Vediamoci in piazza, lì si impara un mestiere
In una ex fabbrica per la lavorazione del cuoio, a Torino, i ragazzi apprendono l'arte di sopravvivere nel mondo del lavoro

«A 15 anni vivevo in una comunità per minori a Torino perché mi ero trasferito in Italia dall’Albania senza la mia famiglia e non potevo abitare da solo. Nel mio Paese i miei parenti lavoravano nella ristorazione e anche io avevo l’idea di fare il cuoco, così mi sono iscritto a una scuola di cucina e mi sono ritrovato in questo spazio, una ex fabbrica di cuoio, che una fondazione aveva trasformato in un luogo per formare ragazzi fragili». Il grande cortile che Azis Grembi vede per la prima volta nel 2005 a Torino c’è ancora oggi: è la sede della Piazza dei mestieri, una fucina di laboratori aperti da docenti e professionisti con l’obiettivo di insegnare un mestiere a tanti giovani che altrimenti rischierebbero di non sapere cosa fare della propria vita e di perdersi. Ad aver capito che sul territorio serviva uno spazio simile sono stati, nel 2004, cinque amici, tra cui Dario Odifreddi e Cristiana Poggio (che vedete nella foto a fianco del titolo) che ancora oggi della Piazza dei mestieri è vicepresidente. «Lavoravamo con i ragazzi – spiega Cristiana – ma ci accorgevamo che mancava un luogo per trasmettere ai giovanissimi la bellezza del mettere le mani in pasta, al di là della teoria. A quell’epoca in Italia non erano previsti tirocini o l’alternanza scuola-lavoro; così abbiamo deciso noi di creare un progetto dove, per esempio, si potesse imparare a fare i muratori ristrutturando un edificio insieme a professionisti oppure aprire un locale in cui far capire ai ragazzini sulla propria pelle che il cliente talvolta è antipatico, che bisogna rispettare i tempi di sala, che è importante lavorare in gruppo, che l’inglese è fondamentale per interfacciarsi con l’ospite straniero, eccetera». L’esperimento ha funzionato e oggi alla Piazza dei mestieri di Torino studiano e lavorano 600 ragazzi dai 14 anni in su, che si aggiungono agli alunni delle altre due sedi del progetto che nel frattempo sono state aperte a Milano e a Catania. I mestieri tra cui scegliere sono molti: cucina, sala bar, panetteria, pasticceria, grafica, informatica, acconciatura, estetica e persino un birrificio artigianale. Alla fine del corso, che dura in media quattro anni, si ha una professione in mano e un attestato riconosciuto a livello regionale. «Arrivano ragazzi fragili, che hanno abbandonato la scuola oppure stranieri che non conoscono bene la lingua: tutti – spiega Cristiana – rinascono. Lavorando capiscono il proprio valore e questo è il primo punto per ottenere un riscatto nella vita». Anche Azis era uno di quei ragazzi; poi ha studiato e sperimentato il mestiere in vari locali. «La particolarità – ci spiega – è che la Piazza dei mestieri ospita anche un ristorante aperto al pubblico dove, accanto a chef professionisti, i ragazzi della scuola possono iniziare a lavorare qualche ora, magari tagliando le patate, le carote o le cipolle o gestendo piccoli compiti in sala. Dopo alcune esperienze come tirocinante, oggi lavoro proprio in quella realtà come aiuto cuoco e mi trovo a collaborare con tanti ragazzini come ero io qualche anno fa. Mi rivedo molto in loro e capisco bene il loro imbarazzo, perciò cerco di aiutarli. Loro invece, quando conoscono la mia storia, rimangono stupiti e mi dicono: ma allora ce la posso fare anche io!».
© RIPRODUZIONE RISERVATA






