Roman, la guerra negli occhi di un bambino
La testimonianza del bambino ucraino ha commosso l'aula del Parlamento Ue, a partire dall'interprete. Quanta differenza dai nostri sguardi distratti

Ha undici anni oggi Roman Oleksiv, ucraino. Undici anni soltanto, ma il colorito pallido di chi vive in una corsia di ospedale. Gli occhi affondano in certe occhiaie brune, come le hanno i reduci da un fronte. Roman però non era al fronte, aveva solo 8 anni nel luglio del 2022, quando era con la madre in un ospedale nella città di Vinnytsia. Era proprio accanto a lei nel momento in cui tre missili russi centrarono gli ambulatori, con maligna precisione. Colpire un ospedale, grande audacia ci vuole. Grande, profonda vigliaccheria. Ma ormai così fan tutti, da Gaza all’ Ucraina. «Danni collaterali». Sono ospedali, scuole, asili, strutture inermi messe in conto, mirate e tacitamente accettate. Ieri però Roman è stato portato al Parlamento europeo, a raccontare gli esatti minuti di quel giorno di luglio del 2022. È un ragazzino molto serio, maturo. Cresciuto in fretta, gettato di colpo fuori dall’infanzia. Dunque il bambino era per mano alla mamma in ospedale quando hanno suonato le sirene, e la gente, forse non sapendo che fare, è rimasta dov’era. La mamma e il figlio di 8 anni come gli altri. Si saranno accucciati a terra, avranno pregato? Ma in un istante tre missili russi hanno sfondato i soffitti e fatto crollare i muri. Una mole di cemento si è abbattuta sulla folla. La mamma di Roman era proprio ai margini del crollo. «Dalle macerie – ha raccontato il figlio, in un silenzio del Parlamento europeo ora divenuto assoluto – spuntavano solo i suoi capelli». E il bambino ha urlato, ha cercato di scavare con le mani, piangendo, poi ha capito, e si è arreso. Lo hanno portato via che ancora accarezzava quei capelli. 100 giorni di coma, 36 interventi, 3 anni in corsia, il volto e la testa deturpati .
Al Parlamento perfino l’interprete piange, e si deve fermare. L’unico che non piange è il ragazzino. Un uomo, ormai, come a 12 anni ce ne sono ben pochi. Il breve video dall’Europa colpisce, ma scende velocemente nei titoli del web. Fa male, rattrista, è Natale – no, non adesso, non ora. Ma se invece negli spot del prime time in tv, su dieci messaggi di panettoni, divani, smartphone, sempre gli stessi, martellanti, si inserisse solo due volte per sera il breve video di Roman? Ecco la guerra, negli occhi di un bambino. Magari qualcuno, alzando gli occhi da tavola, vedrebbe, un po’ stupito da quelle immagini diverse. Magari, guardando, guarderebbe. E capirebbe qualcosa della parola guerra, per noi così lontana e assurda. E capirebbe almeno un frammento di tanto strazio. La distrazione e l’accidia occidentale della popolazione europea circa l’Ucraina sembrano stratificate – roba altrui, cose molto lontane. Chissà che la faccia, gli occhi di un bambino non sappiano dircele davvero. Nel raccontare di quel gesto così infantile e umano: accarezzare a 8 anni i capelli della mamma, che non si muove più.
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