«Così viviamo nascosti per sfuggire alla rappresaglia di Hamas»

di Nello Scavo, inviato a Gerusalemme
I miliziani vogliono riaffermare la loro autorità. E intanto sotto i bombardamenti israeliani i civili continuano a morire
October 20, 2025
«Così viviamo nascosti per sfuggire alla rappresaglia di Hamas»
Una famiglia cammina sulle strade di Gaza City
Dall'inizio della tregua a Gaza, almeno 97 abitanti di Gaza sono stati uccisi dal fuoco israeliano e altri 230 sono rimasti feriti. Lo ha affermato il governo di Hamas, denunciando 80 violazioni della tregua da parte di Israele. «Affermiamo che l'occupazione israeliana ha commesso una serie di gravi e ripetute violazioni dall'annuncio della fine della guerra nella Striscia di Gaza, per un totale di 80 violazioni documentate fino a domenica», ha dichiarato l'ufficio stampa del governo. Queste violazioni includono, tra le altre, sparatorie dirette contro i civili, bombardamenti e attacchi deliberati e la detenzione di diversi civili. «Ciò costituisce una flagrante e chiara violazione della decisione di cessate il fuoco e delle norme del diritto internazionale umanitario», ha aggiunto la stessa fonte. Tra le persone uccise dall'entrata in vigore dell'accordo di cessate il fuoco, ci sono stati 11 membri della stessa famiglia, tra cui sette bambini di 5 e 13 anni, il cui veicolo è stato bombardato da Israele il 17 ottobre. Secondo un'indagine pubblicata dal Centro Palestinese per i Diritti Umani (Pchr), la famiglia stava viaggiando dalla Striscia di Gaza meridionale a Gaza City a bordo di un veicolo decappottabile, il che «indica chiaramente la sua natura civile», ha spiegato il gruppo. Il Pchr ha anche documentato, il 16 ottobre, l'uccisione di due fratelli, di 18 e 20 anni, in un attacco con droni nella zona di Abasan, a est di Khan Yunis (sud). Due giorni prima, i droni israeliani avevano ucciso un uomo di 25 anni e ne avevano ferito un altro nel villaggio di al-Fukhari, sempre a Khan Yunis. Solo domenica, almeno 35 palestinesi sono stati uccisi in decine di attentati in diverse zone della Striscia di Gaza, secondo un conteggio effettuato da giornalisti di Gaza utilizzando i dati degli obitori degli ospedali. Israele accusa Hamas di aver violato il cessate il fuoco e della morte di due soldati israeliani avvenuta ieri a Gaza. E intanto continuano anche le rappresaglie di Hamas nei confronti degli stessi palestinesi.
Momen cambia giaciglio ogni notte. Di giorno si nasconde passando da un riparo all’altro. Ezzideen non sa più dove andare, a parte tornare a rovistare tra le macerie e mantenere la promessa fatta a sua madre: «Prendi qualunque cosa ci ricordi chi eravamo». Fuggono dalle rappresaglie di Hamas, dalle faide tra bande che vogliono regolare vecchi conti e da quelle che intendono conquistare il controllo anche di un solo quartiere in quel che rimane della Striscia di Gaza. L’Onu ha preventivato per la sola rimozione delle macerie e la parziale ricostruzione un costo non inferiore a 70 miliardi di dollari. Se poi davvero verranno un giorno grandi alberghi e villaggi turistici costruiti sulle rovine del più grande camposanto all’aperto del Mediterraneo, allora di soldi ne arriveranno di più. Momen si è esposto più volte contro Israele e contro Hamas. Lo ha fatto sui social network e inviando articoli ai giornali. Israele non lo potrà mai capire, i miliziani lui non li potrà mai perdonare. Colpevoli, dice, di aver «deliberatamente innescato la reazione spietata» di Tel Aviv. E oggi sono loro, mai davvero militarmente battuti, i responsabili dei regolamenti di conti a danno di chi, anche solo per una diceria, è indicato come un traditore. Le esecuzioni non sono una novità degli ultimi tempi, ma ora tutto avviene sotto gli obiettivi dei cellulari. Tutti devono vedere che Hamas non è morta, e che non potendo più disporre di carceri né di tribunali, i fondamentalisti passano subito a eseguire la sentenza.
Ezzideen non vuole parlare. Scrive. È il solo modo per guardare dentro, come fa da medico quando usa il bisturi. «Dicono che quegli uomini fossero traditori, collaborazionisti, ladri di aiuti, durante l'assedio israeliano. Forse lo erano. Ma anche se la colpa fosse stata scolpita sulla loro fronte – ci scrive –, chi ha dato a un altro uomo il diritto di giocare a fare Dio? Chi di noi è abbastanza puro da scagliare la prima pietra? La chiamiamo resistenza, ma è lo stesso antico rituale, Caino in piedi sopra Abele, che giustifica l'omicidio in nome della virtù». La foto di lui accovacciato sulle macerie della casa paterna acquistata per dare un tetto e tenere unita tutta la famiglia, spiega il futuro meglio ancora del presente. Prima della guerra pregava ogni giorno. «Ma ora non riesco più», confida come a spiegare che cos’altro la guerra ha tolto. «Come si fa a pregare in una terra dove persino Dio tace? Come si fa a parlare di salvezza quando i bambini esultano per la morte? Ho visto la «Giustizia» in persona, fragile, tremante, spogliata, trascinata nella polvere e insultata da coloro che sostengono di difenderla. E in quel momento ho capito la verità più terribile di tutte: non siamo più vittime della storia, siamo suoi complici».
La fine del conflitto doveva rilanciare l’unità palestinese. Indistintamente il piombo è caduto su civili e militanti, su vecchi e bambini, su quelli di Hamas come sulle bande del Nord. Momen la dice senza lirismo: «Hamas aveva trasformato la Striscia in un regime. E ora Hamas vuole restare al potere, anche con altre facce, ma vuole farlo con l’unica politica che conosce: il terrore». Le foto del giovane medico che a mani nude affonda le mani tra i calcinacci, da solo in mezzo al deserto di detriti, fanno domandare perché se ne stia lì, con i graffi sulle braccia, a cercare cosa. «Da una casa che un tempo era costata a mio padre 120mila dollari, una vita di lavoro, di speranza, di dignità, ho trovato due cose: un coltello e un cuscino», confida. Un giorno forse tornerà a tagliare il pane con quella lama riemersa dalla cucina ridotta in polvere. E chissà se potrà tornare a dormire su quel cuscino. È tutto quello che è rimasto. Saluta con un’ultima amara considerazione. Quel che ha estratto dalla casa di suo padre sono «due reliquie della civiltà: una per le necessità, l'altra per l’illusione».

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