloqui proseguono, domani ci sarà un nuovo incontro con i diplomatici. Per il momento, comunque, ha detto un portavoce della Commissione, non sono previsti nuovi incontri di persona tra Ue e Usa dopo la missione, la scorsa settimana, del commissario a Washington. Una missione che, a sentire il portavoce, ha portato a «progressi sostanziali verso un accordo di principio».
«Ora – ha spiegato – siamo all'inizio della fine dei giochi e per avere la posizione migliore nei negoziati non possiamo dire di più. Stiamo cercando di portare a casa il miglior accordo possibile con gli Usa. Noi vogliamo raggiungere un accordo con gli Usa, vogliamo evitare i dazi. Riteniamo che comportino sofferenze e vogliamo un risultato in cui vinciamo entrambi, non in cui perdiamo entrambi». Domenica anche Bessent ha parlato di «ottimi progressi» nei negoziati con l’Ue «dopo un inizio lento». Nel fine settimana si sono sentiti sui dazi la premier Giorgia Meloni, il cancelliere tedesco Friedrich Merz e il presidente francese Emmanuel Macron, Von der Leyen ha avuto varie telefonate con loro e altri leader sulla questione. Meloni e Merz sono pronti a ingoiare una quota del 10% da parte Usa senza piena simmetria, pur di raggiungere in fretta un’intesa e scongiurare il peggio, Macron vorrebbe piena simmetria e sarebbe pronto a negoziati più lunghi per un esito migliore.
Certo è che ci sono nodi non facili. Tra questi, si è aggiunto quello spinosissimo del comparto agroalimentare. Trump pochi giorni fa ha minacciato un dazio del 17% sugli export alimentari e agricoli dall’Ue se Bruxelles non allenterà le severe prescrizioni fitosanitarie per le importazioni del settore. Una richiesta irricevibile per l’Ue: carni agli ormoni e polli trattati al cloro sono un chiaro «no-go». Del resto, non è ancora chiara quale sarà la soluzione sul fronte degli altri standard che Washington vuole vedere allentati, soprattutto sul fronte delle nuove normative Ue sui servizi e il mercato digitali (Dsa e Dma).
Nell’arsenale Ue, se tutto andrà male, restano misure già approvate e per ora congelate per 21 miliardi di euro di import Usa (in risposta ai dazi su acciaio e alluminio) più, praticamente pronte, altre per 95 miliardi di euro per le altre misure di Washington. Peraltro, non è neppure chiaro se, in assenza di un’intesa con Washington, si tratterebbe dei dazi al 20% su tutte le merci (oltre a quelli già in vigore del 25% sulle auto e del 50% su acciaio e alluminio) indicati il 2 aprile, o invece del 50% minacciati successivamente da Trump. Tutti a Bruxelles e più ancora nelle capitali sperano che che le contromisure non serviranno. La decisione spetta alla Commissione, ma è certo che la discussione tra i Ventisette se attivare queste misure o meno sarebbe decisamente complicata.
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