La proposta di Putin sulle testate atomiche
andrebbe presa seriamente

Il prossimo febbraio scade il Trattato «New Start» tra la Russia e gli Usa sui limiti agli arsenali nucleari. Mosca chiede una proroga
October 10, 2025
La proposta di Putin sulle testate atomiche
andrebbe presa seriamente
Una parata militare russa a Mosca con un missile nucleare strategico RS-24 Yars
Scadrà nel febbraio prossimo il Trattato strategico New Start tra Russia e Stati Uniti che stabilisce un limite massimo di 1.550 testate atomiche per ciascuno dei due paesi. Se non si farà nulla verrà meno l’unico accordo ancora in vigore in campo nucleare tra le due potenze, lasciando ad ambedue la libertà di aumentare a piacimento i propri arsenali strategici. Il presidente Putin ha di recente inaspettatamente proposto la proroga di un anno del Trattato. L’iniziativa appare in prima analisi un gesto di apertura e di buon senso e ha ragione Putin quando afferma che l’assenza di un accordo di controllo degli armamenti sarebbe pericolosa per la stabilità strategica globale. Non si possono tuttavia ignorare le difficoltà che sorgono. Anzitutto quelle di ordine giuridico. Nel suo articolo 14 il Trattato prevede esplicitamente che esso possa essere prorogato per cinque anni soltanto una volta e tale proroga è già avvenuta nel 2021. Qualora vi fosse una genuina volontà politica delle due parti spetterebbe pertanto ai giuristi individuare anzitutto il modo legittimo per superare tale ostacolo.
Problematica è anche la condizionalità che Putin ha aggiunto alla sua proposta e cioè quella che gli Stati Uniti non compiano in futuro azioni che «alterino l’equilibrio della deterrenza». Non è chiaro a cosa Putin si riferisca; forse a future più avanzate difese antimissilistiche americane, quasi che egli stesso non abbia fiducia nell’effettivo valore dissuasivo dei nuovi missili “ipersonici” russi, arma magica capace – stando alle dichiarazioni dello stesso Putin – di superare qualsiasi tipo di intercettazione. È evidente che occorrerà chiarire il significato di tale clausola. Altro problema è che l’attuazione del New Start da qualche anno non gode di buona salute. Dal 2013 la Russia ha sospeso le ispezioni, scambi di dati e altri meccanismi di trasparenza dell’accordo affermando che continuerà solo a rispettare i limiti quantitativi e accusando gli americani di voler infliggere una sconfitta strategica alla Russia. Si tratta di un vulnus importante poiché viene meno la certezza dell’effettivo rispetto della norma. Ci si può anche domandare perché la Russia, che per prima ha iniziato a smontare l’accordo, voglia ora proporne la proroga. Sinora la risposta americana è stata interlocutoria. La portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt ha definito «abbastanza buona» («pretty good») la proposta russa ma ha preannunciato una risposta – auspicabilmente meno superficiale – da parte dello stesso presidente. Nel passato Trump ha sempre dimostrato poca simpatia per questo Trattato che egli stava facendo decadere al termine del suo primo mandato presidenziale nel gennaio del 2021. Ci volle l’intervento immediato del neopresidente Biden per evitare che ciò accadesse.
Uno dei motivi di questa ostilità trumpiana riguarda il fatto che il nuovo Start argina solo gli arsenali russo-americani ma non pone limiti all’arsenale nucleare cinese. Quest’ultimo però è molto inferiore a quello russo/americano e se entrasse anch’esso nell’accordo potrebbe permettere a Pechino di pareggiare al rialzo il numero delle sue testate. Inoltre, se si includesse la Cina, obiettano i russi, occorrerebbe includere nel calcolo anche gli arsenali, molto più ridotti, della Francia e del Regno Unito. Non sembra che sia questo l’interesse degli Usa. Sorge il sospetto che il principale motivo dell’ostilità di Trump allo Start derivi dal fatto che l’accordo venne negoziato ai tempi dell’odiato Barack Obama e fu prorogato dall’ancora più detestato Joe Biden. In realtà né Putin né Trump amano veramente questo accordo e non è da escludere che l’astuto presidente russo abbia fatto la sua mossa per far ricadere su Trump davanti all’opinione internazionale la responsabilità dell’annullamento di un accordo strategico così importante. È da auspicare che Trump non cada in questa ipotetica trappola. L’Europa non è parte in causa in questa questione che riguarda direttamente solo Washington e Mosca. Diversa sarebbe la situazione se si volesse allargare il contesto negoziale alla Francia e al Regno Unito cosa che complicherebbe ulteriormente la vicenda. Di ciò Putin questa volta non ha parlato. Nulla impedisce comunque agli europei di affermare che la priorità numero uno deve rimanere oggi il mantenimento del “tetto” già stabilito sugli arsenali russi e americani che sono di gran lunga quelli più numerosi e che sono stati sottoposti da oltre quaranta anni a stabilizzanti limiti e controlli consensuali. Il giustificato scetticismo prevalente nei confronti di Putin non deve arrivare però sino ad ignorare o rigettare a priori una proposta che per quanto ambigua andrebbe valutata ed approfondita adeguatamente.
Già ambasciatore italiano per il Disarmo, consigliere scientifico dell’Istituto Affari Internazionali

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