sabato 28 aprile 2018
«Sorella, ti credo». Suor Patricia Noya conferma ad Avvenire: difenderemo sempre il diritto delle donne di scegliere come comportarsi senza essere giudicate, violentate
Una foto tratta dal profilo Facebook di Patricia Carmelitas Hondarribia Noya

Una foto tratta dal profilo Facebook di Patricia Carmelitas Hondarribia Noya

COMMENTA E CONDIVIDI

«Difenderemo con tutti i mezzi a nostra disposizione il diritto di tutte le donne di scegliere come comportarsi senza essere giudicate, violentate, minacciate, assassinate o umiliate per tale ragione. Sorella io ti credo». Suor Patricia Noya cita quasi testualmente il messaggio pubblicato sul profilo Facebook delle carmelitane scalze di Hondarribia. Quattro giorni fa, la “condanna soft” ai cinque giovani che, nel luglio di due anni fa, aggredirono una 18enne durante la festa di San Firmín ha provocato sdegno nell’opinione pubblica spagnola. Marce e cortei, accomunati dallo slogan “sorella io ti credo”, si sono svolti in Navarra – regione dove è avvenuto il crimine – e in altre città della Penisola. Sabato in trentamila hanno sfilato per le vie di Pamplona contro il verdetto che ha punito il “branco” solo per molestia e non per stupro, comminando una pena di nove anni invece dei venti chiesti dall’accusa. La difesa ha già annunciato il ricorso.

La notizia ha fatto irruzione anche nel piccolo convento in provincia di San Sebastián, al confine con la Francia. «Ci siamo sentite interpellate come donne e come cristiane. Ne abbiamo discusso insieme. Così è nata la riflessione condivisa che, poi, abbiamo scritto su Facebook. Come discepole di Gesù non possiamo tacere quando la dignità umana è calpestata. Il silenzio ferisce le vittime. Materialmente l’ho messo io in bacheca, ma esso rappresenta il punto di vista di tutte le quindici consorelle. Non pensavamo avrebbe avuto tanta eco», racconta suor Patricia ad Avvenire. Invece, nel giro di due giorni, il messaggio ha avuto oltre diecimila condivisioni e più di un migliaio di commenti. In gran parte ringraziamenti. «Quando hanno iniziato a chiamare i media ci siamo preoccupate. Poi abbiamo pensato: “Non dobbiamo avere timore di ripetere ciò che sentiamo in coscienza”».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: