Giovani, cultura, donne:
tre sfide per interpretare la vita

Non c'è solo l'economia. Dobbiamo cambiare la scuola, affrancare la produzione culturale dal giogo dello Stato, liberare l'energia della parte femminile del Paese
October 24, 2025
Giovani, cultura, donne:
tre sfide per interpretare la vita
Tre sfide profonde attendono chi governa questo meraviglioso duro Paese. Non riguardano direttamente l’economia ma possono influenzarla molto. Infatti i dati economici possono nascondere la realtà, che è più ricca e sfugge a una lettura economicista. Occorrono cuore ferito, visione, urgenza per interpretare la vita, non solo bilanci.
La prima sfida: i giovani. Con due sotto-sfide. Cambiare la scuola. Da tutti i dati, da quello degli interessi culturali a quello che riguarda le ipotesi di natalità, emerge che a scuola si consuma il lento declino del Paese. Si spengono le curiosità culturali, si spengono i desideri di dare vita a figli e a forme di vita. In un simpatico video che spopola sui social un prof (e poeta) fa canestro nel cestino della classe con una pallina di carta suscitando l’esultanza dei suoi allievi. Una cosa simpatica, che fa in poco tempo tre milioni di visualizzazioni. Segno che i ragazzi vogliono una scuola seria ma anche viva. Nella seconda puntata quel prof e i suoi alunni, in giro per la loro bella città e giocando sulla metafora del canestro, si rivolgono al Ministro. «Ci aiuti a cambiare la scuola». Li si ascolti. Occorre una scuola dei talenti, una scuola meticcia e simpatica che punti sui talenti. E in fretta. La seconda parte della sfida giovani riguarda coloro che vogliono fare professioni oggi ingabbiate da regole dettate da ordini professionali che sono caste corporative e si reggono su un patto scellerato con le università. Il mantenimento del valore legale del titolo di studio, che assicura posizioni di rendita a tutte le università ma favorisce la crescita delle telematiche, combinato con l’esistenza di esami di Stato tra il grottesco e il rococò, frustra le esigenze dei giovani di misurarsi con il lavoro, rendendo molti di loro – a differenza dei coetanei di moltissimi Paesi – scontenti e in ritardo. Mentre i nostri giovani eccellono negli sport, sembra che per altri campi vogliano tutti emigrare. Vediamo giovani professionisti che arrivano ad affacciarsi al mondo del lavoro reale intorno ai 29, 30 anni. Con tutte le conseguenze del caso tra cui la natalità.
Seconda sfida importante: liberare la produzione culturale dal giogo dello Stato. Oggi praticamente tutta la produzione culturale (dal cinema alla danza al teatro) è garantita da fondi statali o pubblici provenienti dalla raccolta fiscale e decisi centralmente come distribuzione da organismi pletorici farraginosi e inevitabilmente faziosi, quando non inclini a favoritismi come emerso di recente a riguardo di finanziamenti al cinema. C’è una vivacità culturale (specie di giovani) oppressa dal fatto che al sostegno della cultura ci deve pensare l’Ente Stato nelle sue declinazioni, invece che la Repubblica dei cittadini con il loro lavoro, destinando parte del loro gettito fiscale alla cultura che desiderano davvero. Si rovesci il cannocchiale, si lasci libera la cultura e non in mano a burocrati, a organismi borbonici.
Terza sfida, le donne. Occorre fuori dagli slogan liberare l’energia della parte femminile del Paese. Ma non costringendole in carriere ritagliate sulle figure maschili, con sussidi che apparentemente le favoriscono, come i bonus alle aziende che le assumono quasi fossero esseri deficitari, bensì costruendo carriere di diversa forma ma di uguale valore. La scommessa epocale di tutte queste donne al comando e oggi in primo piano non è disegnare un mondo dove le donne sono finalmente “come” gli uomini, entro una carriera di stampo capitalista, ma dove danno un contributo diverso, e di pari valore, alla vita di tutti.

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