Chi sono i due giornalisti antiPutin che hanno vinto il premio Sakharov
Andrzej Poczobut e Mzia Amaglobeli erano stati candidati dai Popolari e dai Conservatori. Metsola: «Entrambi sono in carcere per aver fatto il loro lavoro e parlato contro l’ingiustizia»

La storia del Premio Sakharov prende l’impronta dal nome stesso del fisico sovietico dissidente e Nobel Per la Pace. Mira a sostenere chi si distingue per l’impegno per la libertà di opinione, i diritti umani e la democrazia. E i premiati di oggi sono due giornalisti incarcerati: Andrzej Poczobut bielorusso e Mzia Amaglobeli Georgiana. Il bielorusso è noto per le sue critiche al regime di Lukashenko, è il simbolo della lotta per la libertà e la democrazia nel Paese. Arrestato più volte e condannato a otto anni in un campo di lavoro, denuncia di avere subito persecuzioni pure in carcere con l’isolamento e privato di adeguate cure mediche. Le sue condizioni sono ignote e alla famiglia non è consentito visitarlo. Il Parlamento Europeo ha chiesto che venga immediatamente rilasciato. La georgiana Mzia Amaglobeli invece è attiva per la libertà di espressione e simbolo del movimento democratico georgiano che si oppone al governo insediatosi dopo le controverse elezioni dell'ottobre 2024 i cui risultati non sono riconosciuti dall'opposizione e contestate anche dall'Unione europea. Amaglobeli è fondatrice della testata indipendente Batumelebi e dell’agenzia di stampa indipendente Netgazeti. Arrestata nel 2025 per aver partecipato alle proteste contro il governo e condannata a due anni di carcere. I giornalisti sono tra i perseguitati per eccellenza e soprattutto quando il loro lavoro viene esercitato in contesti repressivi e le loro inchieste che scoperchiano corruzione, arbitrio e crimini da parte di autorità.
Nella Russia di oggi il mestiere di giornalista quando è indipendente e libero va di pari passo con l’attivismo civile. Voci scomode come quella di Anna Politkovskaja, Youri Schekochikhin e tanti loro colleghi sono state spente con avvelenamenti, esecuzioni brutali e gli arresti prima e dopo l’aggressione all’Ucraina. Nelle carceri russe ci sono attualmente decine di giornalisti “rei” di avere denunciato le repressioni delle libertà e degli spazi democratici e riportato la verità sulla morte e distruzione in Ucraina dell'Operazione Speciale. I giornalisti sono sotto attacco in diverse parti del mondo ma l’attenzione oggi con il Premio Sakharov si concentra su Bielorussia e Georgia dove come nella loro confinante Russia sono particolarmente perseguitati. Come si legge nel sito del Parlamento Europeo dedicato al Premio “Le candidature vengono presentate in una riunione congiunta della Commissione Affari Esteri, della Commissione Sviluppo e della Sottocommissione Diritti Umani, e i membri delle commissioni plenarie votano una rosa di tre candidati. Il vincitore o i vincitori finali del Premio Sacharov vengono scelti dalla Conferenza dei Presidenti, un organo del Parlamento europeo guidato dal Presidente, che comprende i leader di tutti i gruppi politici rappresentati in Parlamento, rendendo la scelta dei vincitori una scelta autenticamente europea.”. Dunque una scelta autenticamente europea come quella recentissima da parte del Consiglio d’Europa che ha aperto le porte a una rappresentanza dell’opposizione democratica Russa. Nel Consiglio la Russia era entrata nel 1996 ma all’inizio dell’invasione dell’Ucraina non ne fa più parte. Prove di dialogo con l’opposizione russa in esilio e quella interna in carcere o ancora a piede libero ma minacciata così come con chi si oppone nel regime della Bielorussia e in Georgia dove da mesi proteste di massa si oppongono all’inversione della rotta che la vedeva avvicinarsi all’Ue. Sorge spontanea la domanda se gli ultimi passi europei rappresentano un nuovo corso nel tentativo di recuperare ritardi politici seguiti all’annessione della Crimea nel 2014 quando l’attenzione fu meno visibile.
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