lunedì 13 dicembre 2021
Un anno dopo l'eccidio parla un testimone oculare. È un alto funzionario, oggi in esilio, dell'amministrazione ad interim del Tigrai insediata dal premier Abiy. Pesanti accuse alle truppe eritree
Il docente tigrino Gebremeskel Kassa Taffere, 34 anni, è ora rifugiato in Olanda

Il docente tigrino Gebremeskel Kassa Taffere, 34 anni, è ora rifugiato in Olanda - Screenshot da Youtube

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Centinaia di morti insepolti, in strada, lasciati in pasto alle iene dopo essere stati uccisi senza pietà. Poco più di un anno fa ad Axum avveniva la peggiore strage di civili inermi della guerra oscurata. Il 28 novembre 2020 le truppe eritree iniziavano il massacro a sangue freddo di pellegrini, giunti nella città santa dei cristiani ortodossi per una festa religiosa, e di cittadini maschi, presi casa per casa, per ritorsione contro un attacco delle forze tigrine.

E poi gli stupri di massa e le distruzioni. Tutto smentito dalle autorità etiopi per mancanza, a detta loro, di testimoni, poi da quelle eritree, per le quali i testimoni erano tutti membri del Tplf, il nemico. I rapporti di Amnesty International e di Human Rights Watch hanno ricostruito i fatti nel gennaio 2021, ma lo scorso 4 novembre una indagine dell’Alto commissariato Onu per i diritti umani e della commissione etiope ha ridimensionato in sostanza il numero di vittime a 110 unità. Ora un nuovo testimone conferma la gravità dell’eccidio e fa i nomi dei responsabili. Aveva già rilasciato dichiarazioni alla Bbc la primavera scorsa, ora ha accettato di parlare con Avvenire per «riconoscenza verso il Papa, che ha più volte chiesto di pregare per la pace in Etiopia».

Gebremeskel Kassa Taffere, 34 anni, è tigrino, docente di archeologia e turismo all’università di Macallè, ma era membro del partito della Prosperità del premier Abiy e alto dirigente dell’amministrazione ad interim insediata dal governo centrale una volta cacciato il Tplf, partito del fronte popolare di liberazione del Tigrai.

«Ero capo dello staff e portavoce del presidente dell’amministrazione ad interim – spiega dall’Olanda dove è dovuto fuggire e chiedere asilo lo scorso settembre –. Il 29 novembre mi trovavo a Scirè e ho sentito degli scontri ad Axum. L’ho raggiunta subito, ma le truppe eritree mi hanno fermato alla periferia.

Dal 28 gli eritrei avevano iniziato a uccidere centinaia di persone per strada o cercandole porta per porta. Non avevano ancora finito. Ho immediatamente avvisato le autorità federali, che negavano perfino la presenza degli eritrei. Dopo 24 ore di trattative il 30 novembre 2020 sono riuscito a entrare, primo funzionario governativo di alto livello, a negoziare la fine degli omicidi di massa, degli stupri e dei saccheggi».


«I comandanti di Asmara avevano un accordo con il governo federale per prendersi le proprietà che trovavano sul loro cammino Ho visto per strada le vittime: adulti e ragazzi»

Chi era il suo interlocutore?
Chiesi al generale etiope Yeshambel Ferede di fermare stragi e saccheggi, ma lui mi rispose che non poteva. I comandanti eritrei avevano un accordo con il governo federale per prendersi tutte le proprietà che trovavano sul loro cammino.

Quanti sono stati i morti ad Axum?
Ho visto per le strade centinaia di vittime, soprattutto maschi adulti e ragazzi. Era stato impedito ai parenti di seppellirle. Appena sono riuscito a ottenere la autorizzazione dai comandanti eritrei ho mobilitato la comunità e sono stati sepolti tra 800 e 1.000 cadaveri in due giorni.

Chi sono i comandanti eritrei responsabili della strage?
I loro nomi di battaglia sono: R’Esi Mrak, Wedi Moke e il colonnello Tewolde, capo dell’intelligence per il fronte sud. Ma il peggior criminale è Wedi Halibay capo del comando eritreo a Adua e Axum. I capi del comando militare etiope che non sono voluti intervenire sono i generali Abebaw Taddesse e Yeshambel Ferede. Una commissione indipendente deve indagare su di loro.

Eravate a conoscenza della presenza eritrea in Tigrai?
Tutti sapevano che Abiy, Isayas Afewerki e la dirigenza dello stato regionale Amhara stavano preparando la guerra.

Dunque era nota l’intenzione del premier di intervenire militarmente?
Si. Dieci giorni prima dell’inizio della guerra ho partecipato a un meeting con circa 400 membri del partito della Prosperità e funzionari di grado elevato dell’amministrazione cittadina di Addis Abeba. Il premier Abiy intervenne in video dicendo che il Tigrai non sarebbe più stato un problema e che avrebbe condotto un’operazione militare vittoriosa in cinque giorni al massimo.

Anche lei ha accusato Addis Abeba di aver condotto un genocidio in Tigrai. In base a quali fatti?
Oltre alle stragi di civili come quella di Axum e il bombardamento dell’aviazione del mercato di Togoga, vicino a Macallè, gli stupri di massa compiuti da eritrei, Amhara ed esercito federale e che hanno colpito donne di ogni età, perfino bambine. E la carestia provocata intenzionalmente con il blocco degli aiuti e la distruzione dei raccolti e delle strutture sanitarie. Oggi ci sono oltre due milioni di sfollati in una guerra che ha l’obiettivo di umiliare e sottomettere un popolo.

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