martedì 10 maggio 2022
Dove sono le capacità fantasmagoriche vantate dal Cremlino da un decennio? Che farsene di armi ipertecnologiche, impettiti sulla Piazza Rossa, ma non ancora pronte? Anatomia di una tigre di carta
Il lanciarazzi Tornado-S in sfilata sulla Piazza Rossa durante la parata del Giorno della Vittoria il 9 maggio

Il lanciarazzi Tornado-S in sfilata sulla Piazza Rossa durante la parata del Giorno della Vittoria il 9 maggio - Kirill KUDRYAVTSEV / AFP / Ansa

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È stata una parata senza colpi di scena. Anche il discorso di Vladimir Putin si è limitato all’opera, ormai usuale, di riscrittura della storia, a uso e consumo della propaganda interna. Non ci sono state dichiarazioni di guerra totale e nemmeno un’impossibile mobilitazione generale. Nessun riferimento allo spauracchio della guerra nucleare, né tantomeno proclamazioni di vittoria.

Dopo oltre due mesi di guerra, l’esercito russo preferisce volare basso. Assomiglia a una tigre di carta. Dove sono le capacità fantasmagoriche vantate dal Cremlino da almeno un decennio? Che farsene di armi ipertecnologiche, come gli avveniristici carri Armata, impettiti anche ieri sulla Piazza Rossa, ma non ancora pronti? Ai reparti al fronte servirebbero innanzitutto radio criptate e pneumatici moderni, l’abc di un esercito.

L’“Armata rossa” di oggi è sempre più fragile. Pare una somma di debolezze.

È senza fanterie, un dato che rispecchia la povertà demografica del Paese. Il comando in battaglia è ingessato. I generali sono costretti a esporsi in prima linea per impartire direttive lineari; spesso ci lasciano le penne. Di fronte a un nemico abilissimo nella guerriglia, tutto mobilità e azioni di disturbo, servirebbe libertà di iniziativa ai più bassi livelli. Ma non ve n’è traccia. Neanche nella battaglia del Donbass.

L’obiettivo, ridimensionato rispetto alle aspettative iniziali, avrebbe dovuto suggellare la riscossa immediata dell’esercito russo. E invece qualcosa non va. Per circondare i 40mila ucraini che presidiano il teatro, i russi avrebbero bisogno di 150mila uomini. Arrivano a mala pena a 100mila. I vertici sono incapaci di mandare rinforzi? È probabile.

Il 75% della forza operativa terrestre dell’Armata rossa è ormai in battaglia. Non ci sono rincalzi. La riserva mobilitabile è di poche migliaia di uomini. Serve in patria come scaglione di emergenza per eventuali imprevisti. Per compensare i deficit strutturali, i comandi russi devono sguarnire settori del fronte, come a Kharkiv, e concentrarsi solo su altri. La coperta è corta.

Ecco perché Mosca sta puntando tutto sull’artiglieria. Cannoni di ogni calibro bombardano con 600mila colpi al giorno tutti i 500 chilometri di fronte del Donbass. Ma scatenare un diluvio di fuoco sui centri urbani non implica necessariamente una conquista immediata. Lo si è visto a Mariupol, dove sopravvivono nel polo siderurgico resistenti longevi.

Di questo passo, i russi saranno alle porte di Sloviansk e Kramatorsk non prima di giugno. Poi dovranno assediarle e, chissà quando, espugnarle. Prevalere qui e a Severodonetsk sarà non meno arduo di quanto si è visto a Mariupol. Forse i russi alla fine vinceranno la battaglia del Donbass. Per ora gli ucraini li contengono quasi ovunque. Hanno il vantaggio difensivo di posizioni organizzate. Hanno poche riserve, ma è difficile sfondare e conseguire risultati strategici dirompenti, tanto più che Kiev ha alle spalle gli arsenali illimitati dell’Occidente.

Mosca avrà pure le migliori armi nucleari del mondo, ma le sue truppe sono incapaci di ordire una guerra moderna. Dov’è la sinergia tra forze di terra e aerei, perno di qualsiasi successo nella guerra del XXI secolo? L’aviazione russa fatica a coordinarsi con l’esercito. Solo adesso le sue sortite raggiungono la media di 200-300 al giorno. Ma la Nato, in Kosovo, mandava in battaglia quasi 500 aerei al giorno, in un teatro più piccolo. Ai russi mancano forse i mezzi? O latita una vera dottrina di guerra aerea?

I problemi sono enormi, perfino basilari: le truppe del Cremlino sono poco motivate e disciplinate, non sono ben supportate né dal genio né dai treni logistici, vero sistema nervoso di ogni esercito. I materiali sono per lo più vecchi e mal tenuti, conseguenza della corruzione endemica dell’apparato militar-industriale del paese. Verrebbe da chiedersi che senso abbia il riarmo poderoso deciso da tutti i paesi occidentali all’indomani della guerra ucraina. Di fronte a un’“Armata rossa” lontana parente delle temibili divisioni sovietiche, basterebbe molto meno di quello che allineano già oggi gli eserciti della Nato. La guerra acceca la ragione. E le conseguenze le pagheremo presto tutti.

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